Il testo dello Statuto approvato ieri in prima lettura
Il Consiglio toscano ha iniziato la discussione sulla nuova legge elettorale regionale

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
07 maggio 2004 17:45
Il testo dello Statuto approvato ieri in prima lettura<BR>Il Consiglio toscano ha iniziato la discussione sulla nuova legge elettorale regionale

FIRENZE, 7 maggio 2004 – Il presidente del Consiglio regionale, Riccardo Nencini ed il Presidente della Commissione speciale per lo Statuto, Piero Pizzi hanno illustrato alla stampa, a cui è stato anche consegnato ufficialmente il testo definitivo, i tratti salienti dello Statuto toscano, approvato ieri dall’assemblea regionale a larga maggioranza. La Toscana si è posta nel gruppo di testa e prima tra le Regioni del Centro-nord – ha rilevato Nencini – tra le Regioni (le altre sono Puglia, Abruzzo ed Umbria) che hanno provveduto a rinnovare la propria carta fondamentale, dopo la vicenda della Calabria che ha visto lo statuto respinto dalla Corte costituzionale.

Ma più importanti della tempistica, per Nencini, sono l’ampiezza dei consensi e la qualità del lavoro svolto. “I voti favorevoli sono stati 41 –ha rilevato il Presidente- non solo nella votazione finale, ma anche su parti importanti e delicate dell’articolato; dubito che in Italia si registreranno altre maggioranze così ampie”. A proposito dei contenuti dello Statuto, Nencini ha sottolineato l’architettura innovativa del titolo I, ed in particolare l’inserimento dei diritti di ‘terza generazione’ e l’ampliamento delle forme di partecipazione.

“Si accresce il ruolo del Consiglio delle Autonomie locali – ha rilevato – e ad esso si aggiunge la conferenza permanente delle autonome sociali, che ha anche il compito di verificare gli esiti delle politiche regionali. Inoltre è ampliata la possibilità dei cittadini di ricorrere alle varie forme di referendum”. Nencini ha concluso ricordando il riconoscimento e la valorizzazione del ruolo del volontariato, della cooperazione e del principio di sussidiarietà a cui si aggiunge –una novità rispetto allo Statuto vigente – il riconoscimento del valore dell’impresa in sé, e non solo per il suo ruolo sociale.

“Il Patto istituzionale è stato rispettato – ha affermato il Presidente della Commissione Statuto, Piero Pizzi -. Il clima positivo che si è mantenuto ha consentito di riconoscere il prevalente interesse del funzionamento delle istituzioni, senza annullare le differenze culturali che pure si sono registrate su vari aspetti dello Statuto. Alla conferenza stampa hanno presenziato anche i Vicepresidenti del Consiglio regionale, Enrico Cecchetti e Leopoldo Provenzali, e alcuni consiglieri regionali.



Il Consiglio toscano ha iniziato la discussione sulla nuova legge elettorale regionale
E’ così scattato in anticipo rispetto a quanto era stato preventivato il dibattito sulla nuova normativa. Le novità più caratterizzanti fra quelle previste sono il passaggio dagli attuali 50 a 65 consiglieri e l’abolizione del voto di preferenza. La selezione dei candidati avverrà attraverso l’introduzione delle primarie facoltative. Ad illustrare in Aula il testo è stato il capogruppo di Alleanza nazionale, Maurizio Bianconi, che per due anni ha guidato la sottocommissione elettorale nell’ambito della commissione speciale per lo Statuto.

Bianconi ha ricordato come “questa legge è il risultato dei due anni di lavoro della sottocommissione elettorale e della successiva discussione in commissione Statuto”. La nuova normativa elettorale si basa su cinque punti fondamentali che Bianconi ha elencato all’inizio del suo intervento e ribadito alla fine: “Proporzionalità, stabilità, territorialità, differenza di genere e candidature regionali”. Si tratta di punti che riassumono cinque assunti che Bianconi ha definito “elementi individuati da tutti, compreso da coloro ai quali questa legge non piace”.

Bianconi è quindi entrato nel merito: “La proporzionalità altro non è che la volontà di garantire la rappresentanza proporzionale. Offrire la possibilità di governare con una certa sicurezza a chi vince la competizione elettorale non deve penalizzare eccessivamente il rapporto fra risultato del voto e rappresentanza consiliare. Al contempo abbiamo inserito dei limiti anche verso il basso. Una lista, per avere propri rappresentanti eletti, deve raggiungere almeno l’1,5 per cento dei voti nell’ambito di una coalizione.

