Approvato lo schema di intesa Regione-Anci per politiche montagna

La Toscana prova a dire no all’abbandono delle aree interne, al fianco delle comunità

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 Luglio 2025 20:15
Approvato lo schema di intesa Regione-Anci per politiche montagna

Dopo il rinnovo della collaborazione tra Regione e Anci Toscana a sostegno dei territori delle Aree interne, la giunta regionale ha approvato nell’ultima seduta lo schema di protocollo d’intesa Regione-Anci sulle politiche per la montagna e le aree interne per il triennio 2025-2027.

Obiettivo dell’accordo, che avrà durata di 3 anni: definire priorità, linee d'azione ed attività volte a facilitare e sviluppare interventi per lo sviluppo delle politiche per la montagna toscana, della Strategia regionale per le aree interne 2021-2027 e per il sostegno alla valorizzazione della Toscana Diffusa con la conseguente inversione del fenomeno dello spopolamento in questi territori.

“Il lavoro fatto con Anci ha dato ad oggi buoni frutti - commentano il presidente Eugenio Giani e la vicepresidente e assessora alle aree interne Stefania Saccardi – Con questo accordo vogliamo far sì che le strategie territoriali elaborate finora possano trovare ulteriore sviluppo e realizzazione. Riteniamo infatti che siano necessarie azioni coordinate per fare in modo che chi vive e lavora nelle aree interne abbia tutte le condizioni per restare, o tornare: solo valorizzando i patrimoni territoriali locali possiamo garantirne crescita e sviluppo e insieme contrastare il pericolo dello spopolamento.

Per questo, contemporaneamente, è strategico sviluppare attività di collaborazione tra Regione Toscana ed ANCI Toscana nell’ambito della Strategia Regionale Aree Interne, volte in particolar modo a rafforzare la concertazione politico-istituzionale tra gli enti che partecipano alle strategie territoriali integrate della programmazione 2021-2027 ”.

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“Per noi questo accordo è fondamentale, perché il tema delle aree interne e della montagna è al centro del nostro impegno e della nostra attività - sottolinea la presidente di Anci Toscana Susanna Cenni - Il lavoro di questi anni è stato complesso e prezioso, perché siamo riusciti ad avviare una inversione di tendenza con risultati concreti, ma è indispensabile andare avanti. I Comuni e i territori delle aree interne sono un patrimonio insostituibile, fondamentale anche per il miglioramento della vita nelle aree urbane. Il nostro obiettivo, insieme alla Regione, è far sì che i servizi e la qualità del vivere continuino ad essere priorità strategiche. Con l’intesa di oggi continueremo su questa strada”.

In particolare, l’accordo vuole rafforzare la collaborazione per colmare la distanza accumulatasi fra centro e periferia e supportare la valorizzazione delle potenzialità di questi territori, sviluppando i fattori locali. Vuole affrontare in modo organico e innovativo il tema dei servizi ecosistemici quale strumento in grado di dare valore ai servizi ed ai beni naturali che la montagna preserva; dare impulso a settori economici, come il turismo, l’artigianato, il cibo; dare forza all’agricoltura di montagna come per esempio al settore castanicolo e alla forestazione.

Riguardo alle infrastrutture e ai collegamenti, ci si impegna a mantenere le linee di trasporto presenti, preservando anche quelle da capoluogo a frazioni e case sparse; si vuole ridisegnare le politiche ed il ruolo della scuola nei comuni, in modo che la scuola possa affermarsi come polo culturale locale.

In sanità, l’obiettivo è dare un'identità più forte ai piccoli presidi ospedalieri e sostenere e implementare forme innovative di governance territoriale specifiche per territori a bassa densità abitativa, produttiva, associativa, che siano in grado di mettere a sistema una collaborazione pubblico, imprese, cooperazione, terzo settore e privati.

Firmando il protocollo le parti si impegnano congiuntamente ad implementare proposte, attività di concertazione nelle forme in essere, informazione, analisi, formazione, comunicazione, animazione e sviluppo di progettualità specifiche, a scala regionale o localizzate, l’accessibilità, la fruibilità e l’efficienza della pubblica amministrazione, supportare la realizzazione di processi aggregativi intercomunali, favorire la stipula di accordi nei quali definire obiettivi condivisi specifici, azioni ed interventi utili e relative risorse dedicate alla riuscita delle attività.

“Pensare che si possa pianificare o accompagnare la decadenza delle aree interne, piuttosto che costruire condizioni di sviluppo, significa abbandonare un pezzo fondamentale dell’Italia. La nuova strategia nazionale per le aree interne va purtroppo esattamente in questa direzione: una sorta di fatalismo istituzionalizzato” dice Andrea Marrucci, presidente di Ali Toscana e sindaco di San Gimignano, commentando il nuovo Piano strategico nazionale delle aree interne, tra i cui obiettivi c’è l’“accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile” per alcune zone che, si legge ancora nel documento, “hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino”.

