“Perché a New York non costruiscono un bell’albergo nel Central Park?”

Domanda provocatoria di Carlo Spagnolo: in Costa San Giorgio vogliamo “far perdere l’anima” a Firenze?

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
15 giugno 2021 10:59
“Perché a New York non costruiscono un bell’albergo nel Central Park?”

Settimo ‘contributo informativo’ sul tavolo della squadra di governo di Palazzo Vecchio. “Laboratorio Belvedere” propone oggi uno sguardo sull’urbanistica fiorentina attraverso la lente prospettica della storiografia. La provocazione proviene dal prof. Carlo Spagnolo, ordinario di Storia contemporanea all’Università di Bari, ‘toscano acquisito’: “Perché a Parigi non costruiscono un bell’albergo nei Giardini del Lussemburgo, o a New York nel Central Park?”, si chiede il docente.

“Semplice: quelle città perderebbero l’anima”. Sì, perchéuna città come Firenze non è fatta dai pieni, ma dal rapporto tra pieni e vuoti, dalla ancora leggibile cerchia delle mura e dagli spazi tra gli edifici che ne costruiscono l’equilibrio proprio di una cultura umanistica il cui segreto stava nel senso delle proporzioni”. L’area delicatissima limitrofa a Pitti, Boboli e Belvedere, che corre lungo il crinale della collina in Costa San Giorgio, a detta del prof.

Spagnolo ha un valore non negoziabile: “Per quattro secoli, Firenze ha custodito quel giardino, prossimo a Boboli, che insieme a Villa Bardini e al sovrastante Forte di Belvedere forma uno straordinario patrimonio urbanistico il cui impianto medievale e rinascimentale non hanno paragoni nel mondo”. E sarebbe una crescita ben infelice quella che non permettesse alla città di “preservare le sue caratteristiche di equilibrio tra l’impronta rinascimentale e gli interventi successivi, le proporzioni tra i pieni e i vuoti e il rispetto delle aree fragili che essa contiene”!

“Uno dei dilemmi della cosiddetta globalizzazione è che il movimento di massa che essa comporta tende a consumare il patrimonio che rende attraenti i flussi turistici”, ammonisce Spagnolo. Ecco perché, se è vero che Firenze “sta diventando un contenitore turistico a cielo aperto, perdendo proprio quelle caratteristiche che la hanno resa famosa”, allora diventa urgente e indispensabile rivedere “un indirizzo complessivo che non punta a riqualificare le periferie ma insiste sul, e consuma il, patrimonio. Come i giacimenti petroliferi, esso prima o poi si esaurirà”.

Idra approfitta dell’occasione per invitare la giunta alla prima iniziativa di passeggiata culturale guidata, in programma domani mattina sulla collina di Belvedere (programma in allegato): condividere la conoscenza e il godimento di un ambiente così particolare in un “trekking morbido, nel segno della sapienza di cui Firenze è custode”, come ancora il prof. Spagnolo suggerisce, rappresenta infatti un valore da sperimentare e promuovere. L’invito recita: “Una Vostra presenza, anche solo fugace, lungo l’itinerario proposto, ci sarebbe ovviamente particolarmente gradita”.

Seguiranno gli interventi di Angelo Gaccione, scrittore, e Paolo Ventura, professore ordinario a r. di Tecnica e Pianificazione urbanistica all’Università di Parma.


“A pochi passi dal Ponte Vecchio (…) in palazzo storico, al pianterreno rialzato vendesi spazioso bilocale di 50 mq.ca. 250.000 €”. E “Costa San Giorgio, la casa dei vostri sogni vicino alla casa di Galileo Galilei”. Questi annunci commerciali, reperibili agevolmente in rete, contribuiscono a spiegare in parte l’interesse per un’area dove non si dovrebbe costruire.

Al prezzo di 5.000 € a metro quadro, Costa San Giorgio è una delle zone di maggior interesse commerciale perché tra le meno edificate di Firenze. Non è esattamente un polmone verde ma un’area verde pertinente al giardino di villa Bardini, libera da edifici perché considerata geologicamente instabile sin dal XVI secolo, quando un editto di Cosimo I dei Medici ne proibì l’uso a fini edificatori dopo la frana del 1547 nella quale la famiglia del Buontalenti fu travolta.

