Gli operai della Seves chiamano le Istituzioni

Presidio in via Reginaldo Giuliani per richiamare l'attenzione delle Istituzioni. Del nuovo forno ancora non vi è traccia, il magazzino è quasi esaurito, nessuno spiraglio di ripresa. Incontri nella prossima settimana con Comune, Provincia e Regione

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 maggio 2010 14:13
Gli operai della Seves chiamano le Istituzioni

"Se prima la situazione era solo preoccupante - dicono gli operai riuniti in presidio ai cancelli dell'Azienda fiorentina - adesso è veramente tragica" "Siamo rimasti in circa 40 a lavorare tra uffici e magazzino - spiegano - 135 dei 170 che eravamo sono in Cassa integrazione, altri ancora si sono licenziati. Del forno nessuna notizia - continuano - e se è vero che vorrebbero incontrarci a settembre, se l'idea fosse di ripartire, la realizzazione del forno sarebbe da iniziarsi a breve, subito" "Sono delusi ed arrabbiati - dichiara Mauro Fuso, segretario generale della CGIL fiorentina - ed è comprensibile dopo un anno e mezzo di incontri, tavoli ed informazioni rimaste ferme, senza esito, senza riscontro; facciamo affidamento sulle istituzioni locali affinché procedano facendo pressione sull'Azienda, così da chiarire le dinamiche in gioco e portare a scoprire le carte" "Siamo alle ultime battute - spiega Fabio Bernardini, RSU e segretario generale Ugl - abbiamo due mesi per interrompere questo scempio, Vestar ed Ergon stanno distruggendo una bella realtà fiorentina.

L'Azienda ha sempre cercato di perdere tempo - continua Bernardini - portandoci prima alla Cassa integrazione ordinaria e poi minacciando la Cassa integrazione straordinaria, e chi non riesce a reggere tre mesi senza stipendio, ha dovuto accettare le condizioni poste dall'Azienda. Chiediamo aiuto ai media ed alle Istituzioni locali - conclude - la nostra partita possiamo giocarcela adesso, altrimenti decideranno altri per noi, con la delocalizzazione che non corrisponde ad una produzione di qualità ma solo a numeri, e noi non siamo numeri" Il core business del Gruppo Seves è la produzione e commercializzazione di isolatori in vetro o in composito rigidi o sospesi per linee di trasmissione di elettricità a media, alta e altissima tensione.

Il secondo business del Gruppo Seves in ordine di importanza è la produzione e commercializzazione di mattoni in vetro. Può ritenersi che questo sia parte del mercato dei materiali per l’edilizia anche a scopo decorativo. Una parte residuale del fatturato del Gruppo Seves deriva dalla produzione e commercializzazione di vetri per illuminazione e vetri speciali. Attualmente le attenzioni della RSU sono indirizzate verso le due società: Ergon Capital Partners S.A. (Ergon), una società anonima di diritto belga con sede a Bruxelles, e Vestar Capital Partners (Vestar), una società finanziaria con sede a New York.

Colossi che si occupano di partecipare al capitale sociale di società ad alto potenziale di crescita, di ricapitalizzazione e sviluppo investimenti. Letto in questi termini sembrerebbe la manna dal cielo, l'essere in mani sicure con un'azienda dalla produzione di alta qualità e dalle rosee prospettive. Ascoltando gli operai invece apprendiamo che: "Di mattoni non se ne vendono, con giugno smetteremo anche la minima produzione, l'ufficio commerciale è costituito da un solo dipendente, idem dicasi per il marketing aziendale, e così non si può rilanciare una realtà economico-produttiva come Seves" Allora quali le reali intenzioni della proprietà? "Abbiamo fatto diversi incontri - raccontano i rappresentanti interni dello stabilimento - e siamo arrivati al punto di trovarci davanti due figuranti dell'amministrazione di Seves che per ogni risposta da dare dovevano prima fare una telefonata per sapere cosa dovevano dire" "Parole, parole - interviene un operaio - soltanto parole, c'era anche la famosa canzone, noi non ne possiamo più, parliamo del nostro futuro, delle nostre famiglie, vogliamo sapere cosa ne sarà di tutto questo, dell'insediamento in generale" "Lunedì incontreremo nuovamente il sindaco - fanno sapere dall'RSU - giovedì andremo in Provincia e successivamente in Regione, ma ci aspettiamo anche un forte intervento della politica, dei partiti, che fino ad ora hanno espresso solidarietà e adesso auspichiamo una presa di posizione netta" "Io sono un caso limite - ci racconta un operaio - prendo 800 euro al mese, sono uno dei pochi rimasti in ditta e devo mantenere una famiglia ed ho una figlia all'università, ma ci sono ragazzi, colleghi che si sono licenziati e quando se ne vanno, a sentire i commenti dell'azienda, par che si siano levati un peso di dosso, noi non siamo un peso, non vogliamo esserlo, chiediamo di continuare a lavorare, professionalmente e con un metodo che ha reso florida la nostra ditta fiorentina" di Antonio Lenoci in foto: operai della Seves stamani in presidio

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