Imprese toscane: crisi nera in Zona Rossa

Confesercenti e Confcommercio rilanciano il grido di allarme. E la burocrazia è sempre un grosso problema

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
01 aprile 2021 14:45
Imprese toscane: crisi nera in Zona Rossa

“Le nuove misure approvate dal Governo scaricano, ancora una volta, l’emergenza sanitaria su un’unica categoria. Le imprese della somministrazione, ristoranti, bar, pub e pizzerie, costrette a restare chiusi anche alla presenza di numeri da zona gialla. Una situazione insostenibile e un accanimento che fatichiamo a comprendere”.

Così Franco Brogi, presidente di Fiepet Confesercenti Firenze commenta il Decreto Legge contenente le nuove misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19.

“Le nostre imprese sono chiuse ormai da un mese. E con la conferma di un’Italia in zona arancione o rossa anche ad aprile, il Governo condanna migliaia di imprenditori ad ulteriori perdite di fatturato, avvicinando sempre di più il rischio concreto di non essere in grado di riaprire al termine dell’emergenza”.

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“Ci saremmo aspettati un cambio di passo e quantomeno il via libera contestuale ad un nuovo Decreto con indennizzi alle imprese costrette a chiudere. Invece niente! Sappiamo benissimo che la priorità è la salute pubblica ma chiediamo al Governo di sostenere le imprese immediatamente e non tra alcune settimane, di accompagnare i provvedimenti di chiusura a misure di ristoro per le attività, di accelerare con il piano vaccini che continua a non registrare i numeri tanto attesi. È profondamente ingiusto che a pagare il prezzo altissimo dell’emergenza sanitaria sia solo la nostra categoria”.

Dura presa di posizione anche di Confcommercio: "Il terziario toscano è ancora una volta in ginocchio". Secondo Confcommercio Toscana, "la combinata fra il nuovo lockdown deciso dal Governo Draghi per l’intero mese di aprile e la permanenza in zona rossa della regione mette a serio rischio la sopravvivenza delle imprese costrette ancora a fermare o limitare fortemente la propria attività. I negozi di abbigliamento e calzature, per esempio, che in queste settimane di fine marzo-inizio aprile avrebbero vivacizzato gli affari con il lancio delle collezioni primaverili, quest’anno “benedetto” dall’arrivo del caldo. Ma non va molto meglio per le imprese che possono restare aperte, ad esempio quelle del commercio non alimentare come le librerie, fiaccate da una contrazione dei consumi (-12 miliardi di euro nel 2020) talmente forte da riportare la Toscana ai livelli di trenta anni fa".

“Ogni settimana di chiusura costa ad un imprenditore un calo medio del fatturato del 2% - chiarisce il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni - ma se questa chiusura viene fatta in periodi strategici, di picco dell’attività, il calo aumenta in modo considerevole. Perché un conto è affrontare un lockdown a novembre o a febbraio, un conto è farlo all’arrivo dell’alta stagione. La primavera coincide da sempre con la ripresa della socialità e il picco dei consumi. Per le città d’arte toscane anche con la ripresa del turismo. Per questi motivi, la chiusura obbligata in questo periodo è pesantissima da sopportare, soprattutto considerato che la sua efficacia appare pressoché nulla, visto che i contagi continuano a salire”.

“Dal momento che se passiamo per le vie dello shopping notiamo negozi aperti e negozi chiusi, la sensazione che sta montando all’interno della categoria è che forse si stanno chiudendo i negozi e i luoghi sbagliati. Mi spiego meglio: siamo convinti che il pericolo di contagio sia più alto in una gioielleria di 40 metri quadrati, dove si può entrare al massimo uno alla volta, che non in un supermercato affollatissimo o in un pullman sempre di 40 metri quadrati, ma dove sono ammesse 16 persone?”, si chiede Marinoni.

Preoccupano anche gli effetti futuri di queste chiusure reiterate. “Stanno modificando in modo irreversibile le abitudini di acquisto dei consumatori – spiega il direttore di Confcommercio Toscana - Il timore è che possano disaffezionarsi al commercio tradizionale di vicinato optando per l’ecommerce. Sarebbe un disastro per le nostre città. E preoccupa che manchi la dovuta attenzione alla filiera della distribuzione, che già veniva da anni di contrazione dei consumi. Chiediamo alla Regione Toscana che preveda sostegni anche per i negozi del settore no food, che stanno uscendo da questa crisi con le ossa rotte”.  

Intanto, sempre sul fronte economico, arrivano altre risorse per la cassa integrazione dei lavoratori artigiani, ma non si superano gli insopportabili ritardi della burocrazia. “Sono state accreditate stamani dal governo a FSBA (il Fondo bilaterale che si occupa degli ammortizzatori sociali per il settore artigiano) le ultime risorse relative al 2020” annuncia il segretario generale aggiunto Cisl Toscana, Ciro Recce. “In giornata si procederà al pagamento a favore dei dipendenti che hanno fatto richiesta dell’ammortizzatore sociale per il mese di dicembre.” “Mancano ancora però – aggiunge Recce - le risorse per i mesi di gennaio e febbraio pari a 675 milioni, di cui circa 70 per la Toscana. Si fa un gran parlare di semplificazioni, ma i ritardi e le complicazioni della burocrazia, dopo un anno, sono ancora lì ed a pagarne le conseguenze sono sempre i lavoratori.”

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