Grano: 60 mila ettari in più in Toscana

Fedagripesca Confcooperative: “Il decreto è un primo passo”. Confagricoltura: “Il settore è in difficoltà”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 giugno 2022 23:45
Grano: 60 mila ettari in più in Toscana

Via libera alla deroga che consente in Toscana la semina di quasi 60 mila ettari per sopperire alla mancanza di approvvigionamento di colture cerealicole a causa del conflitto in Ucraina. I terreni a maggese che potranno essere coltivati sono distribuiti su tutto il territorio regionale e principalmente in provincia di Grosseto 16 mila ettari, Siena 15 mila ettari, Firenze 8 mila ettari, Pisa 7 mila ettari, Livorno 2,7 mila ettari, 1,2 mila ettari Lucca.

A dirlo è Coldiretti Toscana in merito alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale del decreto firmato dal Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Stefano Patuanelli che rende operative le deroghe ai regolamenti comunitari sulla PAC per ottenere il pagamento di inverdimento (greening). Sono oltre 200 mila gli ettari a livello nazionale potranno quindi essere riammessi nella filiera produttiva ed essere coltivati, contribuendo così ad aumentare il potenziale di produzione agricola destinata all'alimentazione umana e del bestiame e contrastare il forte aumento dei prezzi delle materie prime e degli impatti su domanda e offerta dei prodotti agricoli, innescati dall'invasione russa dell'Ucraina.

“Lo sblocco di 60 mila ettari di terreni nella nostra regione, che potenzialmente potrebbero garantire 1,5 milioni di quintali di cereali in più, è un primo importante passo verso la riduzione della nostra dipendenza dall’estero dei cereali. – spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana – La deroga temporanea alla Pac, da noi richiesta e sostenuta, dovrà essere estesa anche alla prossima annata agricola per sviluppare appieno il suo potenziale consentendo alle imprese agricole di programmare tutte quelle colture cerealicole autunno invernali come il grano duro.

La deroga è infatti arrivata nel solo nel mese di aprile quando la semine del grano era già stata effettuata. In Toscana, e così come in tutto il paese, c’è disponibilità di terreni che possono consentirci di aumentare la produzione interna e ridurre il gap così come ci sono aziende pronte a tornare a seminare cereali attraverso la stipula di contratti di filiera che garantiscano una giusta remunerazione agli agricoltori e una fornitura certa a pastifici e trasformatori. Solo così possiamo difenderci dalle speculazioni e puntare alla sovranità alimentare nell’arco di due-tre anni”.

Approfondimenti

A dimostrare che gli accordi di filiera invocati da Coldiretti tra agricoltura ed industria sono la direzione corretta che il paese deve percorrere per ritrovare sovranità alimentare, garantire cibo di qualità e sicuro e ridare una vera centralità all’agricoltura riconoscendo agli agricoltori un prezzo minimo garantito che si trova al di sopra dei costi di produzione, è l’accordo siglato nel 2019 tra Filiera Agricola Italiana ed il Pastificio Fabianelli di Castiglione Fiorentino. L’accordo si prefigge di realizzare una filiera toscana della pasta a km zero attraverso la produzione di grano duro della Valdichiana aretina. In appena tre anni le superfici a grano duro nei comuni della Valdichiana coltivate con la finalità di garantire il rifornimento al pastificio nell’ambito dell’accordo sono aumentate del 39% passando da poco meno di 4 mila ettari a circa 5.500 ettari.

Un dato, quello della Valdichiana grazie alla spinta dell’accordo di filiera, in netta controtendenza rispetto quadro regionale che ha visto praticamente dimezzare le superfici in dieci anni. Oggi in Toscana si producono circa 1,7 milioni di quintali di grano duro e poco meno di 1 milione di grano tenero. Lo stesso è accaduto per il mais: in Toscana le superfici destinate sono poco più di 11 mila ettari contro i 63 mila del 1982. Altre motivazioni molto forti all’abbandono sono legate alla presenza degli ungulati che nel corso degli anni è cresciuta a dismisura rappresentando una vera e propria calamità diffusa e al consumo di suolo che si è divorato negli ultimi quattordici anni 180 mila quintali di prodotti agricoli che avrebbero potuto essere coltivati e raccolti nelle campagne toscane per una perdita stimata di 3,6 milioni di euro.

Per l’Unione Europea nel suo insieme – conclude Coldiretti Toscana – il livello di autosufficienza delle produzione comunitaria varia dall’ 82% per il grano duro destinato alla pasta al 93% per i mais destinato all’alimentazione animale fino al 142% per quello tenero destinato alla panificazione secondo l’analisi della Coldiretti sull’ ultimo outlook della Commissione Europea che evidenzia l’importanza di investire sull’agricoltura per ridurre la dipendenza dall’estero e non sottostare ai ricatti alimentari.

“E' un primo passo. Siamo abbastanza soddisfatti, poi naturalmente attendiamo le prossime mosse”. E' il commento del presidente di Fedagripesca Confcooperative Toscana Fabrizio Tistarelli, a proposito del decreto firmato dal Ministro delle Politiche Alimentari e Forestali Stefano Patuanelli.

“Vorrei che fosse un punto di partenza - ha aggiunto Tistarelli -. Il settore ha bisogno di aiuti e questo è sotto gli occhi di tutti: si esce da questo momento con unità, determinazione. Apprezzo che il Governo abbia messo in campo strumenti in grado di poterci sostenere, nei prossimi mesi questo impegno dovrà andare avanti con costanza, in modo da poter sostenere le nostre aziende” Apprezzamento anche per le iniziative in corso per sbloccare il grano stoccato nei porti ucraini: “Pensiamo che sia una misura necessaria”, conclude Tistarelli.

“Il decreto ministeriale che consente la semina di 60 mila ettari in Toscana per sopperire alla mancanza di grano è un primissimo passo, ma non basta. La fame di grano va affrontata in modo strutturale” Così il presidente di Confagricoltura Toscana Marco Neri commenta il decreto firmato dal ministro delle Politiche Alimentari e Forestali Stefano Patuanelli. "Spesso fanno parte di questi ettari zone che gli agricoltori non coltivano perché poco fertili o limitate in aree residuali dei propri appezzamenti.

Il quadro del settore - dice Neri - è chiaro. Gli agricoltori hanno preso batoste in serie: siamo partiti dal problema della siccità, per poi arrivare al prezzo alto delle materie prime, all'aumento esponenziale del costo del carburante. Poi è scoppiata la guerra in Ucraina. Apprezziamo da un lato l'iniziativa del governo per cercare di venire incontro agli agricoltori, ma servono mosse più strategiche e interventi che risolvano la stessa sostenibilità dell'impresa agricola.”.

Per sbloccare il grano - circa 22 milioni di tonnellate - stoccato nei porti ucraini, aggiunge Neri, “è necessaria un'azione diplomatica che consenta di velocizzare il processo, accelerando appunto lo sblocco del grano fermo nei porti. Tutte le alternative, dalle ferrovie alle rotte stradali, richiedono tempi più lunghi: non possiamo permettercelo”.

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