Gucci in mano ad un corsaro della finanza? Ne scrivono Economist e Le Figaro

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 giugno 2004 12:20
Gucci in mano ad un corsaro della finanza? Ne scrivono Economist e Le Figaro

Preoccupazione a Scandicci dopo l'operazione Prada di qualche mese fa.
Il futuro di Gucci non è legato tanto al maggior o, minor costo della manodopera cinese o alla maggiore o minore qualità della manodopera coreana (Cina e Corea solo esemplificativi), ma è legato anche alla maggiore, o minore propensione del 'padrone' ad attività di produzione o alla 'guerra di corsa' in campo finanziario.
Stando alla stampa estera (Economist, Le Figaro) Sembrerebbe che PPR (e per essa Pinault) sia un 'produttore' piuttosto che un 'corsaro'. "A costo di sembrare un 'menagramo' -commenta Francesco Mencaraglia, consigliere comunale del Partito della Rifondazione Comunista- dopo il takeover della Gucci da parte della PPR ho iniziato ad avere dei dubbi sulle conseguenze che questa ope-razione avrebbe potuto portare a Scandicci.

I timori peraltro non erano solo miei, almeno a leggere sulla stampa alcune dichiarazioni dei sindacati. A-vevo perfino richiesto (senza troppo successo, ma così va il mondo) se era previsto un incontro tra la amministrazione locale e il nuovo management, sperando che i buoni rapporti che PPR afferma di mantenere con le realtà locali si applicasse anche a Scandicci.
Detto questo non sono rimasto (ovviamente) con le mani in mano; ed ho scoperto alcune cose interessanti. A parte il fatto che, nonostante una certi-ficazione di eticità sventolata da PPR (datata, salvo errori 2003) questo marchio è stato accusato di pratiche antisindacali (anno 2002, località Stati Uniti), la prima P della sigla PPR (Pinault) è legata a operazioni finanziarie di non eccelsa qualità.

Non per nulla in questi giorni si conclude con un ac-cordo 'bonario' un contenzioso che ha visto gli USA (e lo stato della Cali-fornia) da una parte, Pinault, il Credit Lyonnais e la Francia dall'altra. Un contenzioso legato ad una spregiudicata operazione in cui ci sono di mezzo junk bonds (titoli spazzatura), società di assicurazione, prestanome, ed ad-dirittura Chirac. Notizie, per inciso, reperibili su stampa certamente non ra-dical-rivoluzinaria (parlo del giornale francese Le Figaro e della rivista E-conomist).

Non solo, ma sempre la prima P di PPR (che per inciso ha avviato le sue fortune con un complicato gioco di società off shore (la unica ragionevole motivazione è risparmiare sulle tasse) è strettamente legata ad una holding (la Artémis) che secondo la stampa (Le Figaro) abbonda di debiti anche se, non essendo quotata in borsa (è una holding famigliare) non esistono molti dati su di essa. Tanto per fare un esempio Artémis ha 52 milioni di azioni PPR, ma almeno 37 sono in garanzia per esposizione verso le banche e 7 milioni sono in presiti obbligazionari.

Aggiungiamo che il valore delle azioni PPR è diminuito di un fattore tre dal 2000 ad oggi e che nel 2005 scade un prestito della Artémis (eventualmnete pagabile in azioni PPR).
Non aggiungo altro anche perché se si va a verificare più in dettaglio salta-no fuori nomi come Goldman-Sachs o Morgan-Stanley (per la valutazione di PPR), Crèdit Agricole (con i suoi addentellati italiani) per le banche.
Quale è la mia preoccupazione? Che si sia finiti in mano a persone più inte-ressate alla finanza che alla produzione.

Ed è per questo che si dovrebbe stare 'in campana' (magari cercando ogni tanto di leggere qualche giornale straniero: si pratica la lingua estera e si impara qualcosa)".

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