Centraline per il monitoraggio della qualità dell'aria e linee guida Apat per la loro collocazione

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 aprile 2005 17:23
Centraline per il monitoraggio della qualità dell'aria e linee guida Apat per la loro collocazione

Il monitoraggio della qualità dell’aria è diventato un argomento che catalizza l’attenzione dei media, soprattutto per gli effetti indiretti che causa in termini di limitazione del traffico.
Recentemente alcuni organi di stampa hanno enfatizzato le nuove linee guida predisposte dall’Apat in merito alla collocazione delle centraline che rilevano l’inquinamento atmosferico.
A qualche lettore frettoloso, non addentro alle questioni tecniche, è venuto il dubbio che si intendesse risolvere il problema degli alti livelli di inquinamento non riducendoli, ma cercando di ridurre l’efficacia della loro misurazione.
Per fugare questi dubbi e cercare di capire meglio la situazione abbiamo fatto alcune domande a Daniele Grechi dell'Arpat.

Può per cortesia inquadrarci il problema?
E' ben noto che le concentrazioni ambientali degli inquinanti atmosferici sono soggette a gradienti spaziali e temporali, talvolta molto forti come nel caso dei primari da traffico (CO e benzene in primis).
Ne consegue che la rappresentatività delle misure effettuate in ogni singola centralina può essere molto varia in funzione dell'inquinante misurato e della tipologia di sito in cui è collocata la centralina stessa.
Sinora qual’erano le indicazioni che dovevano essere seguite?
Il DM Ambiente 20 maggio 1991 stabiliva una semplice ma efficace classificazione dei siti di rilevamento e fissava il numero minimo di stazioni da attivare nelle aree urbane in funzione della popolazione residente.
La tipologia di siti era definita in quattro varianti:
tipo A = parco urbano ovvero area lontana da sorgenti (traffico e riscaldamenti) ubicata nel contesto cittadino tipo B = area residenziale ovvero siti a relativa distanza rispetto alle emissioni da traffico
tipo C = siti prossimi ai flussi di traffico
tipo D = zone periferiche o suburbane, fuori dal contesto intensamente urbanizzato e lontano da strade importanti, idonee al rilevamento di inquinanti fotochimici (in particolare ozono).
In pratica, possiamo rappresentare efficacemente i siti di monitoraggio in base alla distanza da intensi flussi di traffico.

Si tratta di centinaia di metri per le stazioni tipo A, di decine di metri per le stazioni di tipo B e di alcuni metri per le stazioni di tipo C.
Queste indicazioni nascevano da due distinti criteri di esecuzione del rilevamento: espositivo o emissivo.
Si adotta il criterio espositivo quando si intende rilevare lo stato della qualità dell'aria "respirata" dal cittadino "medio" che risiede per la maggior parte del tempo in ambienti a distanza da intensi flussi di traffico.
Si adotta il criterio emissivo quando si intende rilevare l'intensità di emissione dalla sorgente "strada", in maniera simile a quanto viene fatto per le grandi emissioni industriali (camini).
La struttura delle reti proposta dal DM, molto opportunamente, comprendeva ambedue i criteri per offrire una informazione più completa ed esauriente.
Qual è la situazione fiorentina?
La stessa norma fissava anche il numero ottimale di centraline da attivare e, contestualmente, la proporzione fra le varie tipologie.
Per un agglomerato urbano di circa 500.000 abitanti come Firenze (compreso la cintura), si indicava una struttura di rete comprendente 1 stazione tipo A, 3 stazioni tipo B, 3 stazioni tipo C e 1 stazione tipo D.
Il nucleo storico della rete di Firenze è nato nell'inverno 1992-93 e la sua struttura ha rispettato fedelmente la normativa tecnica vigente.
Quali sono le novità delineate dalle linee guida Apat?
Negli ultimi anni sono state recepite alcune Direttive europee che, fra i vari aspetti trattati, hanno precisato meglio e ridisegnato il quadro generale del monitoraggio.
Al fine di facilitare la conoscenza e l'interpretazione delle nuove norme nonché assicurarne la necessaria uniformità di applicazione, l'APAT ha recentemente pubblicato il volume "Linee guida per la predisposizione delle reti di monitoraggio della qualità dell'aria in Italia".
Questo documento riporta un compendio delle norme e delle indicazioni tecniche in materia di ubicazione delle centraline e di quantificazione del numero ottimale per una buona rappresentatività delle situazioni ambientali.

