Eti: la vera battaglia del fumo

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
11 febbraio 2003 20:48
Eti: la vera battaglia del fumo

La scorsa settimana il Tesoro, proprietario al 100% dell’Ente Tabacchi Italiano, ha diffuso un messaggio che dimostra che la privatizzazione della società erede del vecchio monopolio tabacchi non sarà una cosa semplice. Dopo aver portato avanti le procedure della gara il comitato per le privatizzazioni del Tesoro ha infatti prefigurato un cambiamento di rotta, e cioè la vendita sul mercato dell’Eti in caso di offerte troppo basse. Un avvertimento alle società contendenti che stanno cercando di abbattere il prezzo di Eti. Il fatto è che la società guidata da Maurizio Basile, importante pedina europea del settore, è in mezzo ad una grossa contesa fra alcuni colossi internazionali del fumo. La società mette infatti in lizza il 25% del mercato italiano che è il secondo in Europa dopo la Germania. Considerati i gusti poco elastici dei fumatori e l’impossibilità di fare campagne pubblicitarie (eccezion fatta per la Formula 1 in molti paesi) conquistare quote di mercato di questo settore diventa una faccenda complicatissima. Peraltro le sigarette continuano a garantire un business redditizio , con un margine lordo del 25% sul fatturato . A contendersi l’acquisto di Eti sono molti soggetti (e/o colossi). La British American Tabacco (Bat) che produce marchi come Rothmans, Hb, Kim; la Japan Tobacco (Camel, More, Winston) e la Altadis (Ducados, Gitanese, Gauloises) frutto della fusione tra la spagnola Tabacalera e la francese Seita. Questo in campo internazionale, ma non mancano i contendenti italiani interessati ad Eti. Imprenditori Associati, guidati da Luca Cordero di Montezemolo e con la partecipazione di Benetton e di Diego Della Valle; Aurelia che fa capo al gruppo Gavio e a cui si sono affiancati i produttori italiani di tabacco, scesi in campo con l’intento di aggregare tutti i pretendenti nazionali per fare fronte unico contro i colossi stranieri. E poi c’è il colosso per eccellenza, la Philip Morris , che dal 27 Gennaio di quest'anno si chiama Altria Group (Malboro, Merit, Muratti) leader in Italia con il 62% delle quote di mercato ma che non può acquistare Eti direttamente per motivi di antitrust. In ogni caso l'Altria dice la sua sulla gara perché per il colosso statunitense Eti produce il 70% delle sigarette ex PM vendute in Italia e le distribuisce tutte. Il contratto che lega le due società è solidissimo, soprattutto per l'ex Philip Morris. C’è infatti una clausola di rescissione a vantaggio degli americani se Eti dovesse finire in mani a loro non gradite. Tale rescissione ridurrebbe però il valore attuale di Eti , che attualmente si aggira intorno ai 1,2 – 1,4 miliardi di euro. La battaglia è in pieno svolgimento: se la PM minaccia di spostare le produzioni, la Bat risponde abbattendo i costi del pacchetto, con ribassi senza precedenti. Gli italiani si stanno invece interessando alla vendita di alcuni immobili Eti (emblematico il caso di Firenze) che sembrerebbero però finire nel panorama delle cartolarizzazioni necessarie allo Stato per fare Cassa. Fatto sta che il Tesoro non può vendere alla Philip Morris, non si fida della politica aggressiva della Bat , alla quale potrebbe contrapporre l’offerta di Altadis (gruppo che adesso punta alla leadership europea) e per gli italiani ha cordate in formazione con strategie ancora coperte. Insieme a tutto questo il Tesoro deve però vendere al prezzo migliore ed ha la necessità di non penalizzare il mercato del fumo che, nonostante la politica dei divieti, rappresenta per l’Erario un introito di quasi 10 miliardi di Euro l’anno tra Iva e accise. Una bella miscela che sta mettendo in difficoltà il Governo, che probabilmente mette le mani avanti affinché si formino i classici cartelli (se la vedano tra di loro i colossi...), senza vera gara ma anche senza esagerato ribasso. (as)

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