Crisi in Toscana: colpisce l'industria, come l'agricoltura

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 ottobre 2008 19:55
Crisi in Toscana: colpisce l'industria, come l'agricoltura

La crisi generale del settore dell’auto ha provocato la richiesta di cassa integrazione ordinaria da parte della FIAT per la quale, al 70 %, lavora GKN. La crisi del settore auto coinvolge anche altre aziende straniere per le quali lavora la GKN seppure in maniera inferiore. L’azienda di Campi Bisenzio ha deciso di chiedere 13 settimane di cassa, il massimo, per 200 dipendenti su 460. Nei giorni scorsi, presso la sede fiorentina, si è tenuto il primo incontro tra le parti e i sindacati hanno risposto che le settimane sono troppe ed è troppo elevato il numero dei lavoratori coinvolti.

Sono stati richiesti strumenti alternativi, come le ferie per gestire la fase attuale. Questa settimana si terranno altri tavoli tecnici, la trattativa sindacale è in corso ed è serrata con l’azienda per valutare come utilizzare la cassa secondo il massimo dei criteri di solidarietà tra i lavoratori.
La crisi aziendale della Manifattura di Stabbia a Cerreto Guidi colpisce una delle più rappresentative dell’empolese-valdelsa e presente su numerosi mercati internazionali. E’ nata oltre 40 anni fa e conta su un fatturato di 23–24 milioni di euro.

Produce filati derivati dalle materie plastiche e idrocarburi utilizzati soprattutto dall’industria automobilistica per la produzione di tappezzerie. Le più grande case tedesche come Bmw e Audi utilizzano il filo anche per le confezioni. Da qualche anno la concorrenza cinese e indiana sta mettendo in ginocchio il settore. L’azienda scelse, su invito dei sindacati, di avanzare una richiesta per utilizzare la cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale per un anno, dal maggio 2008 al maggio 2009.

L’azienda aveva, inoltre, informato i sindacati di avere iniziato a cercare acquirenti o per alla vendita totale o come apporto di capitali freschi, sembra però che questa ricerca non sia andata a buon fine, per questo motivo la proprietà ha informato le organizzazione sindacali, ai primi di ottobre, di avere deciso di licenziare tutti i 67 addetti al termine del periodo della cassa integrazione. I problemi sono legati non solo alla flessione ma anche al nuovo capannone che è costato tra i 3 e 4 milioni di euro.


A Empoli la Modyva si occupa, come molte altre aziende del settore moda, solo di prototipi, taglio e spedizione merce. Sembra che queste funzioni verranno esternalizzate e rimarrebbe solo il marchio con la trasformazione dell’azienda. La C.G.I.L. di settore si è informata per trovare un acquirente ma la ricerca non ha avuto esito positivo. Le organizzazioni sindacali sottolineano come il prodotto non stia andando male ma vi siano seri problemi di natura finanziaria. Al di là del fatturato è la consistenza del magazzino che desta qualche problema.

Secondo i sindacati il problema riguarderà anche gli addetti attualmente non coinvolti nella mobilità. Attualmente l’unità di crisi non è stata interessata ma ho già sentito che presto saremo coinvolti e affronteremo la situazione insieme al Circondario.
Il prezzo dei cereali è calato in un anno (ottobre 2007/ottobre 2008) del 45% per il frumento duro, del 37% per il tenero e del 41% per il Mais. I costi di produzione per un ettaro di grano duro, nello stesso periodo, sono passati da 560 a 900 euro. Per questo Toscana Cereali – Organizzazione di Prodotto riconosciuta ai sensi del Decreto 102/2005 – chiede misure specifiche a sostegno del comparto cerealicolo: la destinazione del “premio qualità” della Pac solo alle zone svantaggiate ad alta vocazione cerealicola, e la reintroduzione del “Set aside” obbligatorio. «In appena un anno – dichiara il presidente di Toscana Cereali, Adio Assunto Marretti – il frumento duro al listino della Borsa merci di Bologna è passato dai 470 euro/tonnellata ai 260, perdendo il 45%.

Tutto questo è avvenuto parallelamente ad un aumento della produzione italiana, passata da 4,1 milioni di tonnellate del 2007 ai 5,8 milioni del 2008 (+41%), ma anche di quella dell’Unione europea (+25%) e complessivamente di quella mondiale. È evidente che tutto questo ha avuto un effetto ribassista sui prezzi, che ha danneggiato soprattutto i produttori di materia prima. Per questo – conclude Marretti - Toscana Cereali chiede misure come la destinazione del “premio qualità” della Pac solo alle zone a forte vocazione cerealicola e la reintroduzione del “Set aside”; misure che avrebbero un impatto stabilizzante sui prezzi e consentirebbero ai cerealicoltori di difendere meglio il proprio reddito, a fronte dell’aumento dei costi dei fattori produttivi: dal gasolio alle sementi, fino ai fertilizzanti». L’Italia è il principale consumatore mondiale di grano duro, prevalentemente assorbito dall’industria di trasformazione (pasta e altro), che ha una potenzialità di processare 5,1 milioni di tonnellate di grano duro, a fronte di una produzione nazionale che nel 2008 è stata di 5,8 milioni di tonnellate, con un surplus di 700.000. «Se guardiamo al mercato globale – sottolinea Luciano Rossi, direttore di Toscana Cereali – quest’anno la produzione complessiva di cereali ha raggiunto i 680 milioni di tonnellate, a fronte di un consumo di 655, con un surplus produttivo di 25 milioni di tonnellate che, dopo la battuta d’arresto del 2007, ha portato lo stock delle riserve mondiali a 144 milioni.

L’eccesso di offerta ha avuto in Italia un impatto ribassista sui prezzi all’origine di portata maggiore che in altri Paesi; un fenomeno tutto italiano che dipende anche da movimenti speculativi. Toscana Cereali – aggiunge Rossi – è convinta che vada salvaguardata la produzione nazionale ed ha apprezzato la recente reintroduzione dei dazi all’importazione. Chiediamo però che si vada oltre, facendo scelte che valorizzino le zone di produzione collinari e pedemontane del Centro-sud Italia, che hanno basse rese per ettaro ma una forte vocazione qualitativa.

Parallelamente bisogna insistere su contratti interprofessionali e accordo di filiera come il “Sigrad”, al quale Toscana Cereali contribuisce come capofila toscana conferendo 30.000 tonnellate di grano duro, il 70% del quale proveniente dalla Maremma». Rossi dice anche qualcosa sull’aumento del costo della pasta, che tante polemiche ha sollevato. Il prezzo della pasta – spiega – deve essere spalmato sull’intera filiera e non assorbito dalla sola industria di trasformazione. I produttori di frumento devono infatti vedersi riconoscere una parte del valore aggiunto.

Tenuto conto che il consumo annuo procapite di pasta è in Italia di 28 kg, ogni consumatore medio spende 5,60 euro in più all’anno. Tenuto conto – conclude Rossi – che le famiglie italiane spendono in media per gli alimentari il 18% del loro reddito, si tratta decisamente una sciocchezza rispetto all’impatto degli aumenti di generi di prima necessità, a partire da benzina e gasolio».

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