Giovedì 15 gennaio (ore 21.15) la Compagnia Lombardi-Tiezzi in scena al Teatro Boito di Greve in Chianti(FI)

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 gennaio 2004 13:23
Giovedì 15 gennaio (ore 21.15) la Compagnia Lombardi-Tiezzi in scena al Teatro Boito di Greve in Chianti(FI)

Un uomo si trova a vagare in un luogo irriconoscibile, insieme familiare e misterioso. Con diabolica abilità, Baldini suggerisce una realtà di tutti i giorni (strade, slarghi, angoli, svolte…) inquietante e oscura: la sola cosa certa è che si tratta di un luogo sotterraneo e che non si riesce ad uscirne. Il nostro eroe, in sostanza, si è perduto dentro un labirinto. Si tratta di un tipo umano ben preciso: settentrionale o comunque fortemente milanesizzato, e identificato su una di quelle professioni nuove generate dall’ibridazione tra industria e cultura: potrebbe essere un pubblicitario, o un televisivo: ne ha tutto il pragmatismo ma anche tutta la chiusura mentale.

La terra di nessuno in cui Baldini lo getta è popolata da una quantità di persone cui, in un soliloquio trascinante, il protagonista dà voce e corpo. Gli scambi d’informazioni, le domande, i bisticci che intavola con le creature cadute nella sua stessa situazione, mascherano un dialogo con la propria solitudine e con i propri fallimenti, da cui si origina tuttavia una galleria di tipi umani esilarante, dove i minimi atti della vita divengono sconvolgenti decisioni per il futuro in un umoristico feu d’artifice di situazioni paradossali.

Nel suo conciliare disperazione e buffoneria, Baldini rinvia all’autore che più di altri ha saputo giocare sull’aspetto ridicolo della sofferenza umana : Anton Cechov. E’ dunque una naturale continuità quella sentita da Federico Tiezzi, che affianca in questo spettacolo i due autori. Nei Danni del tabacco (scritto nel 1903 subito prima del Giardino dei ciliegi), Anton Cechov delinea uno dei suoi eroi sfortunati. Anche quello di Ivan Ivanovic Njuchin, “marito di sua moglie”, è un labirinto.

Su un piccolo palco di una città di provincia, un “tale” tiene una conferenza sui danni provocati dal tabacco. Ma si perde in un almanaccare tragicomico, in un abisso di parole e pensieri nel quale si intersecano la sua vita personale e i suoi desideri di fuga dal mondo filisteo e piccolo borghese che soffoca in lui ogni energia creativa. La situazione, come sempre in Cechov, da concreta si fa metafisica: a chi dice e con chi parla Ivan Ivanovic? Forse a qualcuno che c’è e che si assenta, forse a qualcuno che non c’è, forse allo specchio, forse a vanvera, forse proprio a un pubblico.

C’è qualcosa del guitto, infatti, in lui: qualcosa che fa pensare a una sorta d’imbonitore in un teatro di ombre e fantasmi, in un varietà del nulla... Con questa doppia scrittura per attori, Federico Tiezzi ha cercato un altro esempio, un’altra soluzione al problema che da anni gli sta a cuore : quello dell’invenzione di una lingua per il teatro che non si limiti alla dimensione letteraria, ma porti con sé la concreta realtà del corpo dell’attore. In coproduzione con Santarcangelo dei Teatri.

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