"C'era una volta la Corte Costituzionale..."
Questo potrebbe essere l'inizio di una bella favola, favola che ora però non c'è più visto quello che succede nei meandri della politica italiana. Una volta, i principi fissati dalla Corte Costituzionale erano elevati a dignità di legge rappresentando un rimedio efficace alle pericolose deviazioni del nostro legislatore e al tempo stesso un severo monito a rimanere nei binari della legalità costituzionale.
Adesso non più: le sentenze della Corte non vengono più rispettate e sono viste dal legislatore, sapientemente imboccato da una parte di politici "longa manus" di unioni e associazioni varie, come un intralcio alla propria attività, talora molto discutibile.
E' il caso della sentenza n.50/2014 della Corte Costituzionale: questa sentenza ha dichiarato incostituzionale il d.lgs 23/2011. Quello, per intenderci, che consentiva agli inquilini, che denunciavano all'Agenzia delle Entrate di avere un contratto di locazione non registrato, di avere "in cambio" un nuovo contratto di 8 anni ad un canone pari al triplo della rendita catastale dell'immobile, cioè mediamente 4-5 euro al giorno.
Orbene, questa sentenza, che ha ripristinato con quasi tre anni di ritardo la legalità costituzionale calpestata violentemente dal legislatore arrogatosi un potere che non aveva (quello di legiferare nella materia) e capace di violare contemporaneamente lo "Statuto del Contribuente" , nonché vari principi cardine del sistema costituzionale italiano, rischia seriamente di essere defraudata del proprio significato e della propra valenza da una serie di capziosi emendamenti proposti da alcuni parlamentari del PD presso la Commissione Ambiente e Lavori Pubblici in sede referente per la preparazione del testo finale del DDL 1413/14 , noto anche come "Piano Casa Renzi" (DL 47/2014).
Detti emendamenti (5.12 e 5.13), reintroducono con una pervicacia certosina e irriguardosamente derisoria dell'operato della Corte Costituzionale concetti e norme già ritenute incostituzionali poco più di un mese fa con la sentenza n.50.
Nel caso dell'emendamento 5.13 viene addirittura riproposto lo stesso identico testo del d.lgs 23/2011 dichiarato incostituzionale!!
Sento dire che la Consulta avrebbe bocciato le norme che adesso si cerca di reintrodurre sotto altra veste, perché l'allora Governo Berlusconi era incappato nel c.d. "eccesso di delega" e solo per quello.
Ora, che questa falsa rappresentazione della realtà costituzionale venga avanzata dalle associazioni degli inquilini che portano avanti, paludandole come crociate per la legalità e la lotta all'evasione fisale, temi e ideologie collegate invece a propri interessi privati è anche comprensibile, anche se non condivisibile da un punto di vista etico.
Il fatto che, però, concetti che travisano il dettato e i rilievi che promanano "ictu oculi" dalla sentenza n.50/2014 della Corte Costituzionale vengano fatti propri da politici che dovrebbero avere una cultura giuridico-costituzionale mediamente superiore è francamente inspiegabile e insopportabile.
Allora vediamo, anche ad uso dei detti politici che forse hanno letto la sentenza in questione solo superficialmente, perché la favoletta dell'eccesso di delega non incanta nessuno ed è una distorsione della realtà che porterebbe il DDL 1413, ove approvato, ad una nuova dichiarazione di incostituzionalità:
1) "Le disposizioni denunciate (art. 3 commi 8 e 9) devono, pertanto, essere dichiarate costituzionalmente illegittime per contrasto con l’art. 76 della Costituzione, restando assorbiti gli ulteriori profili di illegittimità prospettati". Tale ultima dizione della Corte significa chiaramente che gli altri profili di incostituzionalità sollevati da oltre 10 Tribunali italiani (irretroattività della norma, irragionevolezza della norma, minore introito fiscale per l'Erario, eccessiva compressione del diritto di proprietà, disparità di trattamento e carattere sanzionatorio solo per il proprietario) sussistono, ma sono stati assorbiti dal vizio più grave costituito dall'eccesso di delega;
2) "Né appare superfluo soggiungere che gli obblighi di informazione del contribuente, parimenti prescritti dal predetto statuto, risultano nella specie totalmente negletti, operando la denunciata “sostituzione” contrattuale in via automatica, solo a seguito della mancata tempestiva registrazione del contratto". Con questa frase la Corte Costituzionale ha posto una pietra tombale sull'operato del legislatore che ha violato, anzi ha "negletto" lo "Statuto del Contribuente". Pertanto, riproporre nel Piano Casa queste stesse norme con le stesse modalità di applicazione, significherebbe inserire nuovamente una procedura sanzionatoria del contribuente già dichiarata incostituzionale.
Ci chiediamo, sulla base di quanto sopra, come si può sostenere ancora e come fanno i politici firmatari degli emendamenti contestati a fare proprio il principio secondo cui l'unico vizio eccepito dalla Consulta sia stato quello dell'eccesso di delega.
E' evidente che, nel caso in cui vengano approvati gli emendamenti in questione e la legge conseguente venga nuovamente dichiarata incostituzionale, cosa scontata, sapremo chi dovremo ringraziare.
Ultimo, ma non ultimo rilievo: una volta i decreti legge e i conseguenti DDL, tipica forma di impulso legislativo del Governo avevano (rectius dovevano avere) il carattere della urgenza e della necessità.
Questi caratteri sono ancora adesso essenziali e devono presiedere all'operato del Governo. Ove un decreto-legge sia sprovvisto di detti requisiti potrebbe essere dichiarato incostituzionale.
Nel caso degli emendamenti che stiamo criticamente valutando, non si vede proprio quale sia l'urgenza e la necessità di reintrodurre in modo così forzato e pericolosamente incostituzionale norme già bollate dalla Consulta. Non si vede peraltro perché applicare in modo così confusionario e generico (frutto evidente della fretta e furia con cui sono stati elaborati gli emendamenti) le nuove norme alle situazioni pregresse (peraltro con un testo che grida vendetta sul piano del puro italiano).
Qualsiasi Giudice, alle prese con la formulazione presentata negli emendamenti, avrebbe difficoltà a capire proprio il significato lessicale del testo.
L'unica urgenza e necessità, allo stato, appare quella delle associazioni degli inquilini di salvaguardare questi ultimi dal dover restituire ai proprietari i canoni non corrisposti per circa tre anni in base ad un decreto incostituzionale. Il che francamente non mi sembra un motivo tanto urgente e necessario visto, come contraltare, il sacrosanto diritto dei piccoli proprietari di vedersi restituire il maltolto di questi anni. Ci sembra, allora, urgente e necessario anche questo. A meno di considerare gli inquilini cittadini di serie A e i piccoli proprietari cittadini di serie B.
Meno male che c'è la Corte Costituzionale....
Avv. Paolo Cotronei