Prime conclusioni sull'applicazione della 626 in Toscana

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 giugno 2001 13:30
Prime conclusioni sull'applicazione della 626 in Toscana

FIRENZE L’idea di un piano di monitoraggio sull’applicazione della 626 nasce dal coordinamento tecnico interregionale ed è stata poi fatta propria dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni nell’ottobre 1997. Si tratta di una verifica non solo formale, ma che vuole entrare nel merito e valutare l’applicazione sostanziale della legge (fornendo anche suggerimenti alle aziende). Il campione nazionale, che esclude le piccolissime imprese con meno di 5 addetti, è costituito da circa 9.500 aziende.

In Toscana sono 855 le imprese selezionate, a cui si aggiungono 98 aziende agricole pari al 2 % delle imprese a conduzione prevalente con salariati (censimento Istat 90).
Il monitoraggio è stato avviato nella seconda metà del 1999 e fino allo scorso 15 aprile 433 sono state le aziende controllate dagli operatori delle Asl: il 45 % del campione complessivo. Gli elementi che sembrano già emergere con evidenza, resi noti durante il convegno che si è svolto all’auditorium della Banca Toscana, sono:
1. La maggiore criticità delle piccolissime e piccole aziende rispetto alle grandi.
2. L’individuazione dei punti più deboli nelle attività di formazione, programmazione degli interventi e procedure di sicurezza (che sono anche le vere novità della 626)
3. Un discreto impegno profuso dalle aziende nell’attività di informazione, anche se vissuta più come obbligo che rispondente ad una strategia.
4. La sorveglianza sanitaria come obiettivo maggiormente raggiunto
5. L’avvio del meccanismo “partecipato” della prevenzione (incentrato sull’RLS, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza), con qualche problema di nuovo per la piccole aziende.
6. Un’ adesione più agli aspetti formali e superficiali della 626, a scapito di un’attuazione seria e concreta dei principi ispiratori
7. Una gestione della prevenzione scarsamente organizzata ed integrata con la gestione aziendale.


I dati toscani non si discostano molto dall’analisi finora condotta nelle altre regioni.
Un’eccezione curiosa viene dal settore concia, pelli e cuoio, ben sviluppato nella nostra regione: terzo in Toscana, sesto invece per applicazione della legge in Italia.
La 626 è nata per aziende “tradizionali”: sempre maggiore nelle imprese è invece l’apporto di lavoro interinale e parasubordinato. Questo si riflette anche sui livelli di sicurezza. E proprio su queste forme di lavoro “atipiche”, che probabilmente tra non molti anni diventerano “tipiche” - è stato detto durante il convegno - che ci vorrà maggiore attenzione.
Enrico Rossi ha concluso il convegno con due interrogativi ed una certezza.

Il primo riguarda la formazione. «O è finanziata pubblicamente o non lo è. Il che è un errore - ha detto l’assessore – Occorre spingere perché le aziende siano più responsabilizzate ed anche le forze sociali e i sindacati devono avere un ruolo più attivo». E ha aggiunto: «Da soli non possiamo farcela». Passi avanti sono certo stati fatti: la responsabilizzazione dei direttori generali delle aziende sanitarie, il coinvolgimento dei sindaci. Nel convegno si è spesso fatto riferimento ad una barca che va, magari in mezzo ad un mare burrascoso ed un cielo plumbeo.

Ma la battaglia per ridurre gli infortuni ed avere luoghi di lavoro più sicuri necessita della partecipazione attiva di ancora più soggetti. Il secondo interrogativo muove dai piani di sviluppo. «In Toscana esistono – è stata la riflessione dell’assessore - Finanziamo le aziende, le incentiviamo all’acquisto di nuovi macchinari. Parliamo di sviluppo di qualità, ma espungiamo sempre l’elemento della salute. Nel nuovo piano di sviluppo regionale che ci attende dopo la pausa estiva, assieme all’elaborazione del piano sanitario regionale, dovremo cercare di legare insieme lo sviluppo con la sicurezza e la prevenzione sui luoghi di lavoro».
Quanto alle difficoltà delle piccole imprese, è sicuramente un limite della 626.

La legge, è stato ripetuto più volte nel corso del convegno, è stata pensata per un modello di azienda che forse non esiste più: grande, stanziale e con personale stabile. «In ogni caso è un nodo critico e sull’elemento dovremo in qualche modo riflettere» ha concluso Rossi.

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