Concordia: quella notte eccezionale

Intervista al primo cineoperatore del naufragio

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 settembre 2014 22:46
Concordia: quella notte eccezionale

Di Angela Cipriano

ISOLA DEL GIGLIO. Ha in mano un documento eccezionale. Decine e decine di minuti di “girato” che nessuno ha mai visto. Immagini che riportano a quel venerdì 13 del gennaio 2012, quando la Costa Concordia urtò lo scoglio e si adagiò, come una balena spiaggiata, sullo scoglio della Gabbianara.

Paolo Brigato è stato il primo cineoperatore ad arrivare sul luogo del naufragio, quella notte. Una piccola parte delle sue immagini esclusive, nell’arco di poche ore farà il giro del mondo. Ma la maggior parte è ancora inedita

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Quarantotto anni, freelance con la passione del mare, Paolo inizia da giovanissimo la sua carriera partita dalla Maremma, sua terra di origine. Attualmente ha un’agenzia a Firenze e lavora per le più grandi emittenti italiane e internazionali.

Paolo come nasce la passione per il tuo lavoro?

Durante il primo anno delle superiori, per mettere da parte un po’ di soldi, cominciai a fare l’installatore di antifurti elettronici. Per caso un giorno entrai in uno studio televisivo, vidi come funzionava e decisi di abbandonare il mio lavoro. Mi licenziai e chiesi di fare un periodo di prova in un’emittente locale di Grosseto, Telemaremma, dove iniziò la mia carriera. Ero appena maggiorenne e da allora sono passati trent’anni.

Tu sei un professionista molto esperto. Hai portato l’occhio della tua telecamera in giro per il mondo, coprendo anche zone molto critiche dello scacchiere geopolitico.

È così. Nel 1999 sono stato in Bosnia, Montenegro e Albania per documentare la guerra civile scoppiata all’indomani della fine dei bombardamenti. Sono andato come operatore umanitario, perché i giornalisti non potevano passare e sono rimasto un mese, girando tutto di nascosto. Ho raccontato il dramma dei profughi e l’emarginazione dei diversamente abili, che venivano chiusi in container e abbandonati a se stessi . Subito dopo l’attentato di Nassiriya sono partito per l’Iraq. Anche in questa esperienza ho privilegiato, con i miei reportage, l’aspetto umanitario.

La notte del naufragio della Costa Concordia, tu sei il primo cineoperatore ad arrivare sul luogo del naufragio e le tue immagini esclusive saranno diffuse da tutti i media. Ma come vieni a sapere dell’incidente?

Mentre ero a cena mi telefona un amico e mi dice che al largo del Giglio c’era una nave da crociera della Costa in avaria. Erano le 22.20. Il fatto che mi chiamassero a quell’ora mi ha subito fatto capire che dovevo lasciare tutto e andare di corsa sul posto. Chiamalo intuito giornalistico, ma avevo capito che era qualcosa di grosso.

È stato facile raggiungere l’isola del Giglio?

No, riesco ad arrivarci solo verso le due di notte. Nel frattempo, dalle 23.10, comincio a girare le immagini a Porto Santo Stefano, dove man mano arrivavano i primi feriti, per fortuna non gravi e, purtroppo i primi morti. Queste immagini le ho solo io, non c’era nessun altro.

Perché non sei andato prima al Giglio ?

Perché non mi hanno portato. Avevo provato anche con barche di privati, con gommoni ma quella sera c’era un discreto maestrale e in ogni caso la zona era interdetta per via dei soccorsi.

A Porto Santo Stefano sei riuscito a raccogliere testimonianze “a caldo” dei sopravvissuti?

Sinceramente no, non ho voluto. Ritengo che la morbosità in certi momenti non abbia veramente senso. Nei limiti del possibile e compatibilmente con quello che la mia professione mi impone, cerco di avere sempre un po’ di tatto, di rispetto. Sono dell’idea che si possa fare questo lavoro anche con un pizzico di delicatezza. Questo non mi ha impedito di avere materiale unico.

Come sei arrivato sul luogo del naufragio?

Grazie ad un motoscafo della Guardia di Finanza. Durante la notte i canali ufficiali dell’informazione cominciarono a mettersi in moto e fui contattato dalla Rai. Al Giglio giocavo in casa e sapevo bene come muovermi avendo molti contatti. Il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Grosseto, Fernando Greco, si impegnò a farmi portare dai suoi uomini nei pressi della Concordia, appena le operazioni di soccorso si fossero stabilizzate. Verso le due vennero a prendermi i finanzieri e mi imbarcai.

A che distanza dalla nave sei riuscito a filmare e qual è stato lo scenario che hai avuto davanti?

Con la motovedetta arriviamo più o meno a cento metri dalla Concordia che si presenta già completamente ribaltata su un fianco. All’inizio manteniamo una distanza di sicurezza perché le operazioni di soccorso degli ultimi passeggeri erano ancora in atto. I Vigili del Fuoco controllavano che a bordo non ci fossero altre persone intrappolate. Sono queste le prime cose che riesco a documentare dal mare prima di andare sulla terraferma , a Giglio Porto.

