Unioncamere e Associazioni artigiane indicano linee d'azione per sostenere la competitività delle imprese del comparto

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 aprile 2004 17:03
Unioncamere e Associazioni artigiane indicano linee d'azione per sostenere la competitività delle imprese del comparto

Firenze, 27 aprile 2004 - Credito, innovazione e qualità, internazionalizzazione, semplificazione amministrativa. Sono questi alcuni ambiti di intervento che Unioncamere e le Camere di Commercio, attraverso un confronto attento con Confartigianato, Cna, Casartigiani, Claai e con l'apporto di Artigiancassa hanno individuato per sostenere lo sviluppo delle imprese artigiane. Su di esse e sulla fotografia del comparto, contenuta in uno studio apposito di Unioncamere e Istituto G. Tagliacarne, si incentra l'Assise nazionale degli amministratori camerali dell'artigianato, in corso oggi a Firenze, cui partecipano rappresentanti del Governo e delle Regioni.
"In una fase così importante e delicata, quale è quella attuale, nella quale il sistema artigiano vive la duplice tensione del trasferimento di competenze dal centro alle Regioni, imposto dalla riforma costituzionale, e dell'innalzamento del livello di competitività dei mercati, che verrà incrementato dall'imminente ingresso nell'Unione europea di 10 nuovi Paesi, si manifesta la forte necessità di accrescere il coordinamento delle iniziative delle Regioni, dei soggetti pubblici e privati, del mondo associativo e delle Camere di Commercio per sostenere la competitività di questo comparto così importante, non solo sotto il profilo economico ma anche sotto quello sociale".

Così, in apertura dei lavori, il presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli, spiega il significato dell'incontro.
"Attraverso un lavoro comune- ha proseguito Sangalli - le Camere di Commercio e le Associazioni di categoria hanno individuato l'apporto che possono mettere in campo per accrescere il livello di competitività di questo comparto. Alle Regioni, cui la riforma del Titolo V della Costituzione assegna potestà legislativa esclusiva in materia di artigianato, ed alle istituzioni competenti, quindi, le Camere si propongono quali partner privilegiati per sviluppare nuove modalità di intervento, che, superando la logica dell'incentivazione economica, siano dirette a realizzare servizi mirati alle necessità di sviluppo del settore".

La fotografia del comparto nell'indagine Unioncamere-Tagliacarne
A fine 2003 erano 5 milioni in Europa (un quarto del totale), più di un milione e 400 mila in Italia (il 35,3% delle imprese italiane attive al netto dell'agricoltura).

Questi i numeri delle imprese artigiane, contenuti nella ricerca realizzata da Unioncamere e Istituto Tagliacarne. Questo universo composito ed eterogeneo nel 2001 ha dato un apporto alla ricchezza nazionale pari al 12,4% del Prodotto interno lordo, offrendo lavoro a circa 3,2 milioni di persone (ovvero a un quinto dei lavoratori del settore privato). Quanto incide l'artigianato sul sistema imprenditoriale
Secondo le stime contenute nell'indagine, l'Italia vanta il primato in Europa per numerosità di imprese del comparto (1 milione e 432 mila unità attive a fine 2003), equivalenti al 28,7% di tutte le imprese italiane ed al 35,3% delle imprese italiane esclusa l'agricoltura.
A livello territoriale, l'incidenza sul totale delle imprese del Centro-Nord è maggiore di quella del Mezzogiorno.

Marche ed Emilia Romagna sono le regioni con le percentuali maggiori di imprese artigiane sul totale; Campania e Calabria quelle con l'incidenza minore. In valori assoluti, il primato spetta però alla Lombardia, con 260mila imprese. All'estremo opposto si colloca la Valle d'Aosta, con poco più di 4mila imprese attive.
L'apporto dell'artigianato alla ricchezza prodotta in Italia
In termini di valore aggiunto (dati 1999), l'apporto più sensibile è quello del Veneto, dove l'artigianato incide per il 16,1% sulla ricchezza prodotta da tutti i settori economici.

Le percentuali più consistenti si rilevano quindi nelle Marche (15,8%) ed in Emilia Romagna (14,2%), mentre il Lazio (4,5%) è la regione con la più bassa quota di valore aggiunto attribuibile alle imprese artigiane (4,5%).
Artigianato e occupazione
Sensibile l'impatto che il sistema artigiano mostra di avere sull'occupazione nel settore privato. Si tratta di circa 3,2 milioni di persone a fine 2001, di cui circa 1 milione e 700 mila sono lavoratori indipendenti (titolari, liberi professionisti, soci di cooperativa o familiari coadiuvanti), mentre 1 milione e 500 mila sono lavoratori dipendenti.

L'incidenza dell'artigianato sull'occupazione totale non presenta lo stesso dualismo che si verifica rispetto alla numerosità delle imprese. Se si esclude l'agricoltura, alle spalle delle Marche, dove gli occupati nel settore artigiano incidono per il 30% sul totale, si trovano Umbria, Veneto, Toscana ed il Molise, quindi l'Emilia Romagna e la Sardegna.
La "vocazione" artigiana delle province Prato, Reggio Emilia, Pistoia, Pesaro e Urbino Sono le province artigiane per eccellenza. In questi territori, cuore di alcuni dei distretti industriali più famosi, si registrano infatti le quote più elevate di presenza di imprese artigiane sul totale della popolazione.

All'opposto, si collocano, invece, 9 province del Mezzogiorno (Napoli chiude la classifica).
Se si considera, invece, la dimensione media delle imprese, rilevata attraverso il numero di addetti, si nota una certa omogeneità sul territorio nazionale. L'impresa artigiana si conferma generalmente come impresa individuale o familiare, o comunque con un numero limitato di occupati: 2,59 il dato nazionale, con le province del Centro-Nord che presentano una dimensione maggiore (3 addetti e oltre), rispetto a quelle del Sud (meno di 2 addetti).

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