Comodato d'uso della casa familiare: ma i coniugi si separano

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Roberto
Roberto Visciola
28 novembre 2016 18:08
Comodato d'uso della casa familiare: ma i coniugi si separano

Gent.mo Avvocato Visciola,ho dato in comodato a mio fratello un'abitazione, affinché andasse a starci con sua moglie e suo figlio. Adesso sua moglie lo ha cacciato di casa, cambiando pure la serratura. Cosa posso fare?

Gentile Signore,il suo quesito offre due spunti di riflessione: da un lato, la possibilità di estromettere un coniuge di casa, cambiando la serratura; dall'altro, il comodato per casa familiare.Per quanto attiene al primo profilo, finché non vi sia una separazione con assegnazione della casa familiare, costituisce esercizio arbitrario delle proprie ragioni sostituire la serratura della porta di ingresso della casa familiare, impedendo l'accesso all'altro coniuge. Il comportamento ha rilevanza penale, rientrando nella punibilità di cui all'art.

610 del codice penale, costituendo un'ipotesi di violenza privata perpetrata mediante l'uso di mezzi anomali, diretti ad incidere sulla libera sfera di determinazione altrui (v. Corte di Cassazione, sez. V penale, sentenza n. 25626 del 2016).Inoltre, anche laddove vi sia accordo tra le parti circa l'attribuzione della casa familiare, occorre dar tempo all'altra persona di organizzarsi: chi è spogliato in modo violento del possesso di un immobile, ha diritto ad essere riammesso nell'abitazione in cui risiedeva.L'art.

1168 c.c. dispone infatti che “Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può, entro l'anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l'autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo. L'azione è concessa altresì a chi ha la detenzione della cosa, tranne il caso che l'abbia per ragioni di servizio o di ospitalità”.Per quanto attiene invece all'istituto del comodato, è frequente l'ipotesi di comodato di beni immobili per esigenze familiari.Il codice civile disciplina due forme di comodato: quello propriamente detto, regolato dagli artt.

1803 e 1809 e il comodato c.d. precario, al quale si riferisce l'art. 1810 c.c. sotto la rubrica "comodato senza determinazione di durata".La distinzione è decisiva, dal momento che a seconda di come sorga il comodato, cambiano anche le possibilità per il comodante di ottenere la restituzione del bene.Solamente, infatti, nel caso in cui il comodato sorga senza pattuizione di un termine e senza che tale termine possa desumersi dall'uso cui viene destinata la cosa, il comodante ha la possibilità di richiederne ad nutum il rilascio: in tal caso, infatti, “il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede” (art.

1810 c.c.).Nel caso, invece, in cui il comodato sorga già con fissazione di un termine o nel caso in cui comunque sorga per un uso che consenta di stabilirne la durata (art. 1809 c.c.), il comodante può esigere la restituzione immediata del bene dato in comodato prima della sua scadenza solo in caso di sopravvenienza di “un urgente e impreveduto bisogno”.Orbene, la giurisprudenza tende a ricondurre a questa seconda ipotesi il comodato di immobile che sia stato pattuito per la destinazione di esso a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario.Trattasi, infatti, di contratto sorto per un uso determinato e dunque con una durata determinabile per relationem.Il problema, nel caso di specie, sta quindi nella verifica circa la natura del comodato, dovendosi valutare se realmente esso fu creato per soddisfare stabilmente esigenze di natura familiare.Qualora, infatti, il comodato fosse realmente sorto per esigenze familiari, il comodante potrà chiederne la restituzione immediata solo per un bisogno imprevisto ed urgente.Come chiarito dalle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, con sentenza n.

20448/2014, la portata di questo bisogno non deve necessariamente essere grave, dovendo però trattarsi di un imprevisto, sopravvenuto quindi rispetto al momento della stipula, e urgente.L'urgenza va intesa come imminenza, restando esclusa la rilevanza di esigenze non attuali, non concrete, ma soltanto astrattamente ipotizzabili.Il bisogno, pur non grave, deve comunque essere serio, non voluttuario, né capriccioso o artificiosamente indotto.Pertanto non solo la necessità di uso diretto, ma anche il sopravvenire imprevisto del deterioramento della condizione economica personale del comodante, che obbiettivamente giustifichi la restituzione del bene, anche ai fini della vendita o di una redditizia locazione del bene immobile, consente di porre fine al comodato anche se la destinazione sia quella di casa familiare.Cordialmente,Avv.

Roberto Visciola

L'Avvocato Risponde — rubrica a cura di Roberto Visciola

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Roberto Visciola

Avvocato in Firenze, laureato col massimo dei voti e lode, socio fondatore dell'Unione nazionale avvocati per la mediazione, è autore di libri e pubblicazioni con importanti case editrici e riviste di settore, quali Cedam, Italia Oggi, Giustizia Civile, Gazzetta Notarile, Nuova Giuridica, Nuova Rassegna e Altalex. Svolge attività di consulenza e assistenza giudiziale e stragiudiziale principalmente nei settori del diritto amministrativo e civile, prediligendo i sistemi di ADR, quali mediazione e negoziazione assistita. robertovisciola@gmail.com

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