Bcc: la riforma delle Banche di Credito Cooperativo va “riformata”?

Ieri sera al Teatro OBIHall di Firenze il convegno dell’Associazione Articolo 2, per chiedere una revisione critica del sistema alla maggioranza parlamentare. E la Lega di Salvini non si tira indietro

Nicola
Nicola Novelli
14 settembre 2018 08:35
Bcc: la riforma delle Banche di Credito Cooperativo va “riformata”?

La legge 49/2016 di riforma delle Banche di Credito Cooperativo, delle Casse Rurali e delle Raiffeisen Casse potrebbe rivelarsi un pericolo per le Bcc? Sì, secondo l’Associazione Articolo 2, che su questo argomento, ieri sera, ha organizzato un convegno molto partecipato al Teatro OBIHall di Firenze. Il Convegno aveva l’obiettivo di dare maggiore informazione sulla riforma almeno a una piccola parte di quel milione e 276 mila soci che in tutta Italia hanno capitalizzato per un miliardo e 400 milioni di euro le Bcc nazionali (€ 250 milioni solo in Toscana). Per farlo Articolo 2 ha invitato a Firenze un gruppo di illustri relatori e di deputati di maggioranza parlamentare, che non si sono sottratti al compito.

“Anche le Bcc avevano subito la crisi del credito: nel 2011/12 si calcola che decine di esse fossero in situazione di dissesto -ha spiegato Francesco Capriglione, Professore ordinario di Diritto dell’economia degli intermediari finanziari Università Guglielmo Marconi di Roma- Banca d'Italia sollecitò il settore ad autoriformarsi e il Governo promosse un percorso di stabilizzazione mediante concentrazioni. Ma giunti al 2016 -presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi- la riforma che poi sarebbe diventata legge concepisce la soluzione dell’aggregazione sotto strutture capogruppo a cui attribuisce potere di vita, o di morte, sulle banche sottoposte, trasformate nel migliore dei casi in dipendenze della capogruppo.

A seguito della Legge 49 si sono costituite due aggregazioni che accumulano ciascuna più di € 30 miliardi di attivo, dimensione che ne trasferirà la vigilanza alla Bce, famosa per i suoi stress-test, che ne tempo potrebbero costringere a ulteriori concentrazioni, o acquisizioni”.

“L’obiettivo della riforma era proprio quello di attrarre ulteriore capitale alle aggregazioni delle Bcc -conferma Andrea Sacco Ginevri, Assistant Professor Università Luiss di Roma- ma si tratterebbe di capitale estraneo alla natura del credito cooperativo. Si deve trovare una alternativa, che potrebbe individuarsi nell’incrocio di capitali tra banche aderenti allo stesso gruppo, in modo da stabilizzare gli istituti più deboli con le risorse di chi sta meglio. Invece la normativa approvata nel luglio 2018 conferma sostanzialmente lo stesso orientamento della legge 49, solo parzialmente attenuato nel Decreto Milleproroghe. La costituzione di gruppi a carattere regionale, ad esempio, potrebbe consentire un’adeguamento della stabilità finanziaria, compendiando il radicamento territoriale. E la vigilanza resterebbe in capo a Banca d’Italia”.

“La crisi del 2007 ha devastato il sistema tedesco -aggiunge Vladimiro Giacchè, Presidente del Centro Europeo Ricerche- salvo quegli istituti interconnessi con sistemi di salvaguardia reciproca. I così detti IPS costituiscono una soluzione più vantaggiosa, perché nel tempo non riducono la distribuzione del capitale mutualistico. Qualcosa di differente rispetto all’idea che i vertici di Bce vorrebbero diffondere nel continente. Le Raiffeisen, invece, continuano ancora oggi a svolgere la parte del leone nell’erogazione del credito alle PMI tedesche”.

“La Legge 49 è destinata a cambiare l’oggetto sociale delle Bcc, ma non consente ai soci dissenziente di recedere e riavere il proprio capitale versato -sembra tirare le fila del convegno Valerio Onida, Professore Emerito di Diritto Costituzionale Università degli Studi di Milano- potrebbe configurarsi come una lesione al diritto di associazione costituzionalmente riconosciuto, anche se una recente sentenza della suprema corte riconosce la possibilità di limitare, o sospendere, il rimborso delle quote individuali per ragioni di stabilità finanziaria.

L’articolo 45 della Costituzione però stabilisce un favore per le attività economiche cooperative a carattere mutualistico, mentre la riforma della Legge 49 (all’art. 41) pare in contrasto con questo principio. Anche l’articolo 118 della Costituzione promuove ogni forma di aggregazione finalizzata all’interesse collettivo e ancora una volta l’art. 45 della Legge 49 pare trovarsi in contrasto, quando afferma il solo principio della stabilità finanziaria”.

Insomma il convegno di Articolo 2 suona quasi come una inversione a U nell’evoluzione delle Bcc toscane. Nel 2016 al tempo delle riforma, le nostre banche di credito cooperativo venivano indicate come le più vicine al progetto renziano e alcune di esse venivano pronosticate in procinto di trasformarsi in SpA, proprio grazie alla legge in approvazione. Pochi mesi dopo si cominciò a parlare della riaggregazione del sistema toscano nei due raggruppamenti nazionali, ma in ordine sparso.

Ancora qualche mese è la federazione toscana ritrovò la sua unità, promuovendo la quasi unanime adesione a Iccrea Banca. Infine, trascorsi appena due anni, eccoci alla contestazione della stessa riforma bancaria per iniziativa dell’Associazione Articolo 2. E chi può dare sponda a queste richieste di cancellazione, o almeno di proroga dell’entrata in vigore se non il nuovo governo, che proprio con le mille proroghe e le decine di abrogazioni ha caratterizzato i propri primi 100 giorni?

Il partito della Lega di Salvini era presente in forze ieri sera al convegno del Teatro OBIHall. Sul palco i senatori Alberto Bagnai, Presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato, Tiziana Nisini, Segretario dell’Ufficio di Presidenza del Senato, e Manuel Vescovi della Commissione Affari Esteri. “Questo tema è caro alla maggioranza, sin dalle interrogazioni che indirizzavamo all’allora governo dai banchi dell’opposizione -ha spiegato il Sen.

Bagnai- di una riforma c’era certamente bisogno, ma non nella forma del decreto legge e non creando questa fragilità: la figura della capogruppo infatti nasce con l’obiettivo di attrarre capitali esterni. Ma se poi non ci riesce? Nel 2011 Banca d’Italia preferiva il modello organizzativo IPS, che infatti verrà implementato nell’ambito delle banche popolari. Perché poi fu abbandonato per le Bcc? Altra sorpresa è l’inversione di opinione della stampa, che su questo argomento ha rovesciato il proprio avviso.

Dunque si manifesti una volontà politica, come con questo convegno, e la maggioranza troverà la forza di portare avanti una riforma legislativa che difenda davvero l’interesse nazionale. Anche perché non è vero che il nostro sistema bancario è parcellizzato”.

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