La salute in Toscana tema delle prossime elezioni regionali

Servono interventi mirati concertati con ordini professionali e sindacati. Verso gli ospedali senza muri per realizzare la vera continuità dell’assistenza con il territorio. Tornerà la sinergia tra strutture pubbliche e private, seguendo il modello vincente dell'Emilia Romagna?

Nicola
Nicola Novelli
10 febbraio 2020 08:42
La salute in Toscana tema delle prossime elezioni regionali

La regione Toscana necessità di un rinnovo nell’approccio alla salute? Le strutture territoriali in questi ultimi anni ha avuto una evoluzione importante: la fusione delle Asl in tre macro aree, la dismissione dei piccoli ospedali, la consapevolezza di dover abbattere le liste di attesa. Ma non basta.

C'è chi parla in maniera lungimirante di concepire un nuovo modello socio assistenziale per rispondere meglio ai diversificati bisogni dei cittadini toscani. La Regione ha creato percorsi e modelli che per motivi diversi non sono chiari e non lineari nei vari territori. Il fatto che le aziende sanitarie non identifichino dei percorsi univoci porta ad una confusione sia nei pazienti che negli operatori che troppo spesso si ritrovano a dover rispondere senza poter essere efficaci ed efficienti a causa appunto della non uniforme gestione.

Ha ancora senso provare a offrire risposte sanitari in tutti i territori, quando la Toscana dispone di tre grandi centri universitari che potrebbero offrire una risposta ad alta qualità specialistica ai bisogni di tutti, sia in termine di ottimizzazione delle risorse sia in un ottica di concentrazione dei centri di specializzazione, indipendentemente dalla disponibilità di ospedali con pronto soccorso? In tutte le aree mediche dei tredici ospedali dell’Azienda USL Toscana centro (1.200 posti letto e 45.000 ricoveri nel 2019) sono state recentemente introdotte procedure omogenee per garantire la continuità assistenziale. Che significa collegare l’ospedale ed il territorio per realizzare una rete nella quale sono coinvolte le cure primarie (medici di medicina generale), quelle intermedie e l’area medica in modo da aprire l’ospedale al territorio.

Se così fosse, l’approccio che andrebbe adottato è quasi l'opposto rispetto a quanto si è fatto fino ad oggi. Una volta individuato un bisogno occorre individuare quale tra le figure esistenti sia la professione che copre con le sue competenze quel bisogno. Nella consapevolezza che è impossibile garantire ovunque la presenza di un qualificato professionista sanitario al fine di risolvere ogni tipo di problema. Non tutte le competenze sono oggi disponibili su tutti i territori, con il rischio di far credere ai pazienti che si possano utilizzare professioni già in carico alle aziende per colmare tutti i bisogni.

E’ fondamentale che le risorse siano concentrate dove possano operare in strutture tecnologicamente adeguate, concentrando i bisogni importanti solo dove queste necessità possono essere soddisfatte. E' il caso ad esempio dell’ospedale San Jacopo, a Pistoia, dove a breve sarà avviata una collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Careggi finalizzata a migliorare le attuali prestazioni chirurgiche.

I professionisti tutti, vanno incentivati nel lavoro che fanno, e le risorse utilizzate in modo efficace ed efficiente ed andare a sovrapporre le stesse attività in modo disomogeneo fa si che sia tutto poco efficiente. Un protocollo d'intesa verrà siglato proprio stamani. Prevede una serie di interventi mirati in ambiti prioritari di programmazione sanitaria. Una piattaforma comune di impegni e obiettivi da realizzare in tema, per fare solo qualche esempio, di appalti in edilizia sanitaria, sistema di compartecipazione, liste di attesa, Case della salute, cronicità, non autosufficienza.

Si può tornare a immaginare l'integrazione di percorsi pubblici  e privati, evitando il fenomeno del turismo sanitario verso strutture private convenzionate in altre regioni, che ormai si sta manifestando anche in Toscana? Sarà ancora considerata una bestemmia politica la sinergia tra strutture pubbliche e private, che pare invece il modello vincente anche della sanità regionale in Emilia Romagna?

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