Al Cinema Vacci Tu - Come Dio Comanda, Salvatores e la provincia assassina

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
20 dicembre 2008 21:25
Al Cinema Vacci Tu - Come Dio Comanda, Salvatores e la provincia assassina

Come dio comanda di Gabriele Salvatores. Con Elio Germano, Filippo Timi, Fabio De Luigi, Alvaro Caleca, Angelica Leo, Vasco Mirandola. Drammatico, durata 103 min. - Italia 2008. - 01 Distribution
C’è nel cinema italiano di questi ultimi anni una tendenza, figlia della cronaca, dei fatti di Erba, di Perugia, dei coniugi Romano, a raccontare la periferia come luogo ostile e assassino, dove la disperazione dei protagonisti si intreccia a quella intrinseca della natura di quei luoghi .

Si pensi a La ragazza del Lago di Molaioli e a La giusta distanza di Mazzacurati. E’ una provincia, quella italiana, feroce e spietata, triste e senza speranza di redenzione. O forse no : per questo Salvatores raddoppia la sua collaborazione con Niccolò Ammaniti dopo i fasti di “Io non ho paura” e prende in prestito i personaggi e buona parte della trama di “Come Dio Comanda” per lanciare un messaggio controverso in questo buio momento storico.
Del libro del quarantaduenne autore romano, infatti, (Premio Strega 2007) infatti, Salvatores fa una selezione in primis di personaggi (epurando uno dei quattro protagonisti del tutto) , lo ambienta nel Friuli più ostico che mai si sia visto, e rinuncia all’idea iniziale della rapina al bancomat per incentrare tutta la vicenda sul rapporto padre – figlio dei due Zena. Rino Zena ( il padre) è un precario, alcolizzato, xenofobo e neonazista, che cresce da solo il figlioletto Cristiano , a cui inculca tutto il suo rancore verso la società che fa lavorare gli immigrati a nero e lascia lui senza la minima speranza di migliorare la propria vita.

Zena crede solo nella rivoltella , che fa provare al figlio adolescente, crede nella legge del più forte e nell’autodifesa ; insegna al povero Cristiano “come stare al mondo” , perché il mondo vuole dividerli e sopraffarli. Unico loro amico, e emarginato più di loro, è Quattro Formaggi, un ex operaio menomato da danni cerebrali riportati sul lavoro, che si è auto fabbricato un presepe di soldatini e action- figures e adora alla follia Ramona Superstar, pornodiva televisiva che nel personale “ sancta sanctorum “ del malato di mente lo ricambia di amore passionale - per mezzo di braccia posticce applicate al televisore da cui il matto manda in loop continuo le stesse immagini della donna.


Durante una delle notti più buie e tempestose della storia del cinema italiano ( e la troupe e gli attori hanno veramente lavorato sotto la pioggia, nel fango e al freddo maligno del Nord Est italico ) Quattro Formaggi uccide senza volerlo Fabiana, compagna di scuola di Cristiano che ha la sola colpa di assomigliare molto all’oggetto del desiderio morboso del matto. Rino Zena si precipita ad aiutarlo, ma nel tentativo di prendersi la colpa dell’accaduto, finisce in coma. E ‘ allora Cristiano , che pensa veramente che il padre sia colpevole dell’omicidio, a dover rimediare, occultando il cadavere della ragazza e sfuggendo come può alle mire dell’assistente sociale buonista e moralista che tenta di prendersi cura di lui durante la malattia del padre.

Ma la verità viene a galla con il corpo di Fabiana – abbandonato nel fiume da Zena Junior - Quattro Formaggi non la sostiene e si uccide, Rino Zena esce dal coma e Cristiano può finalmente riabbracciarlo con il loro deviato, furente, morboso amore.
Una colonna sonora sin troppo presente e ridondante ci guida durante la notte orrorifica in cui Fabiana viene uccisa , e il finale risulta un po’ sconcertante ; come se alla fine mancasse un vero messaggio, una vera redenzione ; ma in questo, anche Ammaniti, nel libro, cadeva.

Rimane un buon film, ostico e per niente ruffiano ( del resto il coraggio di Salvatores nelle scelte filmiche è indubbio, parlando di cinema italiano ) , ma con la sensazione di vederlo attraverso uno sguardo un po’ freddino, mentale, senza reale coinvolgimento emotivo.
Fra gli attori, per una volta, Elio Germano (Quattro Formaggi ) non spicca sopra gli altri, anzi, risulta forse un po’ manieristico : sia monito, per il bravo Elio, la sovraesposizione mediatica che ha rischiato di distruggere a suo tempo Accorsi e ben prima ancora Mastandrea ( il più intelligente di tutti ad allungarsi la carriera) , cominciando a selezionare un po’ di più le sue presenze sul grande schermo.

Bello il volto di Alvaro Caleca, il debuttante scelto per interpretare il giovane Cristiano , e meraviglioso Fabio De Luigi, che per una volta lavora per soddisfazione e non solo per soldi, regalandoci un assistente sociale sgradevole, inopportuno, impotente e incapace di capire il verso senso del suo lavoro.
Ma questo film soprattutto lancia a gran voce la figura del perugino Filippo Timi, faccia da Jean Reno nostrano, voce roca e calda, che restituisce bene le spigolosità e la disperazione di Rino Zena.

Già visto anche in Saturno Contro di Ozpetek e nel lezioso Signorina Effe, Timi, che è pure autore e scrittore, è uno di quei nomi che ci abitueremo a vedere spesso nelle locandine di film italiani.
Marco Cei

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