La sentenza di Milano mette a rischio la libertà di espressione

Tre dirigenti sono stati condannati a sei mesi di reclusione per violazione della privacy in relazione al filmato che riprende le angherie inflitte da compagni di classe a un ragazzo down, caricato sul motore di ricerca nel 2006.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
24 febbraio 2010 16:09
La sentenza di Milano mette a rischio la libertà di espressione

Tre dirigenti di Google sono stati condannati a sei mesi di reclusione per violazione della privacy in relazione al filmato che riprende le angherie inflitte da compagni di classe a un ragazzo down, caricato sul motore di ricerca nel 2006. "Questa sentenza - si legge in un comunicato stampa dell'Aduc -, se fosse confermata nei gradi successivi, potrebbe mettere a rischio tutti i siti che in Italia ospitano contenuti creati dagli utenti, dai social network ai blog, dai motori di ricerca ai forum.

Questi siti potrebbero dover applicare forti censure preventive o addirittura andarsene dall'Italia, con grave danno per la libertà di espressione". "Invece di punire gli eventuali responsabili che hanno aggredito la vittima, l'hanno filmata e poi hanno caricato le immagini online, si va a colpire chi offre strumenti di comunicazione e espressione a miliardi di utenti, sotto la pretesa di un mancato, quanto tecnicamente impossibile, controllo preventivo. Un po' come punire i dirigenti di una casa produttrice di automobili perché qualche imbecille guida ubriaco" continua l'Aduc. "Aspettiamo le motivazioni, ma ci è chiaro, anche da nostre simili esperienze con i nostri forum, che parte della magistratura fatica a comprendere Internet, ancorata ad un codice penale del 1930 a scapito di quei principi costituzionali che sanciscono la libertà di espressione e la natura personale della responsabilità penale" conclude Pietro Yates Moretti, vicepresidente Aduc.

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