Se una lista corre al di fuori di una coalizione, invece, questo limite viene innalzato al 4 per cento. Ciò ha un senso perché da una parte tende ad incentivare il sistema delle coalizioni e dall’altro a garantire la stabilità di governo. Il premio di stabilità è fissato al 55 per cento per le coalizioni che vincono con una percentuale entro il 45 per cento e al 60 per cento per le coalizioni che vincono con percentuali superiori al 45 per cento. Un altro limite lo abbiamo inserito verso il basso per le coalizioni perdenti, del 35 per cento, e verso l’alto per le coalizioni vincenti, del 65 per cento.

Questo lo abbiamo deciso affinché non ci siano né maggioranze troppo forti né minoranze troppo schiacciate. Occorre infatti che chi vince le elezioni abbia la certezza della possibilità di governo, ma quel che noi abbiamo ideato è un premio di stabilità, non un premio di maggioranza”. E ancora: “Un altro pregio di questa legge è quello di garantire una più equa rappresentanza territoriale. In questo senso va vista la decisione di avere aumentato da 50 a 65 il numero dei consiglieri regionali.

In questo modo, anche attraverso un meccanismo che abbiamo individuato, anche le province che con la vecchia normativa erano effettivamente svantaggiate, come quella di Massa Carrara, avranno la certezza di essere rappresentate in Consiglio regionale”. Sugli ultimi due capisaldi su cui si basa la nuova legge elettorale, infine, Bianconi ha detto: “Avevamo necessità che venisse garantita la pari dignità fra i generi maschile e femminile ed anche questo aspetto è assicurato dalla nuova legge toscana perché abbiamo previsto norme incentivanti della partecipazione femminile sia nel capolistato facoltativo, vale a dire che se si sceglie di avere due capolista invece di uno almeno una deve essere donna, sia nelle liste circoscrizionali dove abbiamo definito una rappresentanza di almeno un terzo.

E per quel che riguarda la rappresentanza elettorale, o candidature, abbiamo innovato fortemente il sistema prevedendo l’abolizione del listino. Col listino si poteva pensare anche di espungere il simbolo della coalizione. Invece, in commissione, è stato deciso per il presidente, ancorché senza listino, di mantenere il simbolo. In questo senso l’aver abolito il listino risponde ad una logica, ovvero essere in linea con l’idea che la Giunta è formata da assessori tutti esterni, come in effetti sarà, perché chiaramente nel listino figuravano gli uomini del presidente o comunque coloro che, nella massima parte dei casi, erano destinati ad entrare in Giunta.

In quest’ottica abbiamo deciso di mantenere il voto disgiunto”. Bianconi ha concluso il suo intervento affermando che questa legge “rappresenta il miglioramento della legge esistente” e ringraziando tutti coloro, strutture tecniche e rappresentanze istituzionali, che hanno collaborato alla stesura del testo di legge in discussione. Un ringraziamento particolare Bianconi lo ha voluto porgere al professor Alessandro Chiaramonte da lui definito “un buon esempio di quello che dovrebbe essere la conoscenza accademica” perché “non sempre è facile trovare un accademico così attento alla risoluzione delle questioni pratiche”.
E’ ripreso questa mattina in Consiglio regionale il dibattito sulla nuova legge elettorale, dopo che ieri sera è stata fatta la relazione del presidente della sottocommissione elettorale e sono stati effettuati i primi interventi.

Breve l’intervento di Luciano Ghelli, il quale ha annunciato che il suo gruppo voterà questa proposta di legge elettorale “anche se non siamo d’accordo sull’aumento dei consiglieri”. Sulle preferenze, secondo Ghelli, “era giusto continuare la discussione, anche se siamo favorevoli all’abolizione”. Nel complesso, tuttavia, per il consigliere “la legge garantisce stabilità e governabilità”. Annunciato un emendamento per ridurre la prefissata soglia del 4%. Alberto Monaci ha spiegato che, tramontata l’ipotesi che la Margherita presentasse la sua proposta di legge in aula oggi come proposta secondaria, il gruppo l’ha riproposta nella sua interezza sotto forma di emendamenti.

“La legge da noi predisposta – ha detto Monaci - teneva conto del fatto che è necessario rimodulare i meccanismi in una situazione in piena evoluzione, dopo che negli ultimi anni è stato introdotto un correttivo al proporzionale puro. Quindi abbiamo elaborato un articolato che prevede anche il mantenimento delle preferenze; ma la nostra non è una battaglia sulle preferenze, bensì per l’affermazione di una proposta organica e articolata che risponde alla necessità di stabilità di governo e di rappresentanza di tutte le componenti politiche nel ruolo istituzionale”.

