Roma, 28 Ott. – 50 anni, italiano, in carcere per reati a grande riprovazione sociale e con fine pena fissato al 2030, si è suicidato impiccandosi nella sua cella della Casa Circondariale di Prato. A nulla sono valsi i soccorsi della Polizia penitenziaria e dei sanitari. Si tratta del 77esimo ristretto che si toglie la vita dall’inizio dell’anno, il quarto alla Dogaia, cui bisogna aggiungere 7 appartenenti alla Polizia penitenziaria che, parimenti, si sono suicidati in quella che è una strage senza fine.
“Sebbene nell’ultima parte dell’anno pare vi sia stato un leggero rallentamento nelle morti di carcere e per carcere, siamo sempre alle prese con numeri monstre, destinati ad abbattere ogni precedente record. Del resto, la crisi penitenziaria continua a non essere tangibilmente affrontata dal Governo e gli indicatori sono tutti in negativo. 15mila detenuti oltre i posti disponibili, 18mila unità mancanti alla Polizia penitenziaria, omicidi, suicidi, violenze di ogni genere, stupri, piazze di spaccio e malaffare.
Queste sono oggi le nostre prigioni. A pagarne le spese, oltre ai reclusi, i 36mila donne e uomini della Polizia penitenziaria che scontano le pene dell’inferno per la sola colpa di essere al servizio dello Stato. Carichi di lavoro debordanti, turni di 8, 16 e persino 24 ore ininterrotte, oltre 3mila aggressioni subite nel solo 2024, mortificati nel morale e colpiti nell’orgoglio anche per una gestione organizzativa e amministrativa che spesso li discrimina e li svilisce, come nei recentissimi casi della missione in Albania o del trasferimento forzoso dai minori agli adulti”, dichiara Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria
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“Serve immediatamente un’inversione di tendenza. Va deflazionata la densità detentiva, necessita potenziare concretamente gli organici della Polizia penitenziaria assicurando al contempo ai suoi appartenenti un trattamento paritario con i restanti operatori del comparto, occorre garantire l’assistenza sanitaria e psichiatrica e, non ultimo, va riorganizzato per intero l’apparato gestionale e amministrativo”, conclude De Fazio.
“Con quello di oggi siamo al 77° suicidio in un anno in un carcere italiano, il quarto nello specifico nel carcere La Dogaia di Prato dove si è consumata l’ultima tragedia. Quante vite si devono ancora interrompere prima che il governo si decida ad intervenire con azioni mirate? Dallo corso agosto, quando un altro detenuto si tolse la vita, nulla è cambiato. La situazione alla Dogaia è la stessa, identica a quella in cui riversa la maggior parte delle carceri italiane: le condizioni di vita dei detenuti sono insostenibili, tra cimici nei letti e presenza di blatte, oltre ad evidenziare problemi strutturali che rendono l’edificio troppo caldo d’estate e freddo d’inverno.
A questo si aggiungono i problemi legati al sovraffollamento e ad un supporto psicologico per i detenuti che è evidente non sia sufficiente, oltre alle condizioni in cui è costretto a lavorare il personale sanitario e la Polizia penitenziaria. C’è un’emergenza che il governo italiano non vuole affrontare e sanare, contribuendo così a rendere il carcere non più luogo dove chi commette reati ha la possibilità di essere riabilitato e reinserito nella società, ma vere e proprie strutture della morte dove non vengono rispettati i basilari diritti umani.
Il governo si dimentica che si tratta di persone che stanno scontando la loro pena, alle quali non può però essere tolta la dignità di esseri umani. Chiediamo pertanto un intervento immediato da parte di chi governa il Paese, per porre fine a questo susseguirsi di suicidi” dichiara il portavoce del Pd Toscana Diego Blasi.