Fusione Comuni in Toscana: Sorpresa, meno costi e meno tasse

Risultati sorprendenti dalla ricerca a cura di CNA Toscana. A partire da quei 38 milioni di incentivi alla fusione

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 luglio 2016 13:35
Fusione Comuni in Toscana: Sorpresa, meno costi e meno tasse

Entro la fine del 2016 i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (3.000 nelle zone montane) dovranno gestire in forma associata le 11 funzioni fondamentali. Ad oggi la spesa comunale in Toscana è superiore alla media nazionale. Sono 98 i Comuni toscani obbligati alla gestione associata delle funzioni.Incentivi e ricchi premi. Al nuovo Comune verrà erogato, per 10 anni, un contributo pari al 40% dei trasferimenti statali del 2010 e dalla Regione Toscana a ogni Comune originario per 5 anni un contributo di € 250.000.Quanti sono e quanto valgono i “piccoli Comuni” in Toscana? Quali sono i vantaggi con le aggregazioni comunali per i cittadini e le imprese?

 CNA Toscana ha realizzato la ricerca “Fusione di Comuni: le prospettive per la Toscana” con l’obiettivo di fornire un quadro generale sulle opportunità dei processi aggregativi tra Comuni nella nostra regione. La ricerca ha evidenziato che:

  • Il valore complessivo degli incentivi per la fusione ammonterebbe a € 37,9 milioni.
  • Considerando anche i risparmi nella gestione dei servizi ottenibili nel medio-lungo periodo, il beneficio salirebbe fino a € 58,7 milioni: in altri termini, grazie alla fusione, ciascuna aggregazione comunale della Toscana disporrebbe mediamente di € 1,8 milioni, che equivalgono a € 587.000 per Comune e a € 139 euro per abitante.

Il presidente CNA Toscana Valter Tamburini: “Il 45% dei Comuni toscani ha una popolazione inferiore a 5.000 abitanti. La spesa corrente dei nostri Comuni (€ 1.072 pro capite) è superiore alla media nazionale (€ 944), ma i ‘piccoli’ ci ‘costano’ di più: € 1.190. L’aggregazione è una scelta fondamentale per i cittadini e per le imprese: per recuperare efficienza, ma anche per diminuire la tassazione comunale e recuperare risorse da destinare allo sviluppo del territorio”.

Ha aggiunto il direttore Saverio Paolieri: “I tagli dei trasferimenti statali hanno ridotto le risorse a disposizione dei Comuni. Tra il 2010 e il 2015 i Comuni toscani hanno perso € 565 milioni di trasferimenti statali (-58%, cioè -€151 pro capite). In molti casi, con le aggregazioni ipotizzate dalla nostra ricerca, già il primo anno di incentivi coprirebbe gran parte dei trasferimenti persi negli ultimi 5 anni, fornendo le risorse per abbattere la pressione fiscale e stimolare gli investimenti sul territorio.

Le piccole imprese, che sul territorio lavorano e per il territorio producono ricchezza, sono molto interessate a questi processi. La pressione fiscale sulle imprese in Toscana va dal 68,5% di Firenze al 55,7% di Arezzo, insostenibile! Per restituire fiato e competitività al nostro sistema economico, è necessario ridurre in maniera incisiva la tassazione su artigianato e PMI e semplificare, sia a livello centrale sia a livello locale, gli adempimenti che determinano costi indiretti sulle imprese e ne diminuiscono la produttività”.

Sia l’assessore regionale Vittorio Bugli che il presidente del Consiglio Regionale Eugenio Giani che Giacomo Giannarelli capogruppo M5S in Regione hanno riconosciuto la validità dell’indagine realizzata da CNA Toscana, strumento efficace per comprendere i vantaggi che derivano da fusioni e aggregazioni dei comuni, e sottolineato l’importanza di coinvolgere la società, cittadini e imprese, in queste processo proprio per creare la consapevolezza di tali vantaggi. È intervenuto nel dibattito anche Federico Ignesti, Sindaco del comune di Scarperia e San Piero, nato di recente dalla fusione dei due comuni, il quale ha portato testimonianza di questa esperienza positiva.

Il presidente di Anci Toscana e sindaco di Prato Matteo Biffoni ha detto: “Noi riteniamo molto positiva l’idea di un meccanismo premiante e di coinvolgimento dei Comuni per arrivare alle fusioni, laddove ci siano le condizioni. Non ci convince invece, né a livello regionale nè nazionale, l’idea della obbligatorietà. Anci Toscana ha messo a disposizione i propri uffici per fare le valutazione ai territori interessati”.

In Italia ci sono 8.000 Comuni, di cui circa il 70% con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti. I piccoli Comuni presentano costi maggiori, per questo il legislatore ha adottato misure con l’obiettivo di favorirne l’aggregazione. Così entro la fine del 2016 i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (3.000 nelle zone montane) dovranno gestire in forma associata le 11 funzioni fondamentali: organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo; organizzazione dei servizi pubblici comunali, compreso il trasporto pubblico comunale; catasto; pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale; protezione civile e coordinamento dei primi soccorsi; raccolta, smaltimento e recupero dei rifiuti urbani; progettazione e gestione dei servizi sociali ed erogazione delle prestazioni; edilizia scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici; polizia locale; servizi anagrafici ed elettorali; statistica.

Il 45% dei Comuni toscani ha una popolazione inferiore a 5.000 abitanti, occupa il 40% della superficie regionale, vi vive l’8% della popolazione, vi opera il 9% delle imprese (32.000) e il 6% degli addetti (poco meno di 66.400).

