Al Cinema Vacci Tu - Motel Woodstock

Raccontare l’epopea dei tre giorni di “pace e musica” più famosi del pianeta, parlare di Woodstock senza mai mostrare neppure uno dei suoi interpreti musicali, che invece si sentono appena in lontananza.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
18 ottobre 2009 13:28
Al Cinema Vacci Tu - Motel Woodstock

Raccontare l’epopea dei tre giorni di “pace e musica” più famosi del pianeta, parlare di Woodstock senza mai mostrare neppure uno dei suoi interpreti musicali, che invece si sentono appena in lontana ; agli occhi dello spettatore il concerto è precluso come ai tanti che si accalcarono su quelle colline, distanti dall’epicentro del mito, ma ugualmente partecipi di un evento che segnò forse la fine dell’innocenza americana. Questa la sfida, portata a casa , del taiwanese Ang Lee. Bel tipo, il Lee.

Si laurea in Illinois e sposa Jane Lee e gli Stati Uniti, che di fatto diverranno la sua terra d’adozione. Per un po’ studia sul campo da assistente dell’omonimo Spike, poi si lancia verso il successo con Banchetto di Nozze, Mangiare Bere Uomo Donna e Ragione e Sentimento, da Jane Austen. Dopo questa incetta di premi e candidature agli Academy Awards, non pago, arriva infine l’Oscar con quello che è il suo film più famoso, La Tigre e Il Dragone, che lo vede ricollegarsi alle sue origini per tematiche e ambientazioni.

Il resto è noto e recente : Brokeback Mountains, altro Oscar, e Lussuria, altro Leone d’Oro. Ma aldilà dei premi vinti, il trait d’union di tutti i film di Ang Lee si ravvisa nell’esaminare, sempre, dal di dentro, il forte contrasto sociale, familiare, etnico razziale, sessuale in cui i protagonisti dei suoi film sono calati. Non fa eccezione l’Elliott Teichberg di questo Motel Woodstock, che per salvare la catapecchia gestita dai suoi anziani genitori, rinuncia alle sue aspirazioni giovanili e alla sua battaglia per il riconoscimento dei diritti degli omosessuali; colto da un’idea folle, alza il telefono per offrire il suo motel come base per le operazioni per un megaconcerto che la città vicina ha rifiutato.

Non sa, il Teichberg, che sarà l’evento epocale che segnerà la fine di un’epoca e la nascita di una leggenda : Woodstock , appunto. Nel film si fonde quindi la storia personale di Elliott, (i suoi rapporti con due genitori al limite della follia- gli anziani Jake e Sonia - , la sua voglia di emancipazione , di libertà sessuale e di vivere la vita come responsabile di sé stesso ) con quella sociale del piccolo borgo, Catskill, che di lì a poco avrebbe ospitato una miriade di hippie capelloni.

Le ovvie chiusure degli abitanti del piccolo borgo generano rabbia e ilarità al contempo, in uno scontro generazionale e culturale che racchiude la natura dicotomica di tutto il racconto di Lee. I genitori, complice una buona dose di tortine all’hashish, si rivelano più “liberi” e liberali di quanto mai Elliott avrebbe potuto pensare ; e Michael Lang, l’organizzatore fricchettone descritto quasi come un angelo hippie, in realtà fa parte del business, che cova dietro l’angolo della facciata della leggenda.

Lo stesso Lang risponde ad Elliott, a concerto finito, quando questi gli chiede, filosoficamente, e ora ? : “ora ci litigheremo tutti per i soldi e ci faremo causa a vicenda. Ma che importa ? Quel che è fatto è fatto. “ L’ombra della fine di un’era, della fine dell’innocenza di un’intera nazione fa capolino nel finale del film. Le utopie americane già minate dal Vietnam si sarebbero poi sgretolate via via fino ai giorni nostri , ma questa è un’altra storia, e altri film.

Fra gli attori simpatico cameo di Liev Schreiber nei panni di un ex marines , ora precursore del travestitismo, e grandissima la britannica Imelda Staunton, attrice shakesperiana e quindi anche di Branagh, nei panni della madre tirannica e ossessionata dall’antisemitismo del protagonista. Commovente Henry Goodman , poco conosciuto attore inglese che invece interpreta Jake, il padre di Elliott. Piccola parte per Emile Hirsch, il protagonista di “Into the Wild”. Marco Cei

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