In uno scenario drammatico sia per quanto riguarda gli approvvigionamenti energetici nazionali, sia per gli impatti della crisi climatica sui nostri territori, la richiesta della Regione Emilia-Romagna alla Regione Toscana di sospendere l’iter di approvazione del provvedimento autorizzatorio per l’impianto eolico di Badia Tedalda (“Badia del Vento”) suona a dir poco stonata.
Emilia-Romagna e Toscana sono infatti tra le regioni più colpite dagli effetti del cambiamento climatico negli ultimi anni: dalle prime alluvioni che hanno colpito il territorio romagnolo e il crinale tosco-romagnolo nel 2023 fino agli eventi più recenti del marzo 2025, che hanno interessato i due capoluoghi e il territorio circostante, è evidente l’effetto del riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas a effetto serra da parte delle attività umane.
“Non mancano quindi le motivazioni a sostegno del processo di transizione ecologica nei nostri territori, una transizione che trova il suo fulcro nella conversione del sistema energetico verso un modello con minori consumi, azzeramento delle emissioni climalteranti e produzione di energia interamente da fonti rinnovabili”, - affermano all’unisono Stefano Ciafani, Fausto Ferruzza e Davide Ferraresi, rispettivamente Presidenti nazionale e dei due Comitati Regionali di Legambiente - “Si tratta senza dubbio di un processo complesso, ma che proprio per questo deve trovare il sostegno responsabile da parte delle Istituzioni e di ogni singolo rappresentante politico.
Questo non sta però avvenendo nel caso dell’impianto eolico di Badia Tedalda, oggetto di una richiesta di sospensione da parte della Regione Emilia-Romagna nei confronti del procedimento autorizzativo in corso presso la Regione Toscana.”
Le motivazioni addotte dalla Regione Emilia-Romagna in sede di Conferenza dei Servizi e ribadite a mezzo stampa comprendono ragioni paesaggistiche e preoccupazioni per gli impatti sull’avifauna.
“Siamo consapevoli del fatto che gli impianti eolici portino a un mutamento del paesaggio cui siamo abituati, ma evitiamo di nascondere la testa sotto la sabbia” – prosegue determinata Legambiente – “il cambiamento climatico ha già devastato l’Appennino tosco-romagnolo e c’è il rischio elevato che questi fenomeni si ripetano, a causa di un modello economico fondato sulle fonti fossili, che continua purtroppo a trovare alleati nei decisori politici che ostacolano le rinnovabili e scommettono su metanodotti e rigassificatori.
Al contrario, una transizione energetica fatta bene richiede un mix equilibrato di fonti, in cui eolico (onshore e offshore), fotovoltaico e agrivoltaico svolgono un ruolo essenziale e complementare. Bloccare quindi l’eolico sull’Appennino, anche quando gli impianti sono progettati correttamente e collocati nei pochi punti in cui la disponibilità di vento è adeguata, è incomprensibile se davvero ci si vuole impegnare in modo corale nel contrasto alla crisi climatica.”
Legambiente auspica al più presto un chiarimento e chiede un incontro alle due Regioni interessate: “Occorre chiarire al più presto quale sia la traiettoria della transizione energetica per un territorio così fortemente colpito dagli eventi climatici estremi. Servono leggi coraggiose per l’individuazione delle aree idonee e piani energetici regionali che consentano di arrivare al più presto a emissioni nette zero: più tempo aspettiamo, peggiori saranno le conseguenze meteo-climatiche che dovremo affrontare”.
La segretaria nazionale del partito politico REA, Gabriella Caramanica, ha inviato una pec al Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, per farlo responsabile istituzionale nei riguardi dell’eolico selvaggio quale minaccia all'equilibrio ambientale e paesaggistico della regione. Inviando la pec per conoscenza al Presidente della Regione Emilia Romagna Michele Pascale, REA punta l’accento sul progetto eolico di Badia del Vento, al confine con la Valmarecchia.
"Ci sono anche altri impianti come quello del Mugello, che rischiano di produrre effetti irreversibili su ecosistemi già fragili, segnati da fenomeni climatici estremi e crescente pressione antropica. Lo sviluppo delle energie rinnovabili, strumento essenziale per una transizione ecologica, non può diventare un alibi per nuove forme di consumo del suolo e di devastazione ambientale - commenta Gabriella Caramanica, esprimendo - forte preoccupazione per l’impatto ambientale delle attuali modalità di realizzazione degli impianti, che comportano disboscamenti, dissesto dei crinali, cementificazione e la compromissione della biodiversità e degli habitat naturali, spesso situati in aree di alto pregio paesaggistico.
Il segretario nazionale REA evidenzia anche l’atteggiamento contraddittorio di alcune storiche associazioni ambientaliste, come Legambiente, schierate a favore di qualsiasi intervento all’insegna del ‘purché si faccia’ in contrasto con le battaglie condotte in passato a tutela del paesaggio e degli ecosistemi”.
Caramanica ha voluto rivolgere un appello al Presidente della Regione Toscana affinché assuma un ruolo guida nella difesa del territorio e nell’elaborazione di politiche energetiche realmente sostenibili: “È necessario orientare gli interventi verso aree già compromesse o marginali, valutare in modo approfondito l’impatto ambientale e sociale di ogni progetto, garantire il coinvolgimento delle comunità locali e considerare l’intero ciclo di vita degli impianti, inclusi lo smaltimento e il riciclo dei materiali, spesso inquinanti e difficili da trattare - prosegue il segretario nazionale REA, concludendo che - la transizione ecologica non può trasformarsi in una nuova forma di aggressione al territorio. Deve fondarsi su giustizia ambientale, tutela dei beni comuni e visione a lungo termine. Per questo chiediamo una moratoria su questi progetti e l’apertura di un tavolo pubblico di confronto, democratico e trasparente”.