Il mercantilismo sportivo: il calciatore fra mercato, proprietà e pubblico

Nel meccanismo del calcio contemporaneo esiste un’ideologia ormai ben impiantata, un’ideologia basata sull’utile come parte economica e non funzionale a quello che è lo sport stesso

04 febbraio 2019 16:08
Il mercantilismo sportivo: il calciatore fra mercato, proprietà e pubblico

Oggigiorno non importa la funzione intrinseca del calciatore, ma la sua figura o figurina. Quindi diviene oggetto pubblico che il marketing progetta attraverso scadenze brevi, medie e lunghe.

L’effettivo impiego sul campo non rappresenta lo scopo principale, al contrario, la “cosa” che si approccia ad un determinato singolo, elaborato simile ad un elemento interno ma estraneo, prende rilievo. Un semplice e cospicuo dato di compravendita.

Le capacità vengono, non deviate, indirizzate nella forza dell’impatto che recano alla massa. Infatti la proporzione, dove sono compresi oggetto e soggetto, arriva ad essere l’unica unità di misura o calcolo con cui creare un rapporto tra lo spettatore, che ormai ha preso prepotente il posto del tifoso propriamente detto, e l’immagine dello sport quale il football.

Dunque, la valutazione d’ogni giocatore è sottoposta a quotazioni-oscillazioni che ne usano le ripetizioni del nome attraverso utenze e mass media. Perciò maggiore appare l’impatto, maggiore apparirà il prezzo.

Ecco uscire dalla penombra la rappresentazione “totemica” dell’atleta sportivo, allo stesso tempo divino e terreno, che attrae seguaci, ma che comunque resta in balia di fattori esterni al suo conscio.

Da qui viene fuori una domanda: qual è il ruolo più sentito, letto, osservato se non l’attaccante, anzi, l’ala o l’esterno offensivo? Gol, assist e giocate compongono la quotidianità d’un ruolo del genere fatto perbene e con caratteristiche che hanno, ovviamente, della matrice naturale. Eppure, se esaminate, appaiono come coniugi della strategia, della tattica economica. Bisogna vendere un prodotto e allontanare il tifoso dalla comprensione che l’essere in campo sia umano.

Quindi, i 22 calciatori che disputano un match, lo stadio, gli spettatori, le proprietà sportive sono soggetti-oggetti dettati dai cicli dell’economia. Di conseguenza avranno tutte le carte per provare la politica del calcio.

Qua spiegato brevemente perché oggi non esista uno sport, ma un mercantilismo sportivo.

I DV dimostrano questa teoria. Difatti valorizzano un calciatore coi canoni sopra espressi, comprando un buon prodotto a buon prezzo, e se il ragazzo vuol restare rinnovano (medio-lungo termine), se non vuole cedono con plusvalenza (breve termine). Ma a differenza di altre società, ed è ciò che li rende così "puliti", loro dividono il denaro in due sottogruppi: aziendale Tod’s S.p.A. e calcistico ACF Fiorentina. Perciò il denaro ricavato dai fattori inerenti il calcio viene investito per quello che rispecchia il calcio e solo quello.

Sfruttano la valenza esagerata che oggigiorno osserviamo accadere durante qualunque finestra di mercato e attraverso questa gestiscono la Fiorentina. Invece, altre forme avrebbero bisogno dell’utilizzo persino della politica o di interventi fatti da aziende che non rientrano nel settore. Sappiamo perfettamente quali ne siano i risultati finali.

Riassunta in sostanza la differenza tra Fiorentina ed altri club alcune volte ritenuti modelli.

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