Donne e quote rosa, dal Quirinale ai cda delle partecipate fiorentine

L'assessore alle Pari Opportunità Cristina Giachi: «Le cosiddette quote rosa non possono essere un orizzonte politico, ma sono un indubbio strumento di riequilibrio della presenza femminile nei consigli d’amministrazione".

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 aprile 2013 23:08
Donne e quote rosa, dal Quirinale ai cda delle partecipate fiorentine

Saranno tre i delegati del Consiglio Regionale della Toscana che una volta eletti rappresenteranno la Regione Toscana nell'Assemblea che individuerà il nuovo Presidente della Repubblica: secondo la tradizione l'assegnazione dei tre ruoli spetterebbe di diritto al Presidente della Giunta, Presidente del Consiglio e un Consigliere dell'opposizione. Ma gli equilibri politici sono così instabili e fragili soprattutto nel centrosinistra che ogni mossa va ponderata in anticipo. In ballo stavolta c'è il Quirinale, il successore di Napolitano ora più che mai sarà una figura determinante per futuro Governo, quale esso sarà.

Tanto più che resterà in carica 7 anni. Diversi i nomi che stanno circolando in questi giorni, tra le ipotesi e le controipotesi naturalmente non poteva mancare anche quello di Matteo Renzi. "Tutto gli si vuol far fare tranne che ciò per cui è stato eletto, ovvero il Sindaco di Firenze" commenta sarcastico Mauro Romanelli, consigliere toscano di Sel che invece propone di uscire sì dalla tradizione e optare magari per una figura femminile. "A questo punto credo che la maggioranza di centrosinistra debba riunirsi e decidere una linea comune.

Non ci si può dividere in mille rivoli perché il rischio è di favorire una frammentazione e subire incursioni da parte del centrodestra". "Personalmente non ho niente contro il rispettare la tradizione, ma se si deve decidere di uscirne non si può che farlo proponendo anche il nome di una donna. Dopo la figura dei dieci saggi tutti al maschile, non ritengo plausibile che la Toscana esca fuori con tre maschi. Sarebbe davvero un brutto segnale" "Non voglio fare nomi a tal proposito, ma abbiamo una quantità di persone degne sia nel Consiglio, che nella Giunta, che nella società civile.

Perché non individuare ad esempio un'insegnante o una ricercatrice precaria? - continua Romanelli- O una persona di scienza, di cultura, o protagonista della difesa dei diritti civli, degli immigrati, del volontariato, come è successo per la bella figura di Laura Boldrini? ". “Mi unisco alla richiesta e reputo assolutamente necessario che siano nominate almeno due donne fra i tre 'grandi elettori' indicati dal Consiglio Regionale”. Così la presidente della commissione pari opportunità del Comune Maria Federica Giuliani che spiega: “Tante sono le figure femminili che ben possono rappresentare i nostri territori; potrebbe essere colta l'opportunità per riparare alla gaffe istituzionale che le ha escluse dai saggi indicati dal Presidente della Repubblica.

La Regione Toscana ha la grande occasione di dare un segnale molto atteso dalla opinione democratica del Paese”. Donne in politica ma anche ai vertici delle aziende fiorentine: il Consiglio Comunale ha approvato una delibera che riconosce la necessità di una equa rappresentanza di genere nei Cda delle aziende partecipate del Comune e nei Collegi dei Sindaci Revisori. Soddisfazione viene espressa da parte della presidente della commissione Pari opportunità Maria Federica Giuliani (Pd) che dichiara: “Saremo vigili attenti per garantire il controllo "diffuso" per la corretta applicazione della legge, non solo da parte dell'amministrazione comunale fiorentina, ma anche da parte di tutti gli enti interessati”.

Interessate al rispetto della legge n.120/2011 e del relativo regolamento emanato con Dpr n. 251/2013 sono circa 7.000 società partecipate in tutta Italia e 20.000 componenti dei Cda e dei Collegi dei Revisori. Non tutti e non tutte però hanno accolto con entusiasmo la delibera, l'obiezione più vistosa è quella dell'assessore Cristina Giachi, che tra le altre detiene la delega alle Pari Opportunità. «Le cosiddette quote rosa non possono essere un orizzonte politico, ma sono un indubbio strumento di riequilibrio della presenza femminile nei consigli d’amministrazione.

In questi ambiti trovo preferibili i provvedimenti a tempo che prevedono una validità delle quote per un certo numero di anni, immaginando che, una volta riequilibrate le presenze, si possa realmente fare a meno delle quote». «La legge del 2011 – ha aggiunto l’assessora Giachi - rappresenta comunque un risultato importante e ha trovato terreno fertile nell'amministrazione comunale fiorentina per la sua applicazione. Il regolamento che la recepisce è dunque espressione normativa naturale di un riconoscimento del ruolo delle donne che a Firenze è già un dato di fatto.

La nostra giunta, infatti, vede la presenza di cinque donne su un totale di otto assessori». "Il raggiungimento della parità di genere tra uomini e donne nelle nomine all'interno delle società partecipate dal comune di Firenze è sicuramente un obiettivo importante da raggiungere e, soprattutto alla luce della normativa nazionale che va in questa direzione, bene ha fatto l'amministrazione comunale ad adeguare il regolamento comunale. Ma i regolamenti non si fanno solo per farci sopra delle accalorate discussioni in consiglio comunale, ma soprattutto perché siano rispettati".

Questo il commento del consigliere comunale di Fratelli d'Italia, Francesco Torselli. "Nel regolamento sulle nomine del nostro comune - spiega Torselli - il raggiungimento della parità di genere esiste dal 2007, peccato che fino ad oggi non sia mai stata rispettata". A votare contro è stato il consigliere della Lega Nord Mario Razzanelli e i consiglieri del Pdl Jacopo Cellai ed Emanule Roselli. "Il mio è un no al regolameto così concepita ma non certo un voto contrario alle donne, anzi - dichiara in una nota Razzanelli - Che le donne in più circostanze e in più ambiti siano più talentuose e capaci dei loro colleghi maschi, ne ho la riprova tutti i giorni, sia nella mia personale esperienza di imprenditore che in quella di esponente politico locale.

Proprio per questo ritengo che quel regolamento che prevede che all’interno dei cda delle partecipate del Comune siano ‘garantiti’ dei posti alle donne per il solo fatto di essere di sesso femminile sia di per sé una svalutazione della donna. Parità vuol dire essenzialmente meritocrazia, stesse possibilità e uguali diritti, non certo assistenzialismo. Questo sì che è un modo tutto maschile e maschilista di dettare le regole dell’economia, della politica e quindi del lavoro: la donna, quando non la si discrimina al massimo le si fanno delle gentili concessioni.

E in quanto a merito le donne sanno farsi valere da sole e senza corsie preferenziali. Trovo perciò che l’indicazione per cui in caso di doppia preferenza una delle due debba essere obbligatoriamente a vantaggio di una donna significa essenzialmente svilire la donna stessa, che è prima di tutto una persona, una professionista, un cervello e non una specie da salvaguardare e tutelare.

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