Insieme per accogliere i profughi della Palestina

Tre vescovi, due sindaci e un imam alla cena al circolo Arci di Caldine, a base di piatti palestinesi e toscani

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 Ottobre 2025 16:52
Insieme per accogliere i profughi della Palestina

Tre vescovi, un imam, due sindaci e tante altre persone ieri sera si sono riunite a tavola a sostegno dei progetti della Fondazione Giovanni Paolo II in Palestina con una cena, curata dalle cuoche del circolo Arci di Caldine (Fiesole), a base di piatti palestinesi e toscani.

La sala si è riempita di emozioni e solidarietà con la toccante testimonianza di padre Ibrahim Faltas, referente per la Fondazione in Terra Santa.Presenti, tra gli altri, i vescovi di Fiesole Stefano Manetti e di Firenze Gherardo Gambelli, il vescovo emerito di Grosseto Rodolfo Cetoloni, l’Imam di Firenze Izzedin Elzir, i sindaci di Fiesole Cristina Scaletti e di Reggello Piero Giunti, il presidente del consiglio comunale Cosimo Guccione e il suo predecessore Luca Milani, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Toscana Giampaolo Marchini.

Tante le domande rivolte a padre Faltas e coordinate dal giornalista Renato Burigana.“Gaza è un cimitero a cielo aperto. Betlemme una prigione per migliaia di persone che hanno perso il lavoro – ha detto il frate francescano -. Non abbiamo potuto celebrare il Giubileo perché di speranza ce n’è poca. Si muore di fame, si muore di malattie che qui in Italia sono facilmente guaribili”.Il numero dei morti è incalcolabile: “Oltre a quelli conosciuti, ce ne sono almeno 10 mila sotto le macerie”.

Dei feriti pure. Dei bambini morti, rimasti orfani, mutilati, il numero è difficile anche da dire.Padre Faltas ha raccontato commosso la storia di alcune famiglie che sono riuscite ad arrivare in Italia grazie ai corridoi sanitari. Persone che avevano tutto e che hanno lì hanno perso anche la speranza nel giorno dopo. La tregua, ha detto, è di facciata. “Si continua a uccidere. Si continua a morire. Il cibo non arriva, le medicine neanche. Si muore di stenti e di violenza. C’è bisogno di aiuti sul luogo, ma anche di nuova accoglienza in Italia e di supporto a chi è già qui” ha ricordato.Anche in Cisgiordania la situazione è drammatica: “I coloni armati compiono violenze continue.

In questo periodo per esempio impediscono a palestinesi di raccogliere le olive: li bastonano oppure tagliano o danno fuoco agli ulivi”.

La Fondazione Giovanni Paolo II, ha sottolineato il presidente Damiano Bettoni, sta cercando di fare qualcosa di concreto in Italia con un progetto di accoglienza dedicato alle famiglie in fuga da Gaza: per ora ne è stata accolta una di sei persone a Sant’Agata in Arfoli a Reggello. Ne saranno ospitate altre in strutture in via di predisposizione. Attualmente la Fondazione tra Fiesole e il Valdarno sta accogliendo e curando l’integrazione e la ripartenza anche di 80 profughi provenienti da zone di guerra.Ai progetti in Italia, si aggiungono quelli di cooperazione internazionale, tra cui anche in Terra Santa con luoghi sicuri destinati a bambini e adulti. “È un lavoro silenzioso e fondamentale di cui purtroppo c’è sempre più bisogno – ha detto Bettoni -. Tutti possiamo e dobbiamo fare qualcosa. E qualcosa sempre di più”.

I fondi raccolti nel corso della serata sono destinati ai progetti della Fondazione Giovanni Paolo II per l’accoglienza dei profughi della Palestina.

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