“Leggere nero su bianco che lo Stato rinuncia all’obiettivo di invertire la tendenza allo spopolamento e si limita ad accompagnare i territori più fragili verso un inevitabile declino è semplicemente inaccettabile –afferma Marrucci– Non si tratta solo di parole sbagliate, ma di una visione miope che colpisce al cuore le comunità che vivono nei borghi, nelle aree montane, nei paesi dell’entroterra”.

Le aree interne non sono condannate – prosegue Marrucci –. Sono territori che hanno bisogno di infrastrutture, servizi sanitari, scuole, connessioni digitali, opportunità per i giovani. Abbandonarle al proprio destino significa aggravare le disuguaglianze e indebolire l’intero Paese”.

Ali nazionale, grazie al lavoro del tavolo coordinato da Massimiliano Presciutti, ha avanzato al Governo una proposta alternativa e concreta - dice il presidente regionale di Autonomie locali italiane -. Stiamo parlando di un fondo pluriennale, una legge quadro che metta ordine e dia certezze, un sistema di governance in cui gli enti locali possano finalmente contare davvero. Senza connettività, senza infrastrutture, senza servizi adeguati, parlare di rilancio resta un esercizio retorico. Dobbiamo uscire dalla logica dei progetti spot e dei finanziamenti a pioggia e costruire politiche serie, integrate e di lungo respiro”.

Per Ali Toscana, l’unica strada possibile è quella del rilancio, non della rassegnazione. “Serve il coraggio di credere nei territori, di investirci, di ascoltare le persone che li abitano – conclude Marrucci –. Dobbiamo smettere di parlare delle aree interne solo in termini di fragilità e cominciare a considerarle per quello che sono: una parte essenziale dell’identità, della storia e del futuro dell’Italia”.

«Le aree interne di Siena e della Toscana dimostrano che si può resistere all’abbandono, che si può evitare il declino dei piccoli centri che il Governo, stando a recenti documenti ufficiali, dà per scontato» afferma Marcello Bonechi, uno che di piccoli Comuni se ne intende: ha fatto il sindaco per tre mandati (e in precedenza assessore e consigliere) a Castellina in Chianti, dove è segretario del Pd comunale, ed è vicepresidente dell’Associazione nazionale delle Città dell’olio, che conta su più di cinquecento associati, quasi tutti piccoli Comuni.

A preoccupare è l’obiettivo numero 4 del Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2021-2027, dal titolo «Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile», e dal contenuto ancora più esplicito: «Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le accompagni in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento». In altre parole, il Governo prevede l’eutanasia di aree che, pure, rappresentano quasi 4.000 Comuni, oltre 13 milioni di cittadini (23% della popolazione), distribuite su quasi il 60% del territorio nazionale.

«Non si possono nemmeno immaginare le conseguenze di queste scelte – osserva Marcello Bonechi – per la difesa del suolo e dei paesaggi, per la biodiversità e per l’agricoltura», unendosi alle preoccupazioni già espresse dal presidente dell’Associazione nazionale delle Città dell’Olio, Michele Sonnessa. Eppure, secondo Bonechi, «la legge regionale sulla Toscana diffusa, altre norme regionali come quella sulle cooperative di comunità, sul sostegno alla riapertura di negozi di vicinato e attività artigiane, dimostrano che non solo si può resistere, ma che si può dare un nuovo impulso alle comunità locali.

Piccole realtà che custodiscono patrimoni culturali, giacimenti gastronomici, stili di vita, e che non offrono patrimoni culturali, servizi inferiori ai grandi centri, anzi, Ci sono cittadine come Pitigliano, 3500 abitanti, con un ospedale, un comando compagnia dei Carabinieri, una Diocesi. Oppure pensiamo a Monticchiello, dove una cooperativa di comunità dà lavoro a tanti giovani, fornisce servizi e ha rilanciato, intorno al suo Teatro povero, un piccolo paese altrimenti destinato a scomparire.

A Chiusi – continua Bonechi - hanno riaperto una decina di negozi grazie a un altro progetto regionale Pop up. Gli esempi possono continuare, potremo riferirci alla Sanità di prossimità, ma occorre cambiare paradigma a livello nazione e una percezione diffusa: questi non sono luoghi minori o depressi, ma territori dove la qualità della vita è elevata e dove è bello vivere, lontano dagli aspetti negativi delle metropoli, a patto di dotarli di tecnologie, servizi, e di renderli vivaci, creativi».

Evidentemente servirebbe una nuova consapevolezza, un’apertura mentale su tanti aspetti. «Pensiamo ai migranti – conclude Bonechi - che in alcuni casi hanno salvato piccoli paesi, oppure alla rioccupazione di villaggi abbandonati. Sono opportunità da favorire, non da ignorare o addirittura bloccare, magari solo per motivi ideologici. Servono scelte coraggiose, ponderate. Certo è più semplice, come fa il Governo, fare una battaglia sulla difesa identitaria della nazione, cercando di salvare la faccia rispetto a una politica di abbandono nei confronti di un pezzo della nostra cultura, di comunità che – loro sì - custodiscono memoria e valori italiani.

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