Studi sulla plasticità della corteccia cerebrale: ricercatori toscani indicano la strada per terapie riabilitative

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 febbraio 2007 22:49
Studi sulla plasticità della corteccia cerebrale: ricercatori toscani indicano la strada per terapie riabilitative

Firenze, 28 febbraio 2007- Individuato nella corteccia cerebrale negli animali in via di sviluppo uno dei principali meccanismi molecolari che rendono il cervello plastico, cioè capace di modificarsi in base agli stimoli. Tale meccanismo nel cervello dell’individuo adulto funziona poco, ma se viene riattivato il cervello ritrova plasticità. Una ricerca appena pubblicata, condotta da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Firenze, della Scuola Normale di Pisa e dell'Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa, porta a conclusioni di grande interesse, per la possibilità di rendere più efficaci le terapie riabilitative e facilitare il recupero di funzioni cerebrali.
Lo studio viene pubblicato domani sulla rivista scientifica Neuron (Elena Putignano, Giuseppina Lonetti, Laura Cancedda, Gianmichele M.

Ratto, Mario Costa, Lamberto Maffei e Tommaso Pizzorusso Developmental Downregulation of Histone Posttranslational Modifications Regulates Visual Cortical Plasticity, 1 marzo 2007).
“Abbiamo identificato un meccanismo molecolare attraverso cui la plasticità potrebbe avvenire nel cervello in sviluppo – spiega Tommaso Pizzorusso, docente di Psicobiologia all’Università di Firenze e coordinatore della ricerca pubblicata - Si è osservato che una breve esperienza visiva è in grado di indurre modificazioni biochimiche, come ad esempio l’acetilazione, di proteine chiamate istoni che legano il DNA, tali da modificare i livelli di trascrizione di specifici geni.

Semplicemente mettendo dei topolini alla luce per pochi minuti si attivano nei neuroni della corteccia visiva dei meccanismi che portano a “leggere” il DNA e quindi a produrre nuove proteine. Queste proteine neoprodotte sarebbero gli strumenti che il neurone usa per modificare le proprie connessioni sinaptiche in modo da modificarsi in funzione della stimolazione ambientale e così mettere in pratica la plasticità neuronale”. Nell’adulto questo meccanismo è meno attivo: è come se nei neuroni adulti l’esperienza riuscisse con maggior difficoltà a lasciare una traccia della stimolazione ambientale a livello della trascrizione dei geni.

Lavorando sull’ipotesi che questa ridotta capacità di trasformare gli stimoli ambientali in risposte biochimiche potesse essere alla base della ridotta plasticità della corteccia adulta, sono stati condotti in laboratorio dei test su topolini adulti. Trattandoli con una sostanza, la tricostatina, che aumenta l’acetilazione degli istoni, si è valutato se la corteccia visiva aumentasse la sua plasticità e i topi adulti trattati si sono mostrati simili agli animali in sviluppo.
“Agendo su processi biochimici che coinvolgono gli istoni e così incrementando la capacità di attivazione della trascrizione dei geni si facilitano nell’individuo adulto i meccanismi di plasticità – sottolinea Pizzorusso - Il meccanismo di cui tratta l’articolo potrebbe essere generale e non limitarsi alla corteccia visiva, e quindi trattamenti che aumentino l’acetilazione degli istoni potrebbero essere utilizzati nelle patologie dove si cerchi un aumento della plasticità sinaptica per favorire l’azione di terapie riabilitative.

Naturalmente è opportuno ricordare che alterazioni del controllo della trascrizione del DNA non sono prive di possibili effetti negativi, occorrerà quindi individuare bene quali strumenti utilizzare per sfruttare al meglio la nuova possibilità”.

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