Facciamo come a Venezia?

Un confronto su problemi è buone pratiche tra le due capitali dell'arte italiana, soverchiate dall'impatto del turismo di massa. Forse Firenze potrebbe imparare qualcosa dall'esperienza in laguna?

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
09 maggio 2010 22:04
Facciamo come a Venezia?

Nelle settimane scorse si è molto parlato della scelta del nuovo presidente della Giunta regionale toscana, Enrico Rossi, di affidare la delega all’urbanistica ad Anna Marson, docente universitaria indicata dall’Idv. L'urbanista abita a Montespertoli, ma è professoressa associata all’Università IUAV di Venezia. Nata a Treviso, ha prestato servizio anche in istituti di ricerca stranieri quali Amsterdam e Berlino e dieci anni fa è già stata assessore all’urbanistica della Provincia di Venezia.

Successivamente ha svolto consulenze scientifiche con la Regione Puglia, la Lombardia, e altri enti pubblici. Questa scelta “straniera” rispetto alle tradizionali logiche locali è sembrata alludere all'adozione di un “modello Venezia” per la gestione del territorio toscano. La città della laguna viene spesso associata ai destini fiorentini, per molti fattori legati all'economia del turismo. Come anche Roma queste due centri della cultura italiana sopportano onori e oneri della pressione di massa rappresentata da milioni di visitatori che ogni anno vogliono godere dei nostri tesori artistici.

Un flusso che significa risorse economiche, ma a prezzo del consumo progressivo del patrimonio monumentale e ambientale, che mette a rischio la salvaguardia della secolare ricchezza italiana. I luoghi comuni del turismo di massa rischiano però di offuscare le differenze che nelle gestioni urbane si manifestano tra Venezia, Firenze, Roma, o Napoli. L'ex repubblica marinara ci pare mostrare qualità che da noi potrebbero essere prese a modello. Ne indichiamo almeno tre. La gestione dei servizi di trasporto pubblico è sicuramente più efficiente tra i canali della Laguna, che non per le strade di Firenze.

Sembra incredibile, ma i vaporetti assicurano ai veneziani una mobilità efficiente, sia in termini di orari, che di destinazioni raggiunte, e ad un prezzo accettabile, almeno per i residenti. Ma se lo scaricare il costo del servizio sui turisti garantisce una migliore fruibilità urbana e una riduzione dell'inquidamento, ben vengano i prezzi alti per i visistatori. Anche nella raccolta e smaltimento dei rifiuti Venezia può mostrarci qualcosa. A Firenze si dice che la struttura medievale del centro storico impedisca di fatto la racolta differenziata e il servizio di ritiro porta a porta.

Ma allora come mai la ex municipalizzata veneziana, la Veritas, riesce ad assicurare ai residenti in laguna una raccolta differenziata porta a porta, nonostante i canali e l'intrico di strette calli? Ultimo tema, ma altrettanto importante degli altri, la capacità attrattiva di investimenti culturali dall'estero. Tutti sanno quanto possano contare gli aiuti stranieri nella conservazione e valorizzazione del nostro patrimonio collettivo. Bene, Venezia pare più attrattiva sia in termini finanziari che di contributo di artisti e operatori culturali attivi e soggiornanti in città.

Un esempio la recente si-apertura della Punta della Dogana con il contributo della François Pinault Foundation. Tra l'altro grazie all'impegnativo resturo delle strutture più significative della città, l'architetto Tadao Ando è riuscito a stabilire a Punta della Dogana un dialogo tra vecchi e nuovi elementi urbani, garntendo un legame tra la storia antica dell'edificio e il suo futuro [nella foto di Miriam Curatolo una delle opere presentate nella prima esposizione, Mapping the Studio]. Mentre a Firenze per il complesso dell'ex-manicomio di San Salvi sembra non ci siano alternative fra il degrado e l'abbandono da una parte e la svendita e la privatizzazione dall'altra, sull'isola di San Servolo, sede fino al 1978 del manicomio, il Comune di Venezia ha progettato la preservazione: alla sua chiusura si decise infatti non solo di tramandare la memoria storica del luogo, ma anche di recuperare i complessi architettonici e conservare l'isola preservandola dall'abbandono ma anche dalla speculazione, mantendendone la proprietà pubblica e riconsegnandola alla comunità cittadina.

Effettuato il restauro conservativo, oggi l'isola ospita un museo ed è sede di studio, di ricerca e di iniziative culturali, il suo grande parco è aperto alla cittadinanza ed è diventata un fiore all'occhiello per la provincia di Venezia come punto di interscambio e dialogo fra culture. Un complesso di straordinario valore che in tutta la sua ricchezza e potenzialità è stato restituito alla città come parte della città stessa col suo valore storico, architettonico, ambientale, culturale e sociale. Nel confronto tra Venezia e Firenze sarebbe lungo e discutibile stabilire con certezza le ragioni di questi punti a favore della ex repubblica marinara.

Una cosa non è difficile rilevare, senza andare a ritroso sino al Risorgimento, o all'Impero Austroungarico. Negli ultimi decenni l'investimento politico delle due comunità è stato differente. Venezia ha presentato nell'agone amministrativo esponenti rilevanti della società civile, pensiamo alla sinistra veneziana del sindaco-filososo Massimo Cacciari, del sociologo-prosindaco Gianfranco Bettin e dell'ex magistrato Felice Casson, alla destra lagunare con la recentissima candidatura alle amministrative del professore-ministro Renato Brunetta.

Nello stesso periodo Firenze in politica si è fatta rappresentare, a livello locale come nazionale, per lo più da politici di professione di non eccelsa levatura e, specie di recente, l'Italia ha sentito parlare della nostra città per le inchieste giudiziarie dedicate alla corruzione politica, piuttosto che per i traguardi amministrativi raggiunti. Quando la caratura degli pubblici amministratori viene giudicata nelle aule dei tribunali è difficile che la qualità della vita della loro città sia elevata. di Nicola Novelli

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