Un
Paese, l’Albania, che gode di cattiva fama, in particolare in
Italia, per ben noti problemi legati all’immigrazione clandestina e
all’esportazione della malavita nel nostro territorio. Un Paese che
è però anche espressione di un popolo fiero, dall’importante
passato storico, “congelato” nel Novecento da quasi dieci lustri
di rigida dittatura comunista, con Enver Hoxha ostinatamente legato a
Stalin, e che dopo il ’56, in polemica con Kruscev, avvicina
l’Albania alla Cina maoista, accentuandone l’isolamento
dall’Europa.
Eppure,
visitando oggi il Paese delle Aquile, si scopre una realtà vivace,
che si è lasciata alle spalle il caos della transizione democratica
all’indomani della scomparsa di Hoxha, e i gravi disordini del
1997, seguiti al crack finanziario nel quale fu coinvolto anche l’ex
presidente Sali Berisha.
Dopo
compromessi politici non sempre cristallini, e il ripristino di un
minimo di controllo sul territorio da parte delle forze politiche -
anche grazie al sostegno delle missioni umanitarie Pellicano e
Arcobaleno, condotte dall’Esercito Italiano -, si è cominciato a
ricostruire un Paese che brancolava nella corruzione e nel dissesto
sociale.
Nel
dicembre 2014, abbiamo realizzato un reportage attraverso tre città
albanesi, da Tirana a Durazzo, passando per Elbasan, tre realtà
molto diverse fra loro: la capitale, al centro di un vasto programma
edilizio, aperta al commercio e alla finanza internazionali; Durazzo,
città portuale dalle vestigia illiriche e romane, anch’essa in via
di trasformazione, alla ricerca di visibilità turistica; Elbasan,
cittadina di provincia dove ancora è forte il senso della
tradizione, soprattutto nella aree rurali circostanti.
Una
realtà composita, ma che dà la misura di un popolo che sta
acquisendo il senso dello Stato, impegnato quotidianamente a
costruire un futuro di prosperità, in accordo però con il retaggio
culturale dei secoli passati. Nonostante si avverta la vicinanza
dell’Oriente, dovuta alla lunga dominazione ottomana, l’approccio
verso la religione è rigorosamente relegato alla sfera privata,
senza nessun rigurgito di fanatismo. Le moschee sorgono vicine alle
chiese cristiane, dimostrando come la religione sia veicolo di
dialogo e non di divisione. E su questo sfondo di tolleranza, si
scopre un Paese migliore di quanto possa apparire visto dall’altra
sponda dell’Adriatico.