Denuncia di Confindustria per il rischio di taglio per 5.000 miliardi di fondi Ue

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 settembre 2001 11:20
Denuncia di Confindustria per il rischio di taglio per 5.000 miliardi di fondi Ue

La Confindustria ha espresso una forte preoccupazione per il rischio di taglio di almeno 5.000 miliardi di lire di risorse comunitarie messe a disposizione dell’Italia, e del Sud in particolare, dal Quadro comunitario di sostegno 1994-1999 che si concluderà improrogabilmente il 31 dicembre prossimo.
Questo a causa del ritardo causato dall’assenza complessiva dell’azione di Governo a favore del Sud; ritardo che dovrà essere recuperato attraverso l’attivazione immediata di un centro di coordinamento delle politiche per il Mezzogiorno.
La preoccupazione prende ancor più consistenza perché, oltre perdita pressoché scontata, se non verranno spesi nei prossimi tre mesi, dei 5.000 miliardi del vecchio programma comunitario, rischiano di sommarsi anche quelli dell’Agenda 2000-2006 che, al termine del primo biennio (fonte Confindustria) sono stati utilizzati per appena l’1% delle risorse disponibili che ammontano, per il solo mezzogiorno, a circa 100 mila miliardi.
Per scongiurare la perdita dei vecchi fondi e rilanciare il nuovo ciclo di programmazione 2000-2006 viene sollecita una verifica della qualità di programmi e procedure di intervento, che veda coinvolti l’amministrazione centrale, i vertici delle Regioni interessate e i rappresentanti delle imprese.
Ma nel mirino di Confindustria non ci sono solo i fondi Ue.

Sul fronte degli incentivi, se non sarà realizzata la cumulabilità tra la Legge Tremonti ed il Credito di Imposta, si perderà gran parte della convenienza a realizzare nuovi investimenti nelle regioni meridionali, con conseguenze assai negative per l’occupazione.
Da tutto ciò l’urgenza, sottolinea Confindustria, che il Governo attivi un centro di coordinamento delle politiche per il Mezzogiorno, che ridefinisca la missione di Sviluppo Italia, che rimetta ordine negli strumenti della programmazione negoziata, che semplifichi rapidamente gli strumenti per attirare verso regioni meridionali maggiori investimenti e, di conseguenza, più occupazione.
Una richiesta che deve tradursi, quindi, in una rapida decisione di Sviluppo Italia, le cui sorti sono ancora tutt’altro che chiare (dopo le dimissioni di parte del consiglio di amministrazione, il Governo non ha ancora preso alcuna decisione), e sulla ripartizione delle competenze della programmazione negoziata ovvero di contratti di programma, contratti d’area e patti territoriali rivendicati dal Ministero dell’Economia e da quello delle attività produttive.

GV

In evidenza