Un maggiore e necessario apporto alla politica delle donne e dei giovani deve essere fornito, secondo Monaci, “in condizioni di spontaneità; altrimenti ci sarà una spontaneità diversa, che prenderà come controparte le istituzioni”. Nella proposta della Margherita si ipotizzano i collegi uninominali utilizzati per le elezioni al Parlamento “come risposta al consolidamento del bicameralismo e alla rappresentanza del territorio” e si stabilisce che i rimanenti seggi vengano attribuiti ricorrendo alle circoscrizioni provinciali “come risposta alle esigenze di rappresentanza più immediata di ogni forza politica”.

Vengono inoltre mantenute le preferenze. “Noi non abbiamo granitiche certezze: Forza Italia ha affrontato la questione della nuova legge elettorale con spirito socratico, ritenendo che a livello elettorale non c’è un modello valido in senso assoluto, ma che i meccanismi vanno modificati quando si rivelano inadeguati”. Questo il commento di Maurizio Dinelli. Anche per quanto riguarda le preferenze, pur ritenendo di abolirle per non favorire le lobbies che utilizzano la frammentazione per prosperare, Forza Italia non ha “certezze inamovibili, a differenza di chi sembra imputare ormai alle preferenze tutti i mali della prima Repubblica”.

“Rivendicavamo una rappresentanza provinciale – ha concluso Dinelli – e questa legge elettorale la garantisce. Volevamo il riconoscimento del bipolarismo e la legge lo opera. Così come viene garantita la governabilità e la rappresentanza delle opposizioni, e la possibilità di presenza in Consiglio regionale a certe province attraverso il meccanismo del capolista. Insomma, questa legge rappresenta un buon compromesso”. Secondo Pieraldo Ciucchi l’attuale proposta di legge elettorale è di sostanziale mantenimento della legge vigente, “con alcuni aggiustamenti apprezzabili, come l’intuizione del capolista”.

Le novità vere sono rappresentate dall’elezione diretta del presidente della Giunta, dall’abolizione del voto di preferenza e dal numero maggiore di consiglieri, ma nel complesso non si arriva a una novità di sistema. Ciucchi ha osservato che “una riforma del sistema passa attraverso una riforma della politica e da un forte rilancio del ruolo dei partiti. Altrimenti non ce la faremo ad affermare lo schema bipolare in maniera compiuta. Non dobbiamo fermarci all’eliminazione del voto di preferenza, ma dobbiamo andare oltre per incrementare la partecipazione, mettendo in campo una legge sulle primarie”.


“Il rischio reale per il nostro sistema politico è la plutocrazia, cioè la democrazia del denaro, in cui chi ha più soldi ed è in grado di portare più preferenze vince”. E’ sulla base di questa valutazione, per Fabio Roggiolani, capogruppo dei Verdi, che si può accettare l’abolizione delle preferenze, come “sperimentazione” che cerchi di puntare sulla partecipazione dei cittadini all’interno dei partiti. Un’altra possibilità, secondo il consigliere, sarebbe stata quella di mantenere le preferenze e limitare drasticamente le spese elettorali con un serio sistema di controllo.

Ma le preferenze, per Roggiolani, hanno anche un altro difetto, quello di legare troppo gli eletti ai luoghi in cui sono stati eletti, con questo rendendo prioritaria la difesa degli interessi di territori spesso particolari e circoscritti: è giusto invece che il contesto di riferimento per un consigliere regionale sia l’intera regione. Dal momento che si è scelto di sperimentare l’abolizione delle preferenze, secondo il consigliere, bisogna favorire e valorizzare la partecipazione dei cittadini, la “politica del prendere parte”, e allo stesso tempo rispettare tutte le tendenze politiche che si esprimono nella società.

“La discussione sulla legge elettorale, sia in commissione che in aula, poteva essere l’occasione per affrontare i grandi nodi di questa fase della vita della nostra società: la crisi della politica e delle sue forme e la questione morale. Per questo sarebbe necessaria anche una rivisitazione dell’attuale sistema elettorale in base alla valutazione dei suoi effetti”. E’ il ragionamento di Mario Ricci (Rifondazione comunista), che ha continuato: “Premesso che di per sé nessun sistema è in grado di farsi carico in modo pieno delle rappresentanze sociali e di garantire la stabilità di governo, il sistema maggioritario rispetto al proporzionale ha dimostrato tutti i suoi limiti.

In realtà, nonostante i proclami, col maggioritario la frammentazione politica è aumentata e si sono accentuati competitività e individualismo. La politica si è ridotta ad un ruolo di subalternità rispetto al mercato e alle sue priorità”. Quest’analisi, ha detto Ricci, ha spinto Rifondazione comunista a riproporre un sistema di tipo proporzionale. Sulla proposta di legge elettorale in discussione Ricci ha annunciato un voto di astensione, perché la proposta contiene elementi positivi e negativi.