In particolare, si riporta la definizione della tipologia dei siti di rilevamento che viene espressa con i termini "urbanofondo" e "urbano-traffico". In pratica, queste denominazioni coincidono con le vecchie classificazioni A-B e C, rispettivamente. Per l'ozono, si individuano, in aggiunta, i tipi di fondo a diversa scala: suburbano (la vecchia D), rurale e remoto in relazione alla distanza da centri urbani o da altre sorgenti di rilievo.
Questo cosa significa in concreto?
E' evidente che non si tratta di una rivoluzione, soprattutto nel caso di reti come quella di Firenze che già vedevano ben rappresentate tutte le tipologie di sito, almeno nel contesto urbano.

Infatti, appaiono ampiamente confermati i criteri già in uso al fine di tutela della salute dell'uomo.
La nuova normativa introduce standard di qualità anche per gli ecosistemi e le vegetazione. Di conseguenza, si prevedono stazioni di rilevamento da ubicare in siti fuori dei contesti antropizzati.
Per quanto riguarda la quantità di stazioni da attivare, si danno indicazioni da intendersi come "minime" e suscettibili di integrazione quando si operi in contesti complessi sul piano orografico.
E' proprio il caso di Firenze e provincia in cui sono presenti ampie zone di pianura, di collina e di montagna.

Peraltro, non è trascurabile il fatto che appare opportuno, se non addirittura necessario, mantenere un'apparente sovrabbondanza di stazioni in siti analoghi per tipologia, al fine di garantire una maggiore continuità e rappresentatività del trend storico. Sono esperienze comuni e frequenti che si verifichino drastici danni ai sistemi analitici o alle centraline, tanto da comportare la sospensione del rilevamento per periodi anche molto lunghi (un anno e più). In altri casi, modifiche alla circolazione stradale, apertura cantieri di grandi opere, ecc., comportano variazioni significative del quadro emissivo locale e di conseguenza della rappresentatività delle misure.

Solo la disponibilità di più stazioni analoghe consente di mantenere un sufficiente ed efficace livello di monitoraggio.
Quali interventi pensate di dover realizzare a Firenze?
Per tenere conto di tutto ciò, la rete della provincia di Firenze potrà subire ridimensionamenti con la soppressione di due o tre centraline nel territorio comunale del capoluogo ma certamente non si tratterà di drastiche variazioni.
Non ultimo, si deve essere consapevoli che la presenza dei confini amministrativi (comunali) in un agglomerato metropolitano omogeneo (Firenze e comuni limitrofi), porta necessariamente a mantenere attive stazioni che coprano l'intero territorio.

Infatti, difficilmente l'autorità competente (implicitamente il Sindaco) è in grado di gestire la problematica (leggi: provvedimenti) senza un riscontro diretto di valori misurati sul proprio territorio.
Che rapporto c’è fra i dati forniti dalle centraline ed i provvedimenti di limitazione del traffico?
Ai fini della valutazione della qualità dell'aria, nessuna norma precisa dettagliatamente se e come combinare i dati rilevati nelle diverse stazioni di misura.
Il processo logico è racchiuso nello schema: misure in campo, dati, informazioni, valutazioni.
Il passaggio dai dati alle informazioni e ancor più quello dalle informazioni alle valutazioni, richiede l'opera dell'esperto e non può essere demandato a nessun processo automatico.
Il criterio di base è che la valutazione ai fini della tutela della popolazione deve essere effettuata, in primo luogo, sulla base dei dati e delle informazioni desunti della stazioni di fondo urbano, che meglio approssimano gli effettivi livelli di esposizione del cittadino "medio".
I dati desunti dalle stazioni "traffico" sono più utili a valutare il trend delle emissioni inquinanti, ad esempio in funzione del rinnovo tecnologico del parco o del miglioramento della qualità dei combustibili.
In sintesi, le Linee guida sulla predisposizione e la ristrutturazione delle reti costituiscono una utile indicazione ai fini della rivisitazione dei sistemi esistenti ma la loro applicazione non comporterà particolari stravolgimenti né sul piano dei sistemi già presenti sul territorio né, tanto meno, sulle modalità di valutazione che da sempre hanno tenuto conto della differenziazione fra i siti residenziali e quelli esposti alle emissioni dirette e ravvicinate da sorgenti quali il traffico.

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