“Turismo e urbanistica a Firenze, scenari distopici”

L’arch. Paolo Celebre rivendica “il diritto di decidere informati, di essere adeguatamente e frequentemente consultati”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 settembre 2021 16:12
“Turismo e urbanistica a Firenze, scenari distopici”
Ex conventi di Costa S. Giorgio - Firenze da lassù

Seguita, martellante, l’azione di Idra, che pubblica oggi l’intervento dell’arch. Paolo Celebre alla maratona oratoria civile del 28 maggio scorso sotto Palazzo Vecchio “per un’urbanistica partecipata e trasparente”. Il testo, intitolato “Per decidere informati”, è stato inviato stamani anche sui tavoli del sindaco e degli assessori fiorentini, aggiungendosi alla ricca collezione di contributi trasmessi nelle ultime settimane.

L’arch. Celebre si domanda se sia sensato contrastare il declino di Firenze immaginando di “sostituire il turismo di massa col turismo elitario, con operazioni tipo questa di Costa S. Giorgio, o quella di via S. Gallo, di via Bufalinio dell’ex Collegio della Querce e ora di Villa Basilewsky”. Sono sotto i nostri occhi infatti “pezzi interi e pregiati della città consegnati ai resort del lusso, agli appartamenti di charme, ai grandi fondi immobiliari”.

Tutto ciò in un contesto nel quale, piuttosto che “vivacità culturale e prosperità economica”, piuttosto che un “Nuovo umanesimo”, si registranopiù lavoro precario e dequalificato, più movide e più necessità di emigrare per i giovani, più possibilità di essere impiegati al solo servizio di chi i viaggi se li può permettere”, mentre “sempre più residenti e lavoratori impoveriti sono spinti lontano dal Centro storico e dai quartieri moderni, ai margini dell’area metropolitana o nelle province vicine, strangolati da affitti e spese diventate insostenibili”.

Quanto alla “Grande Firenze” ipotizzata “con nuove edificazioni, con il suo aeroporto, il suo inceneritore, la sua stazione dell’Alta velocità, le sue confuse e costosissime infrastrutture”, Paolo Celebre paventa che “invece della città policentrica, fatta di centri storici, nuclei abitati e attività agricole che generazioni di amministratori ed urbanisti hanno faticosamente difeso, avremo una grande periferia. Mentrefuori dai quartieri eccellenti, continuerà un turismo di massa indigeribile, per gitanti scesi dalle navi da crociera, per frettolosi frequentatori di musei e di affitti brevi, per tutti coloro che nel mondo possono ancora permettersi di disporre di tempo libero retribuito”.

Una “distopia mortale”, questa,da invertire se “vogliamo invece promuovere quello che qualcuno chiama “turismo posato”, lento e riflessivo, se vogliamo facilitare l’integrazione tra turisti e residenti”.

Come interpretare allora – si chiede Idra -l’auspicato cambio di prospettiva nel caso concreto della “monocultura turistico-ricettiva” che si prospetta con la variante urbanistica per gli ex Conventi di Costa San Giorgio? “Fermando in primo luogo operazioni come questa, rivendicando il nostro diritto di decidere informati, di essere adeguatamente e frequentemente consultati. Un diritto che, rammenta l’associazione, “Idra, e centinaia di cittadini e donne e uomini di cultura di ogni parte d’Italia e del mondo, invocano da mesi trasmettendo pazientemente alla giunta, ma mai con una riga di riscontro, mai con un’offerta di disponibilità al confronto, appelli, allarmi, proposte”.

Prossimo grano di questo stoico rosario l’intervento di Mario BENCIVENNI, docente di Storia e teoria del Restauro dei Monumenti, Giardini Storici e Paesaggio, La Sapienza, Facoltà di Architettura, Roma.


Il contributo di Paolo CELEBRE

Per decidere informati

Da un po’ di tempo sulla stampa cittadina politici ed opinionisti dicono che dobbiamo smetterla col turismo massificato, che sono preoccupati per il declino di questa città, che dobbiamo riportare residenti e servizi nel Centrostorico e cambiare questo modello di accoglienza.

Ma poi vediamo che si vorrebbe sostituire il turismo di massa col turismo elitario, con operazioni tipo questa di Costa S. Giorgio, o quella di via S. Gallo, di via Bufalinio dell’ex Collegio della Querce e ora di Villa Basilewsky, e potrei così continuare. Pezzi interi e pregiati della città consegnati ai resort del lusso, agli appartamenti di charme, ai grandi fondi immobiliari.

Ci dicono anche che dobbiamo costruire una “Città della conoscenza” in un clima di rinnovata apertura ed integrazione fra residenti e giovani delle università, delle scuole di formazione e delle start up e che in questo modo produrremo vivacità culturale e prosperità economica.

A noi sembra invece, che al posto di un “Nuovo umanesimo”, abbiamo più lavoro precario e dequalificato, più movide e più necessità di emigrare per i giovani, più possibilità di essere impiegati al solo servizio di chi i viaggi se li può permettere.

Intanto sempre più residenti e lavoratori impoveriti sono spinti lontano dal Centro storico e dai quartieri moderni, ai margini dell’area metropolitana o nelle province vicine, strangolati da affitti e spese diventate insostenibili.

Ci dicono anche che la città smart dovrà aumentare la sua taglia e che, dopo aver perso 100.000 abitanti in mezzo secolo e 22.000 negli ultimi 5 anni, paradossalmente dovrà diventare una “Grande Firenze”, con nuove edificazioni, con il suo aeroporto, il suo inceneritore, la sua stazione dell’Alta velocità, le sue confuse e costosissime infrastrutture, a spese del suolo naturale e dello spazio aperto.

Invece della città policentrica, fatta di centri storici, nuclei abitati e attività agricole che generazioni di amministratori ed urbanisti hanno faticosamente difeso, avremo una grande periferia. Con un milione e mezzo e persino due milioni e mezzodi abitanti, come favoleggia qualche influente personaggio senza vergogna: un sogno per tutti i palazzinari.

Così, fuori dai quartieri eccellenti, continuerà un turismo di massaindigeribile, per gitanti scesi dalle navi da crociera, per frettolosi frequentatori di musei e di affitti brevi, per tutti coloro che nel mondo possono ancora permettersi di disporre di tempo libero retribuito. Mentre i cittadini, privati ora anche del proprio patrimonio culturale, se vorranno andarci in quella ormai irriconoscibile Firenze, o raggiungerla per lavoro, potranno sempre farlo in tramvia.

Ma se vogliamo invece promuovere quello che qualcuno chiama “turismo posato”, lento e riflessivo, se vogliamo facilitare l’integrazione tra turisti e residenti, dobbiamo invertire questa mortale distopia. Fermando in primo luogo operazioni come questa, rivendicando il nostro diritto di decidere informati, di essere adeguatamente e frequentemente consultati, prima che queste istituzioni screditate lo facciano al nostro posto.

Paolo CELEBRE

architetto

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