Paolo, tu sei stato testimone oculare di un evento eccezionale, storico. Che sensazione provavi in quei momenti?

Ti premetto che io di cose, facendo questo lavoro, ne ho viste e filmate tante ma le prime immagini della Concordia mi hanno veramente impressionato. Sembrava un gigante buono abbattuto, era una cosa mostruosa. Quando sono arrivato vicino alla prua, per un minuto ho lasciato la telecamera e ho osservato quello che avevo davanti solo con i miei occhi. Era incredibile vedere quella nave così bella, così grande, completamente inerte.

Quando sei sbarcato sull’isola hai parlato con i naufraghi?

Sì, ho raggiunto subito il centro medico dove sono riuscito a girare qualche immagine, senza però entrare. Così come volutamente non ho filmato le persone nelle case. Molti primi piani li ho fatti alla gente che era fuori, per strada. È lì che ho raccolto diverse testimonianze.

Quali erano le reazioni, a livello emotivo, dei sopravvissuti?

Secondo me molti ancora non si erano resi conto di quanto accaduto. Li vedevi traumatizzati, scioccati, confusi. Non ho però assistito a scene di panico, anche perché la maggior parte dei passeggeri non ha avuto grossi problemi fisici. Credo che abbiano cominciato a prendere coscienza di quanto avevano vissuto dal giorno dopo, con le luci e con le immagini viste in televisione.

Tra i tanti volti, sarai proprio tu a filmare e a mostrare al mondo intero, quello della moldava Domnica Cemortan, a lungo protagonista delle cronache sul naufragio. Come mai ti soffermi su di lei?

Perché questo lavoro insegna che quando una persona in un posto all’aperto, comincia a dirti da lontano : “No picture”, devi assolutamente riprenderla! Solo tre giorni dopo il naufragio, scoprii l’identità di questa donna. La riconobbi da alcune foto che la Rai aveva mostrato. A quel punto vennero diffuse le mie immagini.

Nei tuoi documenti di quella notte figura anche il comandante Schettino?

No, magari mi sarà anche passato accanto ma non potevo riconoscerlo, anche perché non indossava la divisa ma abiti civili. Inoltre non avendo mai visto suo volto non potevo neanche mettermi a cercarlo. Sapevo solo il suo nome ma era troppo poco.

Quando riesci a riprenderlo ?

Le prime immagini che ho del comandante risalgono al giorno seguente, quando lui si trovava a Orbetello perché in stato di fermo presso la caserma dei Carabinieri. Poi da lì l’ho filmato negli altri spostamenti fino al carcere di Grosseto. A quel punto però non ero più l’unico cameraman presente e le mie immagini sono andate in onda come quelle di tanti altri colleghi.

Rimaniamo invece sul tuo lavoro di quella notte. Fino a che ora sei l’unico cineoperatore presente sull’isola?

Fino alle 5 di mattina, quando vedo arrivare a Porto Santo Stefano il collega di Mediaset. Alle 5.30, quando ritorno a Grosseto, riverso le prime immagini che vanno in onda su Rai1 durante il telegiornale delle 8.

Le televisioni acquisiscono tutto quello che hai girato?

No, non tutto e di quanto preso hanno mandato in onda solo una piccola parte.

Quindi stai dicendo che sei in possesso di immagini esclusive che nessuno ha mai visto?

Certo. Alcune parti di quello che ho girato sono rimaste inedite per un discorso molto semplice. Il giorno seguente le immagini della notte erano già vecchie. Nella comunicazione tutto corre molto velocemente e si va sempre a caccia del nuovo.

Hai mai pensato di diffonderle?

Ho ceduto a titolo gratuito le mie immagini ad un’agenzia professionale che vorrebbe proporle al regista che girerà un film sulla storia del naufragio. Sono sicuramente riprese interessanti, il cui audio originale contribuisce a rendere ancora più percepibile il pathos che si è vissuto quella notte.

Dovendo scegliere un’ immagine, qual è quella che ti è rimasta più impressa di quella notte?

Senza dubbio la nave capovolta.

I naufraghi? Le vittime?

Purtroppo quando fai un lavoro come il mio impari a vivere certe situazioni in modo più distaccato, altrimenti non saresti in grado di farlo. Dopo tanti anni di cronaca nera non mi fanno impressione immagini di dolore o di morte. All’inizio non è facile ma piano piano ce la fai.

Per quanto tempo hai seguito il caso Concordia?

L’ho seguito i primi giorni successivi al naufragio, lavorando per la Rai e Sky che poi, complice la crisi, hanno deciso di non avvalersi più di collaboratori esterni e di mandare i propri.

Ora speriamo di vedere le tue bellissime riprese nelle sale cinematografiche.

Speriamo.

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