Che la collina sia franosa lo ha ripetuto Publiacqua dopo il crollo del Lungarno Torrigiani il 24 maggio 2016, che è situato a valle. Sebbene quella spiegazione possa essere stata opinabile, pure l’instabilità del poggio detto delle “rovinate” qualche significato dovrebbe averlo per i fiorentini. Ne ha di sicuro per la cultura storica.

Per quattro secoli, Firenze ha custodito quel giardino, prossimo a Boboli, che insieme a Villa Bardini e al sovrastante Forte di Belvedere forma uno straordinario patrimonio urbanistico il cui impianto medievale e rinascimentale non hanno paragoni nel mondo. Una città come Firenze non è fatta dai pieni, ma dal rapporto tra pieni e vuoti, dalla ancora leggibile cerchia delle mura e dagli spazi tra gli edifici che ne costruiscono l’equilibrio proprio di una cultura umanistica il cui segreto stava nel senso delle proporzioni.

Ciò non significa che la città non debba evolversi, crescere e modificarsi, perché altrimenti morirebbe. Significa però che se vuole crescere deve preservare le sue caratteristiche di equilibrio tra l’impronta rinascimentale e gli interventi successivi, le proporzioni tra i pieni e i vuoti e il rispetto delle aree fragili che essa contiene. Altri ne diranno meglio, tra gli architetti e gli urbanisti che guardano con la mia stessa preoccupazione a questo progetto di insediamento alberghiero, che invece alle proporzioni e all’impatto proprio non sembra guardare.

Per un toscano acquisito come me, il fascino di Firenze non sta soltanto nelle piazze e nelle vie più note, ma nelle zone collinari che la incastonano. Lì sta altrettanto equilibrio tra natura e uomo che fino all’Ottocento si è curato di preservare attraverso costruzioni relativamente basse e nascoste da terrazzamenti. Si dirà, roba da ricchi, ed è vero, sono pochi i privilegiati che ci abitano. Eppure Costa San Giorgio è una delle poche aree da cui si gode integralmente quel panorama, da dove si percepisce un pezzo della storia di Firenze, una delle poche aree che nelle guide turistiche tedesche e italiane sono indicate come “percorso mozzafiato”, una delle molte ragioni di attrazione per percorsi ambientali e turistici non scontati, un trekking morbido, nel segno della sapienza di cui Firenze è custode. Perché sottrarre anche questo pezzo di Firenze antica alla fruizione di un turismo intelligente e poco impattante?

Uno dei dilemmi della cosiddetta globalizzazione è che il movimento di massa che essa comporta tende a consumare il patrimonio che rende attraenti i flussi turistici. Purtroppo ne vediamo già alcuni effetti negativi su Firenze che sta diventando un contenitore turistico a cielo aperto, perdendo proprio quelle caratteristiche che la hanno resa famosa. Il problema non sono soltanto singoli interventi ma un indirizzo complessivo che non punta a riqualificare le periferie ma insiste sul, e consuma il, patrimonio. Come i giacimenti petroliferi, esso prima o poi si esaurirà.

Si dirà, Costa San Giorgio è un piccolo tassello. Nemmeno poi tanto piccolo. Non deve l’amministrazione cogliere ogni occasione di investimenti preziosi e di posti di lavoro? A fronte di questa obiezione, che potrebbe avere un peso, si dovrebbe replicare che i posti di lavoro si preservano nel tempo con lavori di qualità, e se Firenze attrae il turismo globale è proprio per aver saputo preservare quell’equilibrio che tutti ammiriamo. Perché a Parigi non costruiscono un bell’albergo nei Giardini del Lussemburgo, o a New York nel Central Park? Semplice: quelle città perderebbero l’anima. Il progetto è un altro pesante tassello di un trend che rende Firenze sempre più oggetto passivo di consumo che soggetto produttore di storia. Speriamo di non dover scrivere al passato che Firenze è stata custode di una cultura di cui si affanna a vendere i diritti d’uso perché non ha più altro da offrire.

Carlo SPAGNOLO

ordinario di Storia contemporanea all’Università di Bari

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