"Il nucleo che uccise Massimo D'Antona e' stato organizzato da qualche irriducibile dell'ultima stagione delle Br, sopratutto toscane". Giovanni Pellegrino, che ha guidato la Commissione d'inchiesta sulle stragi che si e' a lungo interessata dell'omicidio dello studioso torna sulla sua idea di un 'retroterra toscano' nel sanguinoso episodio.
Nel volume "Il delitto D'Antona. Indagine sulle nuove Brigate Rosse" di Daniele Biacchessi ( Edizioni Mursia), che sara' presentato domani a Palazzo San Macuto a Roma, il senatore traccia un quadro di questo "retroterra' ricomposto su elementi diversi: "Gente - spiega nel volume - nota per aver ucciso Roberto Ruffilli e Lando Conti, riprende l'attivita' eversiva , la' dove era stata interrotta dalle operazioni di polizia e dagli arresti.
Qualcuno che in semi-liberta' ha preso contatti con personaggi non scalfiti dalle indagini o piu' probabilmente quelli individuati ma non catturati e che oggi sono latitanti".
Il contesto storico in cui Pellegrino colloca i fili toscani delle Br risalgono fino al caso Moro.
Durante i 55 giorni di prigioni di Aldo Moro il comitato toscano delle Br, composto tutto da irregolari, aveva a disposizione un unico covo che si trovava in una zona di Firenze, corrispondente alla descrizione di Moretti nel libro intervista di Carla Mosca e Rossana Rossanda.
Si tratta della casa di un architetto, Gianpaolo Barbi, membro del comitato toscano delle Br.