È il 19 luglio del 1992. Quella domenica palermitana è caldissima. In via Mariano D’Amelio, all’altezza del civico 19, è parcheggiata una Fiat 126. È un’autobomba. Sono novanta chilogrammi di esplosivo al plastico, comandati a distanza dalla mafia. Il magistrato Paolo Borsellino e i cinque poliziotti della scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina alle ore 16:58 di 32 anni fa, vengono assassinati da quella detonazione stragista.
Sono passati soli cinquantasette giorni dall’attentato di Capaci, dove i magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e i tre poliziotti di scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro sono stati uccisi dall’esplosione di un intero tratto autostradale imbottito dagli uomini di Cosa Nostra con cinquecento chilogrammi di tritolo.
Oggi, nel giorno del 32° anniversario della strage, per celebrare la memoria di questi servitori dello Stato in nome dei valori della legalità e per rafforzare l’impegno antimafia di tutte le Istituzioni, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il capo della Polizia Vittorio Pisani sono a Palermo.Accompagnati dal prefetto di Palermo Massimo Mariani e dal questore Vito Calvino, questa mattina, all’interno della caserma Pietro Lungaro, il ministro Piantedosi con la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Chiara Colosimo e il prefetto Pisani, alla presenza dei familiari delle vittime della Strage di via D’Amelio, hanno deposto una corona di alloro sulla lapide del Reparto scorte della questura di Palermo.
A Firenze è stata apposta una corona d’alloro sulla lapide che ricorda Paolo Borsellino nel cortile di Palazzo Vecchio.
“Un gesto tanto doveroso quanto necessario per onorare come merita il sacrificio di Paolo Borsellino e della sua scorta - ha detto l’assessora alla Cultura della memoria e della legalità Benedetta Albanese -. Un sacrificio a difesa delle istituzioni democratiche e del valore della legalità, che oggi siamo qui a ricordare perché diventi fonte di anticorpi per le nuove generazioni”.
“La giornata di oggi ci riporta al 19 luglio 1992, giorno in cui morirono per mano della mafia il giudice Paolo Borsellino e la quasi totalità della sua scorta. Il periodo stragista ha investito anche la nostra Firenze, con la strage di via dei Georgofili, consumatasi nel maggio del 1993. Quei momenti, insieme all’uccisione dei Giudici Falcone e Borsellino e degli uomini e delle donne che li proteggevano, hanno rappresentato un bivio per l’ordine costituito del nostro Paese: cedere alla pressione mafiosa o combatterla duramente senza sconti.
Il Paese, grazie all’esempio di queste persone che hanno difeso e onorato lo Stato fino alla fine, ha scelto la strada della legalità e della fiducia nelle istituzioni della Repubblica. L’esempio di Falcone e Borsellino ci deve sempre spingere a combattere per l’affermazione della legalità. La mafia, che ha mutato e sta mutando le sue connotazioni rispetto al passato, rappresenta anche un modo di pensare. I nostri singoli comportamenti quotidiani costituiscono l’antidoto migliore per impedirle di penetrare nella nostra società.
Solo con i nostri atteggiamenti, rispettosi della legge, possiamo onorare la memoria di tutti coloro che hanno combattuto il fenomeno mafioso e far sì che i loro sforzi non siano stati inutili” Così Eike Schmidt, Paolo Bambagioni e Massimo Sabatini, consiglieri della Lista Civica Eike Schmidt.
"In questo 19 luglio, che 32 anni fa fu il giorno in cui la mafia strappò la vita al giudice Paolo Borsellino e alle donne e agli uomini della sua scorta che, fino all'ultimo momento, gli erano al fianco, facciamo ancor più nostro il grido d'allarme della Fondazione Caponnetto sulla piaga che i clan nigeriani e cinesi rappresentano nel tessuto sociale ed economico delle città di Firenze e Prato. E proprio il neo procuratore di Prato, Luca Tescaroli, pochi giorni fa ha ben spiegato quanto la criminalità cinese non solo sia un fenomeno la cui ampiezza non si è ancora del tutto compresa, ma anche quale ne sia il livello di pericolosità, da combattere con scelte appropriate.
Si tratta di forme di criminalità organizzata ormai endemiche, radicate, di fronte alle quali è più che mai fondamentale, insieme, non abbassare la guardia. Non permetteremo mai alle mafie di sostituirsi allo Stato. Lo dobbiamo al giudice Borsellino, a tutte le vittime della criminalità organizzata e alle donne e agli uomini che, ogni giorno, a tutti i livelli di impegno e di lavoro, vivono per sconfiggere per sempre questo male che debilita il nostro paese". Lo scrive, in una nota, il deputato di Fratelli d'Italia Chiara La Porta.