GREVE, 24 aprile 2018- La natura grevigiana, con i colori, i profumi e l’aria di montagna, lo abbraccia dopo averlo protetto per quasi mille anni e oggi ne svela la magnificenza, la bellezza rendendo visibili le strutture originarie, ciò che resta e che si può immaginare della vita millenaria del Chianti. Ruderi e basamenti di edifici e torri di un castello medievale, dove tra il 1000 e il 1200 vissero almeno venticinque famiglie, sono affiorati dal bosco, dalla macchia chiantigiana che dalla collina si spinge verticalmente raggiungendo i 500 metri di altezza sopra il livello del mare.
Siamo a Lucolena, alle pendici del Monte San Michele, il tetto del Chianti, dove le querce e i pioppi avvolgono e lasciano aperto un varco che magicamente si apre intorno al Castellaccio. Sono stati necessari diciotto anni di indagini archeologiche e tredici campagne di scavo, condotte dal Comune di Greve in Chianti, coordinate dall’associazione Gruppo San Michele - Gev Chianti, presieduta da Andrea Garuglieri, sotto la supervisione della Sovrintendenza, in collaborazione con gli archeologi e i volontari del Gruppo San Michele, per giungere ad un’importante scoperta, la presenza di un sito archeologico che fa parlare le pietre e racconta la struttura completa di un castello medievale, composto di varie parti e sezioni.
Ieri il primo sopralluogo avvenuto con il sindaco Paolo Sottani, gli assessori Stefano Romiti e Lorenzo Lotti insieme all’equipe del Gruppo San Michele. “Sono ben visibili le strutture riferibili a case torri – spiega Andrea Garuglieri, presidente Gruppo San Michele - disposte alle due estremità nord e sud, all’interno vede la luce per la prima volta un borgo racchiuso da una cortina muraria, lo scavo ha riguardato le parti padronali, gli edifici più importanti sono il cassero nord e il cassero sud, di particolare interesse sono una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana e un forno comunitario per la produzione del pane, tipica struttura chiantigiana in cui un addetto alla cottura periodicamente cuoceva il pane, preparato dalle massaie che lo riprendevano, avendolo contrassegnato con determinati simboli realizzati a mano”.
Per il sindaco di Greve in Chianti Paolo Sottani il progetto è giunto ad un momento centrale. “L’obiettivo - aggiunge il sindaco Sottani – si pone l’obiettivo di valorizzare il patrimonio storico-archeologico di Lucolena e le sue potenzialità turistiche con la realizzazione di un’area fruibile e aperta alle visite da parte di cittadini e turisti, per favorire la conoscenza di questo importante tesoro del passato che testimonia le radici millenarie del nostro territorio apriremo già da questa estate una sezione archeologica, composta di due stanze, negli spazi del Museo di San Francesco, dove saranno esposti i reperti provenienti dal sito del Castellaccio, quali monete e ceramiche”.
Nelle prospettive dell’indagine archeologica, di cui si è conclusa una fase nevralgica, c’è anche la volontà di incrementare l’area di scavo e attivare una collaborazione con il Gruppo Avvistamento Incendi Boschivi per la conservazione e la manutenzione del sito.
Approfondimento scavo
Le indagini archeologiche si sono prevalentemente concentrate in corrispondenza del cassero a nord e sulla torre e parte del borgo a sud. Da una prima lettura stratigrafica degli elementi che compongono il sito archeologico sembrerebbe che il "Castellaccio" di Lucolena abbia vissuto almeno tre fasi costruttive. La prima costruzione è probabilmente la torre del cassero nord che risale all'XI-XII secolo, in cui tutti gli ambienti sono stati costruiti con pietra arenaria tagliata in medie dimensioni e disposta in filari regolari e paralleli, con raffinata finitura della superficie delle pietre, abbellite da un nastrino che circonda tutto il perimetro delle bozze.
La seconda fase costruttiva del settore a nord vede ambienti di grandi dimensioni, i cui paramenti murari appaiono leggermente più irregolari rispetto a quelli del cassero e per questo databili ad un periodo più tardo rispetto alla torre, insieme alla prima cinta muraria. Di particolare significato è il ritrovamento in quest'area dei resti di un forno per la cottura di cibi, probabilmente ad "uso comune", e della porta di accesso dal lato a nord. Infine è probabile che all'ultima fase edilizia corrispondono la seconda cinta muraria a chiudere il borgo e l'impianto di un'altra torre, a sud della quale si erge una cisterna di forma rettangolare addossata alle mura e piuttosto ben conservata.
Nelle adiacenze della torre nord è avvenuto l'interessante rinvenimento di una serie di ceramiche databile al periodo etrusco-romano (III sec. a. C.), mentre presso la torre sud altri elementi hanno evidenziato la frequentazione del sito fino al tardo-repubblicano/primo impero (I sec. a.C. e I sec. d.C.); le monete medievali datano la frequentazione del sito tra X-XI e inizio del XIV secolo.
I ruderi messi in evidenza con gli scavi dal 2000 al 2010 presentano alzati che variano da pochi decimetri a circa due metri, inseriti all'interno di un contesto forestale.