In Toscana la pelletteria è una tradizione artigianale, oggi il mondo della moda riconosce alla regione del centro Italia un ruolo di rilievo nel panorama internazionale per quanto riguarda la lavorazione della pelle e la produzione di calzature, borse ed accessori.Il distretto delle concerie al vegetale di alta qualità che oggi si trova tra Santa Croce sull’Arno e Ponte a Egola era un tempo rintracciabile anche a Firenze.. proprio in quella Santa Croce che lungo le rive dell'Arno offriva alle industrie grandi quantità di acqua corrente.
L'uomo primitivo si accorge che per proteggersi dal freddo poteva utilizzare la pelle degli animali che cacciava per nutrirsi. La pelle però in breve tempo si degrada a causa della putrefazione. Le pelli esposte al fumo dei fuochi duravano di più. Se poi veniva a contatto con l'acqua, rami e foglie, la coloravano e durava ancora di più tempo. Curioso il fatto che l'artigianato che più regge l'urto dei mercati contemporanei si avvale di procedimenti di lavorazione rimasti invariati nei secoli, come l'uso della calce impiegata per depilare le pelli.I Romani sfruttano la pelle per armature ed armamenti, gli Arabi preferiscono decorarla con ori e pietre.
Solo il Rinascimento unisce la sapienza orientale alla praticità locale. Firenze. La toponomastica porta alcuni esempi. Entriamo in via delle Conce e via dei Conciatori, già via di Mezzo, ma anche Corso dei Tintori e via dei Saponai nel rione di Santa Croce abitato un tempo da ceti umili di operai come gli antichi conciatori di pelletteria, ovvero stanzoni situati in angolo con via dei Conciatori. La concia prevedeva l'impiego dell'urina, da qui la collocazione presso le mura.
Si dovrà poi attendere la seconda metà dell'800 per provvedere al risanamento di concerie e tintorie cittadine con la ristrutturazione degli impianti fognari. La frase "Pecunia non olet" attribuita a Svetonio che ne riconosce la paternità a Vespasiano si lega al settore conciario. Il figlio di Vespasiano infatti, rimproverava la tassa sull'urina raccolta nelle latrine gestite dai privati, i "vespasiani", questo perché dall'urina si ricavava l'ammoniaca necessaria alla concia delle pelli.
La leggenda vede il figlio di Vespasiano lanciare alcune monete nei bagni, ed il padre raccoglierle senza farsi problemi proprio perché il denaro non ha odore.Verso via San Giuseppe c'erano i Bucciai che trattavano le pelli più fini, verso via Ghibellina invece i Pelacani, addetti ad altro tipo di pelli. Come ricorda l'Enciclopedia Treccani "Il termine pelacani è usato per definire una persona volgare e di bassa condizione, o avida, spilorcia".Le conce erano distribuite ai quattro cantoni dell'incrocio ciascuno stabile per una diversa fase di lavorazione.
Secondo Bargellini e Guarnieri il distretto fiorentino ruotava sotto lo stemma mediceo di una delle cantonate. Negli anni '70 del '900 da queste parti c'era un deposito della nettezza urbana. Il Comune di Firenze ha venduto il bene all'asta nel 2010.Oggi a tramandare l'arte conciaria ci pensa la Scuola del Cuoio che nasce dopo la Seconda Guerra Mondiale grazie ai Frati Francescani del Monastero di Santa Croce e le famiglie Gori e Casini, artigiani pellettieri fiorentini dal 1930. L'idea era dare modo agli orfani di guerra di imparare un mestiere pratico per vivere.
Negli anni '50 la Scuola del Cuoio, vista la crescente domanda di prodotti artigianali apre le porte ai clienti. I primi contratti arrivano con il Battaglione di stanza nel Mediterraneo, la US Air Force, la 5° Armata e le ambasciate americane in Europa, da qui la popolarità del cuoio fiorentino negli Stati Uniti.Fu Giorgio La Pira a creare due borse di studio annuali per i ragazzi provenienti da paesi del Terzo Mondo ed in accordo con il Ministero della Giustizia, la Scuola del Cuoio offre corsi per i detenuti del carcere delle Murate.Il 4 novembre 1966 Santa Croce viene inondata di fango e dei fanghi e l'attività si ferma per un anno.
Una volta riaperto i battenti i locali hanno conosciuto un prestigio sottolineato dalle numerose visite illustri e dai clienti di alto spessore sociale sparsi in tutto il mondo.