Scandalo Tav a Firenze: la richiesta dei danni scatena l'opposizione

Locci, “La Regione Toscana chiede i danni a una società del gruppo Rfi e nel frattempo compra le quote di un’altra associata”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 gennaio 2013 14:34
Scandalo Tav a Firenze: la richiesta dei danni scatena l'opposizione

A poche ore dall'onda di fango che ha sconvolto le aspettative di sviluppo territoriale sulla realizzazione del nodo fiorentino dell'Alta Velocità, con la magistratura che vaglia i possibili nuovi capitoli di questa ennesima storia italiana, il Presidente della Regione Rossi preannuncia una richiesta di risarcimento integrale dei danni subiti a Rfi, Italferr e Nodavia in seguito al sequestro della trivella per i lavori del sottoattraversamento di Firenze per l’alta velocità ferroviaria. La decisione scatena le opposizioni di ogni ordine e grado. “Rossi preannuncia la richiesta di danni a Italferr, società del Gruppo Rfi implicata nell’inchiesta sui cantieri Tav, ma nel frattempo delibera l’acquisto di quote di un’altra società del Gruppo, la Italcertifer”.

Lo fa notare il consigliere regionale Dario Locci (Gruppo Misto), già intervenuto in passato a proposito del passante fiorentino dell’Alta velocità. “Un’acquisizione definita ‘strategica’ nella delibera di Giunta – aggiunge Locci – per consolidare il Polo dell’Alta tecnologia ferroviaria recentemente costituito all’Osmannoro, alle porte di Firenze”. “Alla luce dell’inchiesta che vede 31 indagati per danni ambientali, corruzione, truffa ai danni dello Stato – commenta il consigliere – sarebbe opportuno che la Regione facesse un passo indietro e mettesse in stand-by questo tipo di operazioni.

E invece il Presidente Rossi rilancia e chiede che i lavori del sottoattraversamento fiorentino riprendano quanto prima, alla faccia dei danni già fatti e dell’enorme potenziale di rischio messo in evidenza innumerevoli volte da Comitati, associazioni, esperti del settore”. “Il Presidente Rossi risponda in Aula sul dirigente ‘scomodo’ trasferito ad altre mansioni e sulla delega relativa a Via e Vas che ha conferito a se stesso, alleggerendo il carico dell’assessore Bramerini”.

Questo il commento dei consiglieri Dario Locci e Marina Staccioli (Gruppo Misto), in seguito allo svilupparsi dell’inchiesta sui cantieri Tav, in relazione alla quale la procura ha ascoltato anche un funzionario regionale. “Lo scorso giugno – spiegano i consiglieri – il Presidente Rossi si è preso le deleghe sulle valutazioni ambientali e contemporaneamente ha sollevato da queste procedure il dirigente che ne era fino ad allora responsabile e che aveva sollevato dei dubbi sul sottoattraversamento fiorentino dell’Alta velocità”.“Un’operazione, quella della ridistribuzione delle deleghe, che avrebbe dovuto essere illustrata in Consiglio regionale.

Invece – affermano Locci e Staccioli – tutto è stato fatto passare sotto silenzio. Per questo a luglio scorso presentammo un’interrogazione per conoscere le motivazioni della decisione, così come del trasferimento del dirigente in questione. Ma ancora una volta ci siamo scontrati con un muro di gomma”. “Scaricabarile, ormai è questa la scelta politica del Presidente Rossi. Lo ha fatto sulla ASL di Massa e ora lo fa sull’inchiesta che ha travolto la TAV. Forse sarebbe il caso, invece, che la Regione aiutasse a capire se davvero i lavori dell’Alta Velocità sono andati in mano ad una ipotizzata ‘squadra rossa’ e faccia definitiva chiarezza”, così la Portavoce dell’Opposizione in Consiglio regionale Stefania Fuscagni in merito ai recenti sviluppi giudiziari sul passante fiorentino dell’Alta velocità.

“Due gli aspetti ‘oscuri’: come mai il 15 giugno del 2012 sono state ritirate le deleghe all’assessore all’Ambiente sia sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) sia sulla Valutazione Ambientale strategica (VAS) per metterle nel mani direttamente del Presidente Rossi? Come si spiegano le ragioni del ‘normale’ avvicendamento di cui è stato oggetto un funzionario della Regione Toscana che da quel momento non si è occupato più di VIA e VAS? Sono queste due delle domande che farò al Presidente Rossi al prossimo Consiglio regionale”, prosegue Fuscagni.

“Ma non solo: dalle carte parrebbe emergere una inquietante, se dimostrata, ‘triangolazione rossa’ forse legata a doppio filo proprio al Pd. Si fa riferimento a uomini e donne in quota Pd ben ‘piazzati’ nei punti strategici e forse molto attenti a non ‘complicare’ la vita a Nodavia, la società vincitrice dell’appalto per la realizzazione del nodo fiorentino di cui sarebbe capofila Coopsette, la nota cooperativa ‘rossa’ con sede in Provincia di Reggio. A ciò si aggiunge che presidente di Italferr – la società di progettazione di Ferrovie dello Stato- è Maria Rita Lorenzetti già presidente della Regione Umbria come PD.

