Palazzo Strozzi riapre al pubblico mettendo in mostra quella che un tempo si sarebbe chiamata la controcultura americana, attraverso una selezione di opere provenienti dal Walker Art Center di Minneapolis che, in ordine cronologico, ne ripercorrono 40 anni di storia e di mutamenti sociologici.
Si parte con la “Pop Art”, Andy Warhol preconizza l’era consumistica dando al packaging alimentare lo status di installazione artistica, inaugura il “concept” delle fotografie seriali, metafora della ripetitività della vita, fissando l’espressione di Jackie Kennedy prima e dopo la morte del marito-Presidente. Roy Lichtenstein porta la grafica fumettistica nella pittura, utilizzando la tecnica del retino tipografico.
Successivamente si passa al “Minimal”, caratterizzato dagli “specific objects”, opere tridimensionali a metà tra pittura e scultura, in una forma espressiva che, in contrasto con l’espressionismo, si caratterizza per la ricerca del distacco e dell’impersonalità.
Approfondimenti
“Se sono un artista e mi trovo all’interno di uno studio, vuol dire che qualsiasi cosa io faccia all’interno di questo studio è arte”. Con queste parole Bruce Naumann afferma la centralità dell’artista e la sua autonomia dalla critica, marcando la stagione dell’individualismo degli anni ’70.
Si susseguono installazioni, fotografie, video che fanno capo alla corrente concettuale, contraddistinta da ironia, irriverenza e sperimentazione.
Gli anni ’80, caratterizzati dall’edonismo reganiano, sono dedicati al tema dell’AIDS, e ne raffigurano il dolore e la paura.
Molto interessanti le fotolitografie di Gober che, negli anni 90, unisce l’inconscio individuale a quello collettivo, inserendo il proprio volto all’interno delle prime pagine dei quotidiani.
Si approda al nuovo millennio con Kara Walker, che, spaziando dall’acquerello al collage, dal video alle marionette, rilegge la storia americana analizzandone i temi più cruenti: la schiavitù, la violenza fisica, l’abuso sessuale.
La mostra, oltre a proporci splendide opere, ha il merito di farci riflettere sul flusso dei tempi, su come il nostro presente, nel bene e nel male, sia frutto del rinnovamento culturale e sociale iniziato a cavallo tra gli anni 60 e 70, cosicché durante tutto il percorso ci accompagnano le parole di Warhol, che profetizzando l’avvento del social ebbe a dire “Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per 15 minuti”.