«Non si illudano che sia tutto risolto, con i 53
milioni di euro concessi mesi fa per rimediare ai
danni ambientali arrecati dai lavori dell'alta
velocità»: Giuseppe Notaro, presidente della
Comunità Montana del Mugello, sottolinea sulla Nazione dopo l'allarme lanciato ieri dal sindaco di Borgo San Lorenzo Antonio Margheri, sul rischio che siano dimezzati i controlli sulle sorgenti vicine agli scavi.
Secondo la Regione Toscana (Parere n. 41 del 16.1.'01 del Nucleo di Valutazione di Impatto Ambientale e Delibera della Giunta Regionale n.
80 del 29.1.'01) sono 1.700.000 i metri cubi di smarino da estrarre dal sottosuolo di Firenze per far posto al doppio tunnel dell'Alta Velocità ferroviaria fra Castello e Campo di Marte, e alla faraonica stazione sotterranea di Via Circondaria. Ma nei documenti - più probanti? - del Ministero dell'Ambiente (Parere n. 292 del 18.2.'99 sul progetto di penetrazione urbana TAV di Firenze) i volumi da scavare corrispondono in realtà a più del doppio. Ecco cosa si legge testualmente: "i materiali di risulta da portare a discarica ammonteranno ad oltre 3,8 milioni di metri cubi di smarino oltre a 145.000 metri cubi provenienti da demolizioni" (previste - com'è noto - in più punti della città, anche a carico di importanti edifici residenziali).
Idra scrive dunque oggi al presidente della Giunta Regionale Claudio Martini, che le cronache dipingono così ansioso di firmare l'accordo finale per la modernizzazione TAV di Firenze, ponendogli alcune domande cruciali.
Idra ricorda a Claudio Martini che, peraltro, il presidente del Nucleo VIA è stato designato anche rappresentante della Regione Toscana nell'Osservatorio Ambientale sul nodo TAV di Firenze, con compiti istituzionali di vigilanza sull'attuazione dei lavori.
E chiede: il livello di apparente indeterminatezza della destinazione di moli di smarino così ragguardevoli è compatibile con le esigenze di conoscenza legate al delicatissimo ruolo dell'Osservatorio?
L'associazione ecologista fiorentina si domanda infine se e come Claudio Martini potrà giustificare agli occhi dei suoi fans eco-no-global questo che appare configurarsi, dopo il Mugello e Monte Morello, come un ulteriore atto di colonizzazione del territorio e della 'periferia', sui quali il 'centro' scarica le conseguenze delle proprie scelte e delle proprie trasformazioni (ancora una volta, le prime reazioni dei sindaci della 'periferia' insegnano).
Mentre rappresenta forse, sul piano amministrativo, una nuova testimonianza di progettazione ed esecuzione 'per improvvisazioni successive'. Possiamo ancora parlare di un "modello toscano"?