Ribolla, “Marcinelle” toscana: torna l’inchiesta di Bianciardi e Cassola

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
15 maggio 2004 12:37
Ribolla, “Marcinelle” toscana: torna l’inchiesta di Bianciardi e Cassola

"Si seppe della sciagura la mattina del 4 maggio: era stato verso le 8 e mezza, un'esplosione al Camorra, un'esplosione spaventosa; avevano visto una gran nube di fumo uscire dalla bocca del pozzo, un boato sordo. Baseggio, il caposervizio, era ferito anche lui, alla testa, lo avevano portato a Massa, all'ospedale. Eppure Baseggio non era ancora entrato sotto, alle otto e mezza. L'esplosione l'aveva colpito lassù, all'esterno. Certo la prima "gita" del Camorra era sparita, tutti morti, cinquanta o sessanta, chissà.

Le notizie che si diffusero subito erano vaghe e contraddittorie, ma la gravità del disastro fu subito chiara a tutti: le esperienze precedenti avevano insegnato che una esplosione in una miniera di lignite, e in particolare in una miniera "difficile" come quella di Ribolla, assume sempre proporzioni tragiche.Insieme alle notizie, a Ribolla, ma anche nelle altre miniere e in genere in tutta la Maremma, si diffondeva la sensazione del panico, aggravata dalla impossibilità di vedere chiaramente come stessero le cose, cosa potesse farsi per sapere, per soccorrere, in qualche misura per rimediare.

Fra l'altro l'esplosione trovava tutti impreparati. La direzione della miniera non fu in grado di portare subito i primi soccorsi e neppure di indicare che cosa si dovesse fare; fino alle dieci non dette nemmeno l'ordine di abbandonare il lavoro negli altri cantieri. Fu organizzata qualche squadra di soccorso, più che altro per lo slancio appassionato ma sprovveduto degli operai. Un gruppo che scese immediatamente nel pozzo Raffo dovette uscirne fuori sotto la minaccia di un nuovo immediato pericolo: i soccorritori risalivano pallidi, semi svenuti, con sul volto i primi segni di intossicazione da ossido di carbonio.

(...) La mattina del 7, mentre là sotto continuavano a cercare, si fecero i funerali: 37 bare; due altri cadaveri attendevano ancora di essere identificati e composti. Si precisava il numero delle vittime: 42. Tre erano ancora sepolti da una frana. La quarantatreesima vittima fu uno degli intossicati: quando già pareva rimesso in salute, all'improvviso gli amici lo videro accasciarsi al suolo, ed era morto.(...) Sono due passi del libro di Luciano Bianciardi e Carlo Cassola "I minatori della Maremma" , uscito nel 1956 a due anni dai tragici fatti della miniera di carbone di Ribolla, un paesino sotto le colline di Montemassi e di Roccastrada, diventato tristemente famoso per lo scoppio di grisou che si verificò la mattina del 4 Maggio 1954, che causò la morte di quarantatrè uomini (nella foto la copertina dedicata al fatto dalla Domenica del Corriere ).

Un’esplosione spaventosa che Bianciardi e Cassola raccontarono nel loro libro inchiesta. Oggi, a cinquant’anni di distanza dalla tragedia del pozzo di Camorra, “I minatori della Maremma” è stato ripubblicato dalla casa editrice ExCogita per volontà della figlia di Bianciardi, Luciana. Il libro, scritto dagli autori de “La vita agra” (Bianciardi, 1962) e del “Taglio del bosco” (Cassola, 1954) , è un’indagine sociale e umana sui minatori maremmani e sulla loro drammatica situazione in quel primo dopoguerra, quegli anni Cinquanta che promettevano un benessere ed un futuro mai pensato prima, ma in cambio del quale si verificò la perdita di una identità culturale ben definita.

Bianciardi e Cassola ripercorrono la storia con le comparse delle prime società minerarie in Maremma, lo sfruttamento dei giacimenti di carbone, la lenta scomparsa dell’economia agricola con la nascita dei primi veri villaggi di operai. Non più contadini, molti anni prima che la zona diventi famosa a livello nazionale perché votata al turismo di elite. Una Maremma fatta di sudore e fatica, sia che fosse sopra la terra o addirittura sotto: una storia lontana anni luce dalle tenute di “Morellino” e dalle serate di “Capalbio”. L’indagine arriva a concludere che la tragedia (la miniera di Ribolla sarà chiusa definitivamente nel 1959) “non fu dovuta a fatalità ma a consapevoli inadempienze” imputabili direttamente alla proprietà di allora, la Montecatini.

Responsabilità affiorate anche nella stessa commissione d’inchiesta ufficiale. Il libro, oltre agli errori fatti (sostituzione di un sistema di ventilazione – quello che serviva per evitare il formarsi delle sacche di grisou - effettuato due giorni prima dello scoppio ) racconta l’umanità e la vita di personaggi descritti come in una sceneggiatura cinematografica. Ma tutta reale. Un affresco della Toscana di quegli anni. AS

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