La dolorosa faccenda della cultura in camicia nera

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
16 settembre 2003 13:16
La dolorosa faccenda della cultura in camicia nera

Tre personaggi che hanno operato a Firenze durante il fascismo sono oggetto dell'attenzione delle cronache: Alessandro Pavolini, Giovanni Gentile e Vasco Pratolini. Impossibile ogni accostamento: diversa la natura, lo spessore e gli interessi. Il dibattito dedicato ad Alessandro Pavolini a un secolo dalla nascita da Alleanza Nazionale ha fatto riesplodere il caso «Pratolini», a proposito della sua breve e fugace presenza nel libro paga dell'Ovra fascista.
"Questa dolorosa faccenda che ha avvelenato l'esistenza di mio padre" scrive alla Nazione il figlio dell'intellettuale.
“Scegliendo di dedicare un dibattito ad Alessandro Pavolini a un secolo dalla nascita, Alleanza Nazionale non ha inteso celebrare un esponente di spicco della Repubblica Sociale, ma proporre una riflessione su una personalità che, durante il Ventennio, ha lasciato una durevole impronta sulle scelte urbanistiche, culturali, economiche fiorentine e su cui uomini di cultura approdati a posizioni molto diverse dalle sue, come Indro Montanelli e Romano Bilenchi, hanno avuto espressioni di grande rispetto e simpatia umana”.

Lo ha dichiarato il capogruppo di Alleanza Nazionale a Palazzo Medici Riccardi, Enrico Nistri, intervenendo nelle polemiche sulla Festa Tricolore di Scandicci, culminate nella richiesta del segretario regionale dei Ds, Marco Filippeschi, di annullare il dibattito.
“Il sindaco Doddoli e l’onorevole Filippeschi – sostiene Nistri – cercano di fare il processo alle intenzioni, giudicando i contenuti politici di un dibattito prima ancora che abbia luogo, con una logica propria più alla giustizia sovietica che a uno Stato di diritto.

Quanto all’intervento del responsabile dei Ds per la cultura, Dario Nardella – prosegue il capogruppo di AN – il suo invito a riflettere sulle responsabilità di Pavolini nella Rsi è legittimo, ma pleonastico. Alleanza Nazionale ha fatto a Fiuggi i suoi conti con la storia e io per primo – in un articolo uscito all’inizio di quest’anno, che ha suscitato le reazioni di qualche nostalgico – ho scritto che l’istituzione dei franchi tiratori fu un errore prima ancora che un delitto.

Ma il giudizio sulle scelte compiute da Pavolini dopo l’Otto settembre 1943 non deve impedire di dibattere serenamente e senza censure preventive sul suo ruolo di amministratore e di organizzatore di cultura, con la creazione del Maggio e anche con la fondazione della rivista Il Bargello. Per questo sarò lieto se Nardella, Doddoli e Filippeschi vorranno presenziare e, se lo desiderano, partecipare al dibattito, dopodiché saranno liberi di fare tutte le denunce che vogliono. Per il momento non possono invocare la censura preventiva, né confondere il prefetto di Firenze con l’addetto al servizio d’ordine della festa dell’Unità, chiedendogli di vietare una manifestazione che non è di loro gradimento”.

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