Impronte digitali a tutti gli immigrati: "Un marchio che discrimina e umilia"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 maggio 2002 19:31
Impronte digitali a tutti gli immigrati:

FIRENZE- “Una norma profondamente discriminatoria, del tutto contraria ai valori di civiltà del nostro Stato democratico ed allo spirito della Costituzione. La sento invece pienamente in sintonia con le spinte xenofobe e razziste che stanno, purtroppo, trovando spazio in alcune parti del nostro continente”. Così il Presidente della Regione Toscana Claudio Martini commenta l’approvazione alla Camera di un provvedimento che impone la rilevazione delle impronte digitali per tutti gli extracomunitari che chiedono un permesso di soggiorno o il suo rinnovo.
“Con questa misura – continua Martini – si pone sullo stesso piano sia chi entra clandestinamente nel nostro Paese, ed è giusto che venga quindi sottoposto a misure di controllo, sia chi vive e lavora in Italia da anni, contribuendo allo sviluppo del nostro Paese, e sono centinaia di migliaia di cittadini immigrati.

Una schedatura così concepita è in realtà un umiliante marchio che non si giustifica con misure di ordine pubblico ma che rientra in un clima di profonda ostilità e avversione agli immigrati, anche regolari”.
“Questa criminalizzazione a priori di tutti gli immigrati – sono ancora parole di Martini – aggraverà la posizione dell’Italia nel contesto internazionale: perché è bene ricordare che tra le persone sottoposte a schedatura ci saranno non solo cittadini provenienti da Paesi del terzo mondo e in cerca di una nuova vita in Italia, ma anche cittadini americani o svizzeri o canadesi.

Perché anche loro sono extracomunitari. Tutto ciò conferma il valore etico, oltreché politico, della posizione che portò la Regione Toscana a votare nella Conferenza Stato-Regioni contro il disegno di legge Bossi-Fini”.
“Mi auguro – conclude il Presidente – che questo attacco ad elementari norme di civiltà e democrazia possa essere respinto. Una parte della maggioranza ha mostrato, con l’emendamento Tabacci, di non essere d’accordo: occorre impegnarsi a fondo perché questo marchio di discriminazione, approvato da un ramo del Parlamento, non diventi legge dello Stato”.

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