Un senso a quegli anni: “IV grado di giudizio sul Golpe Borghese"

E’ il titolo della 2^ edizione del saggio del giornalista Fulvio Mazza (Pellegrini editore) a mezzo secolo dai fatti

Nicola
Nicola Novelli
28 marzo 2021 11:35
Un senso a quegli anni: “IV grado di giudizio sul Golpe Borghese

Cinquant’anni fa l’Italia scoprì sui giornali che, poche settimane prima, aveva rischiato di cadere vittima di un colpo di stato. Il tentativo di un gruppo di neofascisti guidati da Junio Valerio Borghese, ex ufficiale della Repubblica Sociale Italiana, era sfumato solo per un pelo.

A questa ormai lontana vicenda è dedicato il saggio del giornalista Fulvio Mazza (Pellegrini editore, pp. 304, € 16,00), intitolato provocatoriamente “Quarto grado di giudizio”. Il libro infatti ribalta la “verità giudiziaria” che sostanzialmente ne assolse i responsabili, dimostrando che il tentativo di “golpe” fu concreto e che coinvolse personaggi di primo piano del potere politico di quegli anni, a partire da Giulio Andreotti e Licio Gelli. Gli stessi che, dopo aver constatato la defezione dal progetto eversivo da parte dei Carabinieri e degli Usa, avrebbero convito Borghese a desistere, un minuto prima del via.

La ricostruzione è scientifica e minuziosa, grazie alla documentazione archivistica, anche inedita, proveniente dagli archivi del Servizio Informazione Difesa, dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia Propaganda 2 e dalla Commissione parlamentare sulle stragi. Mazza mantiene comunque lo stile della narrazione giornalistica, concentrando il racconto della vicenda nel corpo testo, arricchito da dettagliatissime note a pié di pagina per chi intende approfondire ogni singolo aspetto storiografico.

Approfondimenti

Il volume giunge così alla sua seconda edizione. Fra i punti di maggior rilievo ci sono l’acquisita consapevolezza che il principe Borghese venne assassinato poco prima di rientrare in Italia dalla fuga in Spagna, che Andreotti fu connivente con i golpisti e che il Partito comunista italiano sapeva dell'organizzazione del “golpe”.

Emblematico il ricordo di quella notte rivelato da Graziano Cioni senatore empolese del PCI, che Fulvio Mazza riporta a margine. In tutta Italia il partito era organizzato per garantire la protezione dei suoi maggiori esponenti, in quel caso il senatore Remo Scappini, eroe della Liberazione a Genova. Chi ha vissuto quegli anni, anche solo con la memoria di un bambino, ricorda le voci che si rincorsero più volte, che “sta per succedere qualcosa”, “andate a fare provviste, perché domani potrebbe...” nelle telefonate di qualche altolocato conoscente di famiglia.

Il principale merito del libro di Mazza è infatti quello di essere dedicato a una vicenda specifica, il golpe Borghese, ma senza perdere la visione complessiva dei fenomeni politici che si dipanarono nell’Italia di quegli anni. Anzi, in questo modo, il tentativo di colpo di stato del dicembre 1970, diventa il crocevia di un epoca violenta, che probabilmente comincia con la repressione del terrorismo indipendentista del Sud Tirol, ai primi anni ‘60 e si conclude con gli ultimi attentati e omicidi negli anni ‘80. 20 anni di violenza politica, che costarono al paese -si stima- 4.000 morti e decine di migliaia di feriti, tra "strategia della tensione" e opposti estremismi.

Non è possibile comprendere quella lunga stagione se non con un’analisi quasi antropologica della fase che la giovane Repubblica attraversò a pochi decenni dalla sua nascita. Non è un caso che i protagonisti di quella notte insonne del 1970 siano reduci della guerra civile del ‘43/’45, da una parte Borghese, comandante della Xª Flottiglia MAS e Licio Gelli, ufficiale della milizia fascista a Pistoia, e dall’altra uomini come l’ex partigiano Remo Scappini, liberatore della città di Genova.

A 15 anni dalla vittoria della Resistenza, l’Italia era ancora un paese pieno di armi e di uomini in grado di usarle, magari autori impuniti di efferate imprese belliche. Solo in questa ottica è possibile dare un senso quella “guerra civile fredda” che per anni macchiò di sangue la penisola allungando i suoi strascichi nelle guerre di mafia che divamparono a Napoli e Palermo alla fine degli anni ‘70, come pure le altrimenti inspiegabili saghe criminali, quale quella del così detto Mostro di Firenze.

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