Centri storici deserti: scomparsi bar, negozi e ristoranti

Forti preoccupazioni per le ripercussioni della guerra in Ucraina

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
01 marzo 2022 21:21
Centri storici deserti: scomparsi bar, negozi e ristoranti

Il dato peggiore, negli anni tra 2012 e 2021, riguarda libri e giocattoli, ferramenta e vestiario. Regge l'urto l'alimentare (-3,4%). Durante la pandemia hanno chiuso in 4.500, secondo di dati di Confcommercio. In controtendenza il turismo che segna una crescita anche in periodo Covid. Sono però dati "inquinati": molte attività sono congelate o chiuse, ma restano sui registri. La spesa per ristorazione e alberghi è infatti a -35%.

È Confcommercio Toscana a fornire i dettagli della situazione regionale, dopo aver preso in esame le informazioni relative alle città di Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa, Pisa, Pistoia, Prato e Siena nel periodo compreso tra fine 2012 e giugno 2021.

In Toscana il calo più forte ha interessato gli esercizi in sede fissa di abbigliamento, mobili, ferramenta, libri, giocattoli, poi i distributori di carburante. A ridimensionarsi è stato anche il numero delle imprese di commercio ambulante.

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Unici con il segno più i negozi di servizi informatici, infotainment domestico e telefonia, le farmacie e le tabaccherie (queste ultime solo nei centri storici), ma anche le aziende di commercio elettronico, con incrementi percentuali a due cifre, che tuttavia non sono bastati a colmare le perdite complessive del comparto distributivo.

“Tecnologia, benessere e salute sono forse le uniche voci di spesa sulle quali, potendo, non si risparmia. Ma i livelli generali di consumo delle famiglie toscane sono tornati indietro di quasi trenta anni, quindi il calo del settore distributivo purtroppo non stupisce – spiega il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni la pandemia non ha fatto altro che aggravare un trend che era già in atto da prima, oltre ad orientare verso nuovi canali di acquisto come il commercio elettronico, che nel periodo delle chiusure obbligate è stato provvidenziale per molti. Ma se prima tra online e tradizionale c’era una netta competizione, ora la tendenza è far convivere le due realtà nella stessa impresa”.

“Il problema è che le nostre città stanno perdendo pezzi importanti della loro fisionomia e vitalità – sottolinea il presidente di Confcommercio Toscana Aldo Cursanomeno negozi sotto casa vuol dire meno servizi per i turisti e i residenti (soprattutto quelli delle fasce più deboli come gli anziani). Ma vuol dire anche minor presidio delle strade, tra fondi vuoti e degrado che avanza. Se il commercio fisico muore, lo diciamo da sempre, muoiono anche le città e quel sistema di relazioni che ha come riferimento i punti vendita della rete distributiva tradizionale”.

Il calo delle botteghe in Toscana, almeno a livello percentuale, interessa in maniera pressoché simile sia i centri storici, che segnano un -12,3% di esercizi, sia le aree di periferia, dove si sale al -12,8%. Perdite moderate si registrano per i negozi che vendono beni essenziali (ad esempio, gli alimentari). In controtendenza con il commercio, il settore dell’accoglienza, che anche in Toscana – come nel resto d’Italia, continua a crescere nonostante la battuta d’arresto legata alla pandemia: strutture ricettive (in particolare quelle extra-alberghiere), bar e ristoranti sono aumentati negli ultimi dieci anni di circa il 17% (tra l’1,5 e il 2% nel periodo pandemico), passando dalle 8.387 unità del 2012 alle 9.806 del giugno 2021, nel complesso delle dieci città capoluogo di provincia.

“Le nostre città stanno cambiando volto, tra nuovi stili di vita, smartworking, mobilità differente. È quindi necessario trovare un modello di governance urbana da applicare nel medio-lungo termine, che rispetti la vocazione e la storia di ogni centro e dia risposte concrete all'economia reale e alla vita quotidiana di cittadini e imprenditori – afferma il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinonia livello locale ci vogliono alleanze strategiche tra Amministrazioni e parti sociali, per definire strategiche condivise. L’obiettivo di tutti deve essere contrastare i fenomeni di desertificazione commerciale e valorizzare il tessuto economico in tutte le sue forme e funzioni, incluse quelle di attrazione culturale e turistica, di sostenibilità di quartiere e di innovazione capillare e diffusa, migliorando al contempo la qualità urbana e la coesione sociale”.