La spesa corrente dei Comuni toscani (€ 1.072 pro capite) è superiore alla media nazionale (€ 944). Anche in Toscana i piccoli Comuni “costano” di più (€ 1.190).

Tra il 2010 e il 2015 i Comuni toscani hanno perso € 565milioni di trasferimenti statali (- € 151 pro capite), una contrazione del 58% rispetto al 2010 (Italia -52%).

La Regione Toscana ha individuato 33 Ambiti di dimensione territoriale adeguata, che costituiscono la “griglia” di base per i 98 Comuni toscani obbligati alla gestione associata delle funzioni (LR n. 98/2011); la maggior parte sono in provincia di Siena, Pisa e Arezzo. La Toscana è al sesto posto in Italia per quota di Comuni coinvolti nelle Unioni di Comuni (52%); le 23 Unioni raccolgono complessivamente 146 Comuni e il 24% della popolazione.

Molti Comuni stanno prendendo in considerazione la fusione, per semplificare i processi decisionali, ridurre le spese, razionalizzare i servizi e intercettare contributi rilevanti: al nuovo Comune verrà erogato, per 10 anni, un contributo pari al 40% dei trasferimenti statali del 2010 e dalla Regione Toscana a ogni Comune originario per 5 anni un contributo di € 250.000.

Tra il 2013 e il 2015 in Toscana si sono conclusi con esito positivo 9 processi di fusione che hanno interessato 18 Comuni (Figline e Incisa Valdarno, Castelfranco Piandiscò, Fabbriche di Vergemoli, Scarperia e San Piero, Casciana Terme Lari, Crespina Lorenzana, Pratovecchio Stia, Sillano Giuncugnano, Abetone Cutigliano). Tuttavia ai referendum ne sono stati bocciati 8 per il timore di perdere l’identità locale e di non avere più la possibilità di avere i servizi “sotto casa”.

I possibili vantaggi per cittadini e imprese con le aggregazioni comunali

Le aggregazioni comunali, e in prospettiva le fusioni, possono rappresentare una soluzione per fronteggiare la riduzione di risorse dei Comuni e incentivare lo sviluppo economico locale.

Per quantificare i possibili vantaggi derivanti dalle fusioni, CNA Toscana ha “disegnato” 33 ipotetiche aggregazioni territoriali, dando priorità ai Comuni obbligati alla gestione associata e cercando una dimensione demografica significativa (almeno 10.000 abitanti). Queste 33 aggregazioni possono essere suddivise in quattro gruppi:

Aggregazioni di tipo A – quelle in cui, grazie alla gestione associata dei servizi comunali e all’aumento di efficienza, la spesa corrente potrebbe ridursi del 16%. Sono 10 aggregazioni, che coinvolgono complessivamente 25 Comuni e 120.000 abitanti. Nell’ipotesi di fusione, queste 10 aggregazioni potrebbero beneficiare di incentivi statali pari a € 11 milioni per 10 anni: con un solo anno di incentivi sarebbe possibile recuperare il 63% dei trasferimenti tagliati tra il 2010 e il 2015. Considerando sia gli incentivi sia i possibili risparmi di spesa a regime (stimati in 20,8 milioni), il vantaggio nell’ipotesi di fusione ammonterebbe a € 31,8 milioni, tale da consentire teoricamente un taglio della pressione fiscale comunale del 26% oppure, in alternativa, una crescita degli investimenti del 262%.

Aggregazioni di tipo B – cioè quelle in cui l’attuale livello di spesa è già inferiore al valore medio: 8 aggregazioni, che comprendono 24 Comuni e 133.000 abitanti. Se questi Comuni decidessero di optare per la fusione, potrebbero beneficiare di incentivi statali pari a € 9,7 milioni all’anno per 10 anni: una sola annualità di incentivi coprirebbe il 54% dei trasferimenti persi nell’ultimo quinquennio; sarebbe così possibile tagliare dell’8% la pressione fiscale oppure incrementare del 61% la spesa per investimenti.

Nuovi Comuni – i Comuni che hanno da poco approvato la fusione o stanno per affrontare il referendum: 4 aggregazioni che coinvolgono 8 Comuni e 22.000 abitanti. Con la fusione arriverebbero € 2,1 milioni di incentivi statali per 10 anni; una sola tranche di incentivi riuscirebbe a coprire il 67% di quanto perso in trasferimenti statali dal 2010. Queste risorse permetterebbero la riduzione della pressione fiscale dell’11% oppure l’aumento della spesa per investimenti dell’89%.

Unioni piccole – è stato ipotizzato un processo di fusione solo per le Unioni fino a 20.000 abitanti: 11 Unioni di 43 Comuni e 147.000 abitanti. Nell’ipotesi di “trasformazione” di queste Unioni in nuovi Comuni, gli incentivi statali sarebbero € 15 milioni e sarebbe possibile una decurtazione del 14% della pressione fiscale o, in alternativa, l’incremento del 55% degli investimenti comunali.

Il valore complessivo degli incentivi per la fusione in Toscana sarebbe di € 37,9 milioni. Considerando anche i risparmi nella gestione dei servizi ottenibili nel medio-lungo periodo, il beneficio salirebbe fino a € 58,7 milioni: grazie alla fusione, ciascuna aggregazione comunale della Toscana disporrebbe mediamente di € 1,8 milioni, che equivalgono a € 587.000 per Comune e a € 139 per abitante.

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