Viene il sospetto, tutto politico, che ci possano essere molte le ragioni per le quali forse qualche specifica serve e servirà. Insomma – incalza la Portavoce - le aziende sarebbero inaffidabili e forse non solventi, la maxi fresa poco meno di un rottame – sempre stando alle accuse -, il materiale per rivestire il tunnel è da verificare, e dinnanzi a tutto questo il Presidente Rossi chiede i danni ed un incontro a Monti? Bene, ma non bastano le richieste o le domande, servono anche le risposte su questioni forse centrali di diretta competenza regionale.

Spiace anche solo pensare che un’opera così importante possa essere stata “ostaggio” di una rete di persone con forti legami politici e quindi, politicamente, il Presidente Rossi non può ‘solo’ domandare, ma deve anche dare alcune spiegazioni a partire dalle scelte, tutte politiche e tutte sue, su chi doveva occuparsi di VIA e VAS”, conclude Fuscagni. Ornella De Zordo da Palazzo Vecchio rilancia: "Rossi chiede i danni però vuole riaprire i cantieri. Anche se ormai tutti si rendono conto dell'insostenibilità dell'opera".

E ci mancherebbe altro che non fossero chiesti i danni se venissero confermati i gravi reati su cui la magistratura sta indagando! Quello che proprio non torna, però, è che contemporaneamente si chieda velocemente la riapertura dei cantieri: ormai è chiaro che questa opera, per come è stata voluta, progettata, per come sono state impostate le procedure di valutazione e di controllo, non può dare le garanzie sufficienti in materia di trasparenza, correttezza, tutela dell'ambiente e della sicurezza e benessere dei cittadini. Quello che non torna è che si confermi un rapporto stretto con Mauro Moretti, che Rossi sostiene di aver chiamato subito dopo la notizia del sequestro, tralasciando il fatto che proprio Moretti è il regista dell'operazione, e che, delle tre società implicate e a cui è pronto a chiedere i danni, ben due sono sotto lo stretto controllo proprio di Mauro Moretti: Italferr e Rfi.

Entrambe le società sono infatti controllate da Ferrovie dello Stato nonostante l'Europa ci chieda di tenere separati i destini di chi gestisce le reti infrastrutturali da quelli di chi si occupa del trasporto. Ma a quanto pare questo ennesimo conflitto di interesse poco interessa. Quello che non torna è che il PD, invece di confermare scelte evidentemente sbagliate da troppi punti di vista, dovrebbe aprire una riflessione al proprio interno sul rapporto con le "grandi opere", che troppo spesso di grande hanno solo i profitti: le differenze rispetto ad altri partiti, se ci sono, vanno praticate, e non solo dichiarate.

Ricordiamo che nell'inchiesta sono chiamati pesantemente in causa Walter Bellomo, della commissione Via del Ministero dell’Ambiente, ex coordinatore della segreteria provinciale Pd di Palermo e prima responsabile regionale ambiente dei Democratici di sinistra; Piero Calandra, membro della Autorità di vigilanza sui contratti pubblici in quota Pd; Maurizio Brioni, dirigente di Coopsette, società già nota ai tempi di Mani Pulite, e marito dell’ex sottosegretario Pd Elena Montecchi. Infine Maria Rita Lorenzetti per 10 anni presidente della Regione Umbria e oggi riciclata alla presidenza di Italferr (gruppo Fs) che sempre per i magistrati fiorentini metteva a «a vantaggio della controparte Nodavia e Coopsette», le proprie conoscenze personali e la propria rete di contatti politici" I membri del Comitato No Tunnel TAV rispondono con sconcerto davanti alle dichiarazioni del sindaco di Firenze Matteo Renzi che rivendica, per l'istituzione di cui è a capo, di aver fatto tutto quanto doveva.

"Pare si cominci ad assistere al solito rimpallo di colpe con dei bambini trovati con le dita sporche di marmellata. Siamo comprensivi e riconosciamo che i nervi sono a fior di pelle, ma sotto gli occhi del Sindaco e della sua amministrazione abbiamo avuto, tra l'altro, traffico di rifiuti e gravi rischi per l'incolumità dei ragazzi di una scuola. Ci stupiscono anche certe dichiarazioni di Renzi: “Di tutte le considerazioni fatte in questi anni dai No Tav non si rintraccia nulla nelle carte dell’inchiesta”.

Non si riesce a capire dove sia vissuto fin'ora il nostro Sindaco, forse troppo impegnato nelle primarie appena passate, ma le denunce di associazioni come Idra, di un paio di consiglieri o anche di questo Comitato paiono non essere esistite. Eppure basterebbe andare nei rispettivi siti per vedere la mole di materiale prodotto. Ricordiamo solo una cosa che è tornata agli onori della cronaca oggi: il fatto che a scavare i tunnel sarebbe stata una sola fresa invece di due. I tecnici che collaborano col Comitato fecero rilevare che non si sarebbe trattato solo di un risparmio per le imprese esecutrici in contrasto con i contratti firmati, ma che l'uso accoppiato di due di queste macchine avrebbe ridotto le subsidenze in superficie, cioè i cedimenti del terreno sul quale è costruita la città; insomma ridurre le due frese ad una sola avrebbe aumentato i rischi per tutto il patrimonio abitativo e monumentale interessato dai lavori.

Queste osservazioni furono portate a conoscenza anche dell'Osservatorio Ambientale - allora esistente - il cui presidente era l'ingegner Giacomo Parenti, strettissimo collaboratore di Renzi e dirigente del Comune".

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