Confcommercio ritiene quindi utile “un reale coinvolgimento del territorio e una maggiore integrazione progettuale tra i temi urbanistici e quelli economici, al fine di usare efficacemente i finanziamenti disponibili, a partire dalle opportunità contenute nel Piano Nazionale di ripresa e resilienza per la rigenerazione urbana ma anche con riferimento alle ulteriori risorse per le città previste dalla nuova Politica di coesione 2021-2027. Nel prossimo settennio, infatti, anche la programmazione europea, in maniera più decisa rispetto alle precedenti, pone il territorio e le città al centro degli obiettivi di policy con il fine promuovere uno sviluppo integrato e realizzare strategie urbane sostenibili”.

“Pandemia, smartworking, mobilità differente, le nostre città stanno cambiando volto rapidamente e la risposta più idonea per scongiurare il pericolo della desertificazione è possibile solo a condizione di una sempre più stretta collaborazione tra amministrazione locale e associazioni imprenditoriali. 146 negozi in meno vuol dire meno lavoro, meno sicurezza, meno servizi, meno attrattività - denuncia il presidente di Confcommercio Provincia di Pisa Stefano Maestri Accesi che rivendica “la necessità di una maggiore integrazione tra scelte urbanistiche e opzioni economiche, al fine di utilizzare efficacemente i finanziamenti del Piano Nazionale di ripresa e resilienza”.

Punta il focus sul centro storico, il direttore di Confcommercio Provincia di Pisa Federico Pieragnoli: “Anche se il numero assoluto di imprese del commercio in centro storico è rimasto invariato, grazie al balzo in avanti dei negozi al dettaglio di articoli di abbigliamento, calzature, cosmetici e profumeria [+33%], unici con il segno più insieme ai servizi informatici e alla telefonia, negli ultimi dieci anni abbiamo assistito alla quasi estinzione di mobili e ferramenta [-50%], l'arretramento di librerie e giocattoli [-14%], botteghe alimentari [-13%], e mancano all'appello due tabaccherie” – dichiara il direttore di Confcommercio Federico Pieragnoli che aggiunge: “Il dinamismo della città è confermato, soprattutto per il settore dei pubblici esercizi e dell'accoglienza, Pisa resta attraente dal punto di vista commerciale, ma è chiaro che la qualità delle nuove aperture non sempre è all'altezza e questo avvicendamento non è sempre sinonimo di qualità.

Parcheggi, viabilità e Ztl, sicurezza, eventi restano i temi fondamentali per sostenere il commercio pisano”.

CNA Turismo e Commercio esprime forti preoccupazioni per le conseguenze che il drammatico attacco russo all’Ucraina -che condanna fermamente - rischia di far piombare su un settore già messo in ginocchio dalla pandemia.Come sottolineato dalla Presidente di CNA Turismo e commercio Toscana Centro, Elisabetta Norfini: “è un momento davvero durissimo per le imprese del comparto, che vedono nuovamente allontanarsi le prospettive di ripartenza post-pandemia su cui contavano per rialzarsi da una crisi che dura da più di due anni. E’ una mazzata doppia, visto che arriva dopo l’unica buona notizia di allentamento delle misure per i turisti esteri provenienti dai Paesi extra-europei, che potranno entrare in Italia alle stesse condizioni dei cittadini comunitari (cioè con certificato di vaccinazione o di guarigione o test negativo, senza necessità di quarantena).

Ora speravamo nelle vacanze pasquali e nell’allentamento delle misure, fortemente voluto da CNA, per dare una boccata di ossigeno a questo comparto, una speranza che ora è ridotta al lumicino per questa insensata crisi internazionale che condanniamo con forza.Già nella fase pandemica la mancanza di adeguati ristori, rimasti praticamente solo sulla carta, ha messo a rischio la sopravvivenza di migliaia di imprese del turismo e del commercio: circa 1.000 imprese solo sul nostro territorio, e ora, senza un cambio di rotta, il rischio concreto è quello di una ondata di chiusure e di licenziamenti, prima di tutto nelle città e nei borghi d’arte, un fenomeno destinato ad allargarsi a macchia d’olio in tutta Italia, che desertificherà ulteriormente i centri cittadini.

CNA si sta battendo a tutti i tavoli di confronto per chiedere ulteriori misure e stimolare nuovi investimenti – conclude Norfini - e al contempo lavora per mettere in campo nuove progettualità e strumenti, anche finanziari, che possano aiutare concretamente le aziende del settore, ma adesso è la politica a dover dare risposte rendendosi conto degli elevatissimi costi, anche sociali, che questa crisi potrebbe avere sull’economia dell’intero Paese e del nostro settore”.

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