Greenhouse Talk, conversazioni sull’architettura a Venezia

All’Hotel Monaco & Grand Canal, una tavola rotonda internazionale.

12 giugno 2014 15:15
Greenhouse Talk, conversazioni sull’architettura a Venezia

VENEZIA - All’interno della rassegna internazionale della Biennale d’Architettura, il Regno d’Olanda ha patrocinato la seconda edizione del convegno Greenhouse Talk, che si è tenuto il 5 e 6 giugno scorsi presso l’Hotel Monaco & Grand Canal, a Venezia. Confermando la sua forte vocazione per l’arte e l’architettura contemporanea, l’Olanda ha coinvolta una platea di architetti ed esperti di design da tutto il mondo, per discutere delle nuove prospettive che si aprono per questa affascinante disciplina nonché forma d’arte.

Curata da Hans Ibelings, architetto e critico d’arte, l’edizione di quest’anno ha discussi gli aspetti della crisi che ha toccata anche l’edilizia, e quindi l’architettura, sottolineando la necessità di una ridefinizione del ruolo dell’architetto, che dovrà essere capace di muoversi anche in ambiti più propriamente artistici.

Serrato, nella seconda giornata, il dibattito sulla XIV Biennale, che ha visto protagonisti Giovanna Borasi del Canadian Centre for Architecture di Montreal, Ole Bouman della Biennale di Shenzhen, Pippo Ciorra del MAXXI di Roma, Aric Chen (dell’M+ di Hong Kong, Reinier de Graaf dell’AMO di Rotterdam, e Michelle Provoost del Crimson Architectural Historians di Rotterdam.

Pippo Ciorra esprime opinione favorevole sulla Biennale di ricerca voluta da Koolhaas, anche per il grande spazio lasciato all’Italia, protagonista della mostra collettiva Monditalia, oltre che presente con il consueto padiglione. Una Biennale che fa il punto della situazione per ripartire, quando tutto il mondo dell’architettura è alla forsennata ricerca di nuove soluzioni, e c’è grande fermento, per cui una Biennale che alimenta il dialogo e il confronto capita a proposito.

Con lui concorda Michelle Provoost, che ha apprezzata l’inusuale formula scelta da Koolhass, con due mostre collettive, e un tema unico anche per i padiglioni. Una scelta, osserva Ciorra, che va incontro alla tradizione italiana del fare mostre, che è legata alla necessità di lanciare un messaggio. E questa Biennale, forse più accademica di altre, s’interroga su quali messaggi la modernità abbia lanciati agli architetti, su come questi li abbiano recepiti, e su come hanno risposto.

La novità di quest’anno è stata l’apertura della Biennale a discipline quali la danza, il cinema, la musica, sintomo che, nota Borasi, l’architettura si sta ridefinendo, attraverso l’apertura verso nuovi ambiti, e un dibattito critico molto vivace. E secondo De Graaf, la promiscuità dell’architettura con altre discipline, sottolinea appunto l’importanza che questa riveste in una società moderna.

In Italia, tuttavia, resta una disciplina marginale, troppo spesso legata a dinamiche economiche e politiche, e non vista invece come una forma d’arte a tutti gli effetti, nonostante quanto di buono e d’innovativo sia stato realizzato in Italia, e di cui questa Biennale fornisce un’esauriente retrospettiva.

Nella foto, un momento del convegno.

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