Impennata costi energetici, come va ad artigianato e pmi?

Senza correttivi, a fine anno, le imprese toscane, a parità di consumi, avranno pagato 7.347 i milioni di euro in più

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
05 settembre 2022 11:51
Impennata costi energetici, come va ad artigianato e pmi?

A pagare lo scotto dell’impennata dei costi energetici non sono solo le imprese energivore, ma il sistema economico nel suo complesso, compreso artigianato e pmi.

Lo sostiene l’ufficio studi di CNA che, nell’ultimo anno, ha rilevato sul territorio della Città Metropolitana di Firenze aumenti a tre cifre della bolletta elettrica per pressocché ogni comparto produttivo e dei servizi: acconciatura e estetica (+152%); panificazione (+199%); alberghiero (+150%); impianti (+164%); fonderia artistica (+211%); abbigliamento (+137%); ristorazione (+228%); odontotecnica (+114%) solo per citarne alcuni.

Un’escalation che l’associazione denuncia da oltre un anno insieme alle sue pesanti ripercussioni: aumento dei prezzi, riduzione dell’orario lavorativo/apertura al pubblico, ricorso alla cassa integrazione, diminuzione del personale, sospensione dell’attività, chiusura che le imprese sono state costrette (o lo saranno a breve, fermo restando così le cose) ad adottare.

Senza alcuna misura correttiva, allo stato attuale dei prezzi (+378% per il costo dell’energia elettrica e +538% per il gas rispetto al 2019 e, rispettivamente, + 220% e + 274% nell’ultimo anno), le imprese toscane dovranno sobbarcarsi in quest’anno, a parità di consumi, 7.347 milioni di costi energetici aggiuntivi rispetto all’anno pre-Covid, facendo della regione la quinta in Italia (dopo Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte) per extra costi subiti*.

“Una cifra che potrebbe addirittura essere sottostimata se la Russia dovesse chiudere ulteriormente le forniture di gas e che rischia di provocare una vera debacle al nostro sistema produttivo - commenta Giacomo Cioni, presidente di CNA Firenze Metropolitana – Per quanto riguarda il consumo del gas, i costi stanno mettendo in ginocchio le imprese del vetro, della ceramica, del cemento, della plastica, della produzione di laterizi, la meccanica pesante, l’alimentazione e la chimica per citarne alcune. Per quanto riguarda l’energia elettrica la situazione è critica per fonderie, alimentare, logistica, commercio (negozi, botteghe, centri commerciali), alberghi, bar-ristoranti, cinema, teatri, discoteche, lavanderie, palestre, impianti sportivi. Insomma, la gran parte delle nostre imprese”.

Le soluzioni? Difficilissime con il livello raggiunto oggi dai prezzi.

“È ormai evidente, anche alla luce del drammatico perdurare del conflitto Russo-Ucraino, che vada fissato un tetto al prezzo del gas, una priorità del Paese su cui chiediamo l’impegno congiunto di tutte le forze politiche, al di là degli esiti del voto – spiega Cioni – Estendere le misure anti caro energia allo studio anche alle imprese non energivore. Incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili, liberandola da costrizioni burocratico-autorizzative e finalizzandola anche all’autoconsumo da parte delle piccole imprese. Puntare sul risparmio energetico, stabilizzando anche gli ecobonus per la riqualificazione energetica degli immobili. Sfruttare l’opportunità offerta dalla termovalorizzazione”.

In ultimo, CNA ritiene opportuno richiamare l’attenzione sulle due facce della medaglia: se da un lato molte imprese sono a rischio chiusura, dall’altro le imprese energetiche (le attività industriali estrattive di materie prime energetiche come il petrolio, il gas naturale, etc. e dell’industria della raffinazione),“sfruttando” la medesima congiuntura, stanno invece registrando fatturati da capogiro (+60% nei primi cinque mesi del 2022 rispetto al 2021). Si tratta di imprese obbligate ad applicare un’aliquota del 25 per cento sugli extraprofitti ottenuti grazie all’aumento dei prezzi di gas e petrolio, ma che, al momento, tardano a farlo. Dei 4,2 miliardi di euro attesi con la prima rata di giugno, infatti, lo Stato ha incassato poco meno di 1 miliardo.

“Ogni imprenditore sa bene che un aumento di fatturato non si traduce automaticamente in una crescita dell’utile, ma è impossibile negare che il risultato economico del settore sia più che positivo. Non sono certo i circa 10 miliardi attesi con questa tassa (e 9 mancano ancora all’appello) che potrebbero mitigare i costi delle bollette per imprese e famiglie, ma esimersi dal versamento è inconcepibile per chi fa impresa in modo responsabile: sono in gioco solidarietà, giustizia e coesione sociale” conclude Cioni.

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