Alzheimer: un contributo dalla ricerca architettonica

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
20 settembre 2003 18:10
Alzheimer: un contributo dalla ricerca architettonica

Come può l’architettura aiutare un malato di Alzheimer? A questa domanda cerca di rispondere un’interessante tesi di laurea discussa quest’estate da Valentina Santi, studentessa dell’Università di Firenze, che nel suo lavoro ha individuato le modificazioni architettoniche necessarie per una casa in cui abiti un malato di Alzheimer.
Le persone colpite da Alzheimer, il cui numero complessivo in Italia è stimato attorno alle 450.000 unità, nelle prime fasi della malattia sono preferibilmente curate nel proprio domicilio, e quindi assume grande importanza ogni contributo scientifico destinato a migliorare gli standard di sicurezza negli ambienti domestici in modo che il malato possa continuare il più possibile a vivere nella sua casa.
La tesi della Santi, realizzata sotto la supervisione del prof.

Romano Del Nord e con la consulenza del dott. Manlio Matera, presidente della sezione fiorentina dell’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer (AIMA), si compone di una dissertazione classica e di un fascicolo stampato – dal titolo "Visioni sfumate"- dove in maniera più semplice viene sintetizzato il contenuto della ricerca. Dalla considerazione dei deficit del malato (visivi, motori, cognitivi, sociali…) nascono delle indicazioni comportamentali per i familiari e per gli operatori sociali, affiancate da suggerimenti più precisamente strutturali, per poter adeguare l’abitazione alla nuova condizione della persona malata.


Si segnala, così, ad esempio, la necessità di rendere riconoscibile l’abitazione da parte del malato, carente di memoria, attraverso l’uso di disegni, scritte, foto che lo accompagnino a ricordare le funzioni di un ambiente o lo portino a riappropriarsi di un evento o di un ricordo personale: tale funzione può avere anche un "armadio terapeutico", cioè un mobile di rovistio e manipolazione in cui siano contenuti elementi che fanno parte della storia della persona, come effetti personali o immagini.

Analogamente, avendo attenzione ai deficit visivi della persona si procurerà di schermare superfici abbaglianti, privilegiando un’illuminazione diffusa e aiutando con contrasti cromatici la segnalazione di elementi chiave come maniglie e corrimani. Grande importanza riveste per il malato la possibilità di camminare molto: sono quindi da evitare tutti gli elementi di intralcio alla circolazione (soglie, tappeti, zerbini, porte scorrevoli).
Il lavoro della studentessa si inserisce in un filone di studi su cui è da tempo impegnato il Dipartimento di Tecnologie dell’architettura e design dell’Università di Firenze: l’anno scorso è stata realizzata una ricerca per tracciare le linee guida per la progettazione di spazi sanitari rivolti appunto a malati di Alzheimer.
La tesi ha meritato alla Santi la votazione di 110 e lode ed è stata giudicata con dignità di stampa: sono in corso contatti con la Regione Toscana per pubblicare in forma di opuscolo il lavoro della studentessa in diverse migliaia di copie, in modo da poterlo distribuire gratuitamente agli operatori sanitari e alle famiglie che vivono a fianco dei malati di Alzheimer.

In evidenza