Sull'ex teatro Comunale la sindaca Funaro e l'ex sindaco Nardella la buttano sul piano estetico, in quanto tutto è in regola dal punto di vista dell'iter autorizzativo. "De gustibus non disputandum" è la celebre espressione latina, ma in questo caso non c'entra nulla. Il panorama che dobbiamo valutare non è un dipinto, ma lo scenario reale di una città vivente.
Negli ultimi decenni per troppe altre volte ci si è trincerati dietro l'opinabilità del giudizio estetico per aprire le porte della città a realizzazioni urbanistiche mediocri con effetti rilevanti sul paesaggio architettonico di Firenze: l'hotel Hilton in via del Cavallaccio, il nuovo tribunale a Novoli, la Scuola Allievi Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri in viale XI Agosto. Ora basta farsi fregare!
La questione dell'ex teatro Comunale non è estetica. Quello che inorridisce i fiorentini è l'uso di materiali poveri come l'alluminio in un contesto architettonico urbano caratterizzato come minimo dalla muratura piena, se non l'uso di materiali pregiati come pietra e marmo. Una regola oggettiva da seguire sarebbe: vuoi investire a Firenze? Non puoi abbassare la soglia qualitativa dei materiali della tradizione.
Infatti l'oggetto dell'indagine avviata dalla Procura della Repubblica di Firenze sembra sarà proprio l'ultima autorizzazione della Soprintendenza e la valutazione della commissione paesaggistica del Comune. Le procedure amministrative hanno rispettato le norme? Tutto è stato autorizzato secondo legge?
Ma il parametro non può essere la valutazione soggettiva sul piano estetico di un ente monocratico come la Soprintendenza. Altrimenti ogni volta che cambiasse il soprintendente potrebbe cambiare la politica valutativa. Sorprende infatti questa autorizzazione rilasciata dall'ente pubblico, di solito duro e rigido su interventi nel centro storico meno impattanti, come piccole varianti alle abitazioni private.
Altro fronte, appunto, quello degli organi di vigilanza collettiva a Palazzo Vecchio. Uno dei problemi di questa città -anche se è delicato esporlo, senza rischiare l'accusa di classismo- è che negli ultimi decenni, eccezion fatta per Sara Funaro, noi fiorentini ci siamo lasciati amministrare da "occhi cresciuti in altri contesti paesaggistici", l'hinterland fiorentino, la campagna del Valdarno, se non la periferia di Napoli. Abbiamo consentito così la mediocrizzazione della nostra cultura di governo? Certo i tempi del nonno Piero Bargellini, di Giorgio Bonsanti, o del gigante Giovanni Spadolini (di cui ricorre quest'anno il centenario della nascita) sembrano lontanissimi.