Tra i primi, la tendenza ad una maggiore rappresentatività di tutti i territori e una seppur limitata evoluzione in senso proporzionalistico; tra i secondi, la disparità di seggi che spetterebbero alle piccole liste a seconda del tipo di candidato presidente al quale sarebbero collegate. Piuttosto deciso e diretto l’intervento di Gianluca Parrini (Margherita). Il difetto fondamentale della proposta di legge in discussione, per Parrini, è che è contraddittoria rispetto al sistema politico bipolare che, pur in modo imperfetto, caratterizza la situazione attuale.

Per questo la Margherita ha tentato di elaborare e presentare una proposta alternativa, che garantisca la competizione elettorale nei collegi uninominali. “Non è una fissazione sulla questione delle preferenze la nostra – ha detto Parrini – E’ vero che le riteniamo importanti, ma la nostra intenzione era promuovere una riflessione più generale sull’impianto della legge elettorale”. Per Parrini, il sistema delle primarie non è in grado di surrogare quello delle preferenze, perché il Consiglio regionale al massimo può promuovere la partecipazione dei cittadini alla vita politica, ma non può decidere per legge in che modo i partiti debbano coinvolgere gli elettori.

Oltretutto, ha sottolineato il consigliere, i cittadini effettivamente interessati sarebbero una percentuale irrisoria. Quindi la proposta di legge elettorale per Parrini “è totalmente autoreferenziale e taglia fuori la volontà popolare”, “sembra costruita apposta per garantire la rielezione dei consiglieri regionali in carica” e “dimostra la sordità del Consiglio di fronte agli appelli di istituzioni e società civile per il mantenimento delle preferenze”. L’intervento di Parrini ha suscitato la reazione di Maurizio Bianconi, che ha ricordato che la sottocommissione elettorale era coordinata anche dal consigliere della Margherita Erasmo D’Angelis e “non ha mai preso decisioni se non all’unanimità”.

A questo punto è intervenuto anche D’Angelis per precisare che nella sottocommissione “non c’è mai stato un voto che legittimasse una proposta di legge e delegittimasse l’altra”. Il dibattito è quindi continuato con l’esame e la votazione articolo per articolo.
Il dibattito è entrato nel vivo al momento della discussione dell’articolo 7 relativo alle circoscrizioni elettorali. Erasmo D’Angelis (La Margherita), illustrando gli emendamenti presentati dal proprio gruppo, ha sottolineato che ogni modello elettorale prefigura un’evoluzione del sistema politico in una precisa direzione.

Quello proposto dalla Margherita, a suo parere, è un sistema misto, in grado di bilanciare tre elementi fondamentali: coalizione, visibilità del candidato, rappresentanza dei singoli partiti. Tale sistema prevede l’elezione di 29 consiglieri nei collegi uninominali ed il resto su base proporzionale in circoscrizioni provinciali. E’ prevista, inoltre, una quota di recupero, qualora le minoranze risultassero troppo penalizzate. “E’ un modello che risponde a precise esigenze diffuse tra gli elettori, specie dell’Ulivo – ha commentato D’Angelis – Semplicità e trasparenza nell’espressione del voto; governabilità; una competizione elettorale pulita e chiara tra coalizioni, intorno ad idee e contenuti”.

Il capogruppo dei Democratici di sinistra Paolo Cocchi non ha nascosto “l’enorme interesse” di questo modello, ma ha ricordato che, nel corso del dibattito politico, sono emerse in modo sempre più evidente le difficoltà di applicarlo in Toscana. Si creerebbero, infatti, due sistemi di elezione diversi, uno per i consiglieri di maggioranza ed uno per quelli di minoranza, con un diverso tipo di selezione della classe dirigente. Cocchi ha infine giudicato “non degna dell’aula” l’affermazione di Gianluca Parrini, secondo il quale il sistema proposto dalla commissione Statuto servirebbe soltanto a riconfermare gli eletti attuali.

A questo proposito ha ricordato che “tutti i consiglieri hanno la stessa dignità, sia che siedano sui banchi perché votati direttamente, sia che vi siano giunti perché altri consiglieri si sono dimessi, sulla base di altrettanto degni accordi politici”. Anche secondo Maurizio Bianconi (Alleanza nazionale) il modello proposto dalla Margherita creerebbe due “campi di competizione separati tra maggioranza ed opposizione” e non “due schieramenti in competizione tra loro”, con il rischio che i partiti di una stessa coalizione entrino in competizione tra loro.

Analoghe perplessità sono state espresse da Maurizio Dinelli (Forza Italia), secondo il quale si giunge addirittura all’assurdo che i primi ad avere interesse a non far votare il candidato nei collegi uninominali sono proprio i candidati dello stesso partito nelle liste provinciali.

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