Fotografia: a Firenze la mostra Paesaggi Italiani di George Tatge

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
11 luglio 2008 13:58
Fotografia: a Firenze la mostra <I>Paesaggi Italiani</I> di George Tatge

Immagini dell’Italia, dall’Alto Adige alla Sicilia, di una terra satura di rimandi mitologici, storici e religiosi. Non immagini che documentano, ma immagini usate come metafore, come pagine di un libro di poesie che raccontano, una per una, storie, frammenti, sensazioni, nel rigore del bianco e nero. Immagini che non proclamano verità, ma che pongono quesiti sull’uomo e sulla sua Presenza su questa terra.
Nella foto Cipressi con staccionata, 1994
Presenze. Paesaggi italiani è appunto il titolo dell’affascinante (e per certi aspetti filosoficamente inquietante) mostra di George Tatge, uno dei più rinomati e apprezzati fotografi italiani, che Villa Bardini ospita dal 15 luglio al 28 settembre, per la produzione di Ente Cassa di Risparmio di Firenze e la curatela di Walter Guadagnini.

E’ un nuovo contributo che Ente Cassa e Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron propongono nel contesto di un programma di iniziative che hanno per scopo la valorizzazione del paesaggio e del rapporto tra uomo e natura. “Non si tratta di un esercizio di presunzione”, spiega il presidente Edoardo Speranza, “bensì di un’assunzione di responsabilità, di un sentimento profondo che scaturisce da una radicata cultura ambientale”. Nato a Istanbul, educato negli Stati Uniti, prima giornalista e poi fotografo, Tatge si è stabilito ormai da due decenni a Firenze, dove ha lavorato a lungo come direttore della fotografia della Fratelli Alinari.

Ha pubblicato libri, partecipato a una infinità di mostre ed è dunque una star indiscussa dell’obiettivo, oggetto di attento collezionismo internazionale. In questa nuova esposizione presenta un album di 66 scatti quasi tutti inediti, che arricchiscono una serie dedicata al paesaggio, alla quale Tatge lavora da 30 anni, facendone tema di tale primaria importanza da trasformarlo, nell’arco della carriera, in paesaggio interiore. Nella circostanza esamina essenzialmente il modo con cui l’uomo si è fin qui misurato con la terra.

E’ un racconto in tre sezioni che inizia dalla preistoria e approda ai residui della società post industriale, ossia ai giorni nostri. La prima è la sezione dei paesaggi incontaminati. Fiumi, boschi, montagne quasi verginali. Una natura che Tatge vede con rispetto e devozione in virtù della sua solidità, della sua Presenza intesa come sinonimo di forza e dignità. La seconda sezione esplora invece i modi in cui l’uomo, con le sue colture e i suoi vari insediamenti, la terra l’ha bene o male trasformata e fatta propria, definendo confini ed erigendo barriere.

Nella terza sezione il paesaggio naturale inizia infine a riempirsi delle molte diverse strutture che l’uomo ha costruito intorno a sé. In una sorta di celebrazione della Land Art, ecco anche immagini che ritraggono le tracce dell’uomo, il suo trovarobato. Ad evitare equivoci, va detto che Presenze non è tanto una mostra di denuncia del degrado ambientale, quanto una specie di poema epico. L'artista ci porta quasi antropologicamente per mano in un viaggio dall’Innocenza all’Esperienza, con lo scopo di esplorare i simboli, le sacre geometrie, gli archetipi visivi, ossia le Presenze che animano il mondo e che caratterizzano il lungo e complesso rapporto di convivenza tra Uomo e Terra.

Tatge ha sempre prediletto una fotografia ricca di simboli ed epifanie, aperta a più strati di interpretazione: ogni immagine deve quindi esser letta a lungo perché se ne possano cogliere i dettagli fino a entrare sotto la pelle di ciò che essi rappresentano. Peraltro, Tatge stampa da sé e questa sua qualità artigiana contribuisce non poco a dare alle immagini la speciale nitidezza dei particolari e la sicura ricchezza dei toni, che invitano a uno sguardo lungo e meditativo. Poco a poco, diventa chiaro come ogni fotografia, oltre a raffigurare un luogo, può diventare il riflesso dell’anima.

Lo specchio, appunto, di un paesaggio interiore. Infine un particolare tecnico che gli appassionati sapranno ben apprezzare: tutte le foto sono state realizzate con una Deardorff, la leggendaria macchina a soffietto capace di produrre negativi di grande formato.

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