Locazioni commerciali: il punto di vista del locatore

Come comportarsi se il conduttore/ristoratore non paga il canone dovuto nel periodo del Coronavirus?

Roberto
Roberto Visciola
08 giugno 2020 14:56
Locazioni commerciali: il punto di vista del locatore

Gentilissimo Avvocato Visciola,

sono proprietario di un negozio adibito a ristorante. Da marzo, il conduttore non paga i canoni essendo stato chiuso durante il lockdown. Gli ho intimato il pagamento, ma non vuole saperne. Come devo comportarmi? Il conduttore può non corrispondere i canoni per i mesi in cui è stato chiuso?

Gentilissimo,

ad oggi non è ancora possibile fornire una risposta univoca a tale quesito, dal momento che l'emergenza epidemiologica causata dal Covid-19 costituisce una situazione eccezionale, non contemplata dal legislatore pre-covid.

Il legislatore è finora intervenuto in modo parziale, fornendo alcune indicazioni che, tuttavia, parrebbero non accontentare le parti in gioco, ovvero locatore e conduttore. Non a caso, da più parti, si chiede un intervento chiarificatore da parte del legislatore.

Il punto di partenza, comunque, è a chiaro vantaggio del locatore: nessuna norma legittima il conduttore a non versare i canoni di locazione a fronte dell'emergenza Coronavirus.

Il legislatore, tuttavia, nei suoi interventi ha preso (parzialmente) le parti del conduttore, disponendo che il rispetto delle misure di contenimento è valutato ai fini dell'esclusione – ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c. - della responsabilità del debitore.

Cosa significa tale disposizione? Significa che in un eventuale giudizio instaurato a causa del mancato pagamento dei canoni durante i mesi del lockdown, il giudice è tenuto a considerare tale situazione emergenziale ai fini della individuazione o meno di una responsabilità in capo al conduttore inadempiente.

Non vi è però automatismo, nel senso che – anche a fronte di tale valutazione – non è escluso che il giudice possa ritenere il conduttore responsabile per il mancato pagamento dei canoni.

Il legislatore, di fatto, ha spostato in capo al giudice il compito di decidere se il mancato pagamento dei canoni durante i mesi di chiusura forzata del locale sia fonte di responsabilità o meno a carico del conduttore.

Inoltre, la suddetta disposizione, quand'anche il giudice dovesse ritenere il conduttore non responsabile per il mancato pagamento dei canoni, non è tale da rendere quei canoni non più dovuti: una volta cessata la situazione emergenziale, quei canoni andrebbero comunque corrisposti.

Un conto, infatti, è valutare l'inadempimento in prossimità al periodo emergenziale, un conto è valutarlo a distanza di mesi dall'auspicato ritorno alla normalità.

Vi è però un altro elemento da considerare.

Il conduttore – in linea generale – è sempre tenuto al pagamento del canone, a prescindere dall'utilizzo che faccia o meno dell'immobile e dell'utilità che ne tragga.

Nel caso di specie, tuttavia, è indubbio che la situazione emergenziale abbia improvvisamente inciso sulla capacità imprenditoriale e decisionale del conduttore, che si è dovuto adeguare alle imposizioni governative, chiudendo forzatamente il locale.

Orbene, è vero che di tale chiusura non può esser certo considerato responsabile il locatore, e pertanto non si può far gravare su di lui le conseguenze di una scelta governativa, ritenendo non dovuti i canoni durante quel periodo. Da questo punto di vista, pertanto, i canoni dovrebbero esser comunque ritenuti interamente spettanti.

Ma non si può nemmeno tacere dello squilibrio sinallagmatico che ne deriverebbe, ove si facesse gravare l'intera situazione sul conduttore, ritenendosi dovuti per intero i canoni di locazione, nonostante il locale risultasse chiuso per imposizione governativa. Del resto, la chiusura del locale nemmeno è dipesa dal conduttore, che si troverebbe suo malgrado a dover pagare interamente il canone senza aver potuto godere del bene.

Il legislatore, a tutela della posizione del conduttore, ha disposto il riconoscimento a favore del conduttore di un credito di imposta da utilizzare in compensazione, usando il modello F24, pari al 60% dell'ammontare del canone di locazione relativamente agli immobili rientranti nella categoria C1. Il conduttore pertanto è chiamato a corrispondere le mensilità dovute nel periodo emergenziale, salvo vedersi riconosciuto un credito di imposta da utilizzare in compensazione. Tale disposizione, posta a favore del conduttore, pare tuttavia confermare la necessaria corresponsione del canone anche nel periodo del lockdown.

Possono ritenersi sufficienti i suddetti interventi legislativi a supporto del conduttore?

A tale situazione viene in aiuto la disciplina generale del codice civile. Ed il buon senso.

Da un lato, infatti, nel caso in cui il conduttore voglia liberarsi dell'obbligo di pagamento del canone, abbandonando il locale, può riconoscersi il diritto di recesso per gravi motivi, o proponendo domanda di risoluzione per impossibilità sopravvenuta o anche per eccessiva onerosità sopravvenuta, risultando sproporzionato il canone rispetto all'effettivo godimento del bene.

Dall'altro lato, pare doverosa una attività di rinegoziazione, dovendo le parti necessariamente negoziare per giungere alla conclusione di un accordo che possa soddisfare le reciproche esigenze.

Nel momento in cui sorgono eventi sopravvenuti, all'interno di contratti di durata qual è la locazione, sorge un dovere di cooperazione tra le parti per rinegoziare il contratto. Nel caso di specie, laddove il locale sia stato doverosamente chiuso, potrebbero essere rinegoziati i canoni dovuti per il periodo dell'emergenza.

Tale rinegoziazione va effettuata secondo buona fede, da ambo le parti e nel reciproco interesse: il locatore può essere interessato a mantenere il conduttore, ove questo nel periodo ante-covid sia stato affidabile; dall'altro lato, sussiste l'interesse del conduttore a mantenere in essere il contratto, per non perdere l'avviamento commerciale.

E' chiaro che trattasi di attività rimessa ai privati e, pertanto, tale rinegoziazione non sempre potrà portare alla conclusione di un accordo, ove una delle due parti avanzi proposte illogiche o non motivate.

Nel caso in cui le parti pervengano ad un accordo di riduzione temporanea del canone di locazione, esso andrà registrato presso l'Agenzia delle Entrate al fine di poter beneficiare della riduzione della base imponibile.

Dall'analisi di cui sopra, è chiaro che sarebbe auspicabile un ulteriore intervento chiarificatore da parte del legislatore, avendo di fatto rimesso al giudice ed all'autonomia negoziale delle parti ogni decisione al riguardo.

Nelle more, laddove la morosità riguardi i soli canoni dovuti nel periodo del lockdown, sconsiglio, allo stato attuale, di procedere subito con lo sfratto per morosità – in attesa di una più chiara definizione della questione sul piano normativo o quantomeno giurisprudenziale – e di tentare la via della conciliazione, avvalendosi anche dell'ausilio di un legale esperto in negoziazioni.

Cordialmente,

L'Avvocato Risponde — rubrica a cura di Roberto Visciola

Roberto
Roberto Visciola

Avvocato in Firenze, laureato col massimo dei voti e lode, socio fondatore dell'Unione nazionale avvocati per la mediazione, è autore di libri e pubblicazioni con importanti case editrici e riviste di settore, quali Cedam, Italia Oggi, Giustizia Civile, Gazzetta Notarile, Nuova Giuridica, Nuova Rassegna e Altalex. Svolge attività di consulenza e assistenza giudiziale e stragiudiziale principalmente nei settori del diritto amministrativo e civile, prediligendo i sistemi di ADR, quali mediazione e negoziazione assistita. robertovisciola